La carica dei sovranisti sul Decreto Liquidità che dà soldi alle banche e non alle imprese

di Antonio Murzio

Pubblicato il 2020-04-09

La nuova cantilena sovranista se la prende con il Decreto Liquidità perché non regala soldi alle imprese. E allora: se presta Berna è ok, se presta Berlino è ok, se presta l’Italia mamma mia è una truffa, Conte ladro! Ma c’è per caso qualcuno in Europa che ha annunciato soldi regalati alle imprese? No. Però il problema è l’Italia. Perché?

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Chi critica le misure del decreto liquidità del governo, che ha messo a disposizione 400 miliardi di aiuti alle imprese, lo fa sostenendo che si tratti solo di un “regalo alle banche” e che lo Stato avrebbe dovuto distribuire quei soldi direttamente alla aziende, senza pretendere in cambio nulla.

«Il governo ingrassa le banche con i prestiti alle imprese»

In prima fila ci sono coloro che fino a ieri hanno sostenuto sempre politiche neoliberiste e che quello Stato vogliono da sempre fuori dalla gestione dell’economia. Su Repubblica di ieri è comparsa una inserzione a mezza pagina a firma di privati (tra loro il giornalista Oscar Giannino) che lancia un appello per evitare “che la pandemia sanitaria si traduca in pandemia statalista. Per i firmatari, con il decreto liquidità varato dal governo, “in sostanza, si sta predisponendo un gigantesco meccanismo di deresponsabilizzazione e si sta creando una “logica da “reddito di cittadinanza” estesa a ogni settore, categoria e classe sociale”. Meglio sarebbe “rinunciare a ogni imposta diretta” e che “le risorse che sono nella disponibilità dello Stato” pervenissero “direttamente agli interessati”.

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Ma non potevano certo mancare loro,  i sovranisti. La stessa cosa si legge da Nicola Porro:

Il governo si propone di garantire le banche dalle insolvenze debitorie, anziché sostenere le attività produttive con trasferimenti diretti sui conti correnti aziendali. La liquidità non è somministrata a fondo perduto nelle vene produttive del Paese, bensì nella formula del prestito con il vincolo della restituzione.

 

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In altre parole, il popolo – o meglio, i suoi autoeletti difensori – vorrebbe che lo Stato erogasse quei 400 miliardi di euro di aiuti versandoli direttamente sui conti correnti delle imprese, e si indignano perché chi riceverà gli aiuti dalle banche, dovrà restituirli. Dimenticando quella che è la mission delle banche: fare da intermediari tra chi ha una disponibilità di denaro sotto forma di risparmi e chi domanda credito. 

Se l’Italia presta soldi non va bene, se li prestano la Germania o la Svizzera sì

In primo luogo allora va segnalata una cosa. A metà marzo la pagina della Lega Nord era in prima linea nella polemica con il governo Conte perché metteva a confronto le risorse stanziate per combattere la crisi dagli altri paesi, tra cui la Germania, e l’Italia. All’epoca però facemmo notare l’ovvio: sulla Germania, nello specifico, il Financial Times ha spiegato che si tratta del credito che la KfW, la banca statale per il sostegno alle imprese, potrà mettere a disposizione del sistema. Questo è lo “scudo protettivo” nei confronti delle imprese che secondo il ministro dell’Economia, Peter Altmaier, potrà essere messo in campo in un tempo indefinito in caso di bisogno. Non si tratta quindi dello stanziamento del governo, come nel caso dei 25 miliardi del Decreto Cura Italia.

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Ecco quindi che in quel caso si trattava di prestiti, ovvero della stessa cosa che sta mettendo in campo il governo italiano: prestiti alle imprese. Perché quando lo fa la Germania sono dei santi e quando lo fa l’Italia è tutto un favore alle banche? In più, qualche tempo fa si magnificava la Svizzera che dava 500mila franchi “con un click”, secondo Salvini. Cos’erano anche quelli? Prestiti. Quello svizzero è “Un credito garantito al 100% dalla Confederazione fino a 500000 franchi (10% della cifra d’affari annuale) a tasso di interesse dello 0% annuo per il primo anno”, “ovvero un modulo, dedicato agli imprenditori, per richiedere un credito (non soldi regalati quindi) fino a un massimo di 500mila franchi (sulla base del fatturato annuale dell’azienda che ne faccia richiesta) a interessi zero per il primo anno, soldi che non necessitano di garanzie in quanto garantiti dallo stesso Stato”. E allora anche la Svizzera va nel club: se presta Berna è ok, se presta Berlino è ok, se presta l’Italia mamma mia è una truffa, Conte ladro! In effetti, c’è per caso qualcuno in Europa che ha annunciato soldi regalati alle imprese? No. Però il problema è l’Italia. Perché?

Perché lo Stato non versa direttamente i soldi alle imprese?

Se lo Stato avesse deciso di versare direttamente la cifra monstre di 400 miliardi di euro, l’effetto immediato sarebbe sul debito pubblico, che ha già superato i 2400 miliardi. Inoltre, le richieste di aiuto devono essere necessariamente “filtrate”, un compito che la macchina statale non è in grado di assolvere. Lo Stato, comunque, si fa garante: se il debito non dovesse essere onorato, farà fronte all’eventuale inadempienza del debitore. La liquidità di emergenza può essere richiesta da tutte le aziende (dalla ditta individuale alla società per azioni) e da tutti i titolari di partita Iva. Data la stasi provocata dall’epidemia di Coronavirus, l’innesto di liquidità dovrebbe innanzitutto servire per il pagamento di fornitori, che a loro volta potranno  pagare i propri. 

 

La liquidità è erogata dalle banche ma a fare da garante è lo Stato. Nessuna banca potrebbe sobbarcarsi, infatti, un rischio così alto, correndo il pericolo di non reggere all’onda d’urto di una serie di crediti che potrebbero divenire inesigibili se la crisi dovesse prolungarsi. A erogare gli aiuti saranno a Sace e il Fondi di garanzia per le Pmi (Piccole e medie imprese), uno strumento operativo dal 2000 con la sua di favorire l’accesso alle fonti finanziarie delle piccole e medie imprese mediante la concessione di una garanzia pubblica (che si affianca e spesso si sostituisce alle garanzie reali  portate dalle imprese). Grazie al Fondo, l’impresa ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo, che non offre comunque contributi in denaro.

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Il quadro delle garanzie per sei tipologie di impresa (Il Sole 24 Ore, 8 aprile 2020)

 

Il resto lo ha spiegato oggi il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri in un’intervista al Sole 24 Ore:

Quanti sono i finanziamenti effettivamente attivabili quest’anno? Tutti i 400 miliardi?
Tutti i 400 miliardi sono già attivabili da quest’anno. La potenza di fuoco impressionante che con questo provvedimento mettiamo al servizio delle imprese può essere dispiegata immediatamente. Il decreto consente a Sace di garantire fino al 90% direttamente sul bilancio dello Stato 200 miliardi di finanziamenti, da erogare tutti nel 2020. Inoltre la Sace potrà garantire nuovi crediti alle esportazioni fino a 200 miliardi, da subito disponibili. A questo si aggiunge il potenziamento del Fondo centrale di garanzia per le Pmi e gli autonomi, che potrà garantire fino al 100% più di 100 miliardi di finanziamenti, la moratoria sui crediti, che può liberare ulteriori 220 miliardi di liquidità.

Una garanzia inferiore al 100% non rischia di complicare l’erogazione del prestito da parte delle banche? I vincoli non rischiano di escludere le imprese più in difficoltà?
La garanzia del 100% è prevista per i prestiti fino a 25mila euro, e, con l’integrazione dei Confidi, per quelli per le Pmi fino a 800mila euro. Per le altre aziende una quota di rischio residuale in capo alle banche è opportuna per conservare un presidio nei processi di erogazione del credito. Da questo punto di vista trovo ogni polemica fuori luogo: siamo in presenza di una sequenza di misure che non ha precedenti nella storia italiana e che sono tra le più ambiziose a livello europeo.

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