L’ideona di Solinas per il patentino di immunità da Coronavirus in Sardegna (è una fregnaccia)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-05-19

Il governatore salviniano annuncia buoni sconto per le vacanze nell’isola a chi arriva con un test per il Coronavirus negativo. Perché non è una buona idea

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Come abbiamo spiegato, i patentini di immunità non esistono e non esistono test sierologici o tamponi in grado di assegnarli a chicchesia. E infatti il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas si appresta a conferirli in un modo tutto suo che ha spiegato stamattina ad Agorà.

L’ideona di Solinas per il patentino di immunità da Coronavirus in Sardegna (è una fregnaccia)

Sostiene Solinas che nella seconda metà di giugno in Sardegna arriveranno 30mila persone a giugno e che avranno due milioni e mezzo di turisti nella stagione: “Sotto questo profilo il primo scenario è quello che molte nazioni hanno liberalizzato e stanno liberalizzando per cui il turista arriverà già con il tampone eseguito. Per tutti questi, con la ricevuta di ciò che ha speso e stiamo parlando di 27-30 euro, lo restituiremo in termini di servizi turistici nell’hotel, nel resort che queste persone sceglieranno”. Ma se io faccio il tampone, il tampone lo posso fare all’aeroporto, obietta giustamente Serena Bortone. “No, prima”, ribatte Solinas.

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E già qui siamo nell’ambito dello psichedelico. Perché, come è facilmente intuibile, una persona può effettuare un test del tampone per il Coronavirus con risultato negativo e, successivamente (magari, ironia della sorte, proprio sul traghetto che lo porta in Sardegna), può venire contagiato da SARS-COV-2 ed essere malato di COVID-19. E quindi ecco che il primo patentino di immunità che garantisce Solinas già finisce nel bagno chimico della spiaggia più in dell’isola.

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Dove è possibile fare i test sierologici in Lombardia (Corriere della Sera, 19 maggio 2020)

In più, i prezzi annunciati da Solinas paiono essere fantasiosi visti quali sono quelli della Lombardia, ma questo è il minimo. E i test sierologici allora? Come abbiamo già spiegato,  forse a chi governa regioni e amministra ministeri non è chiaro che non si potrà fare un test con una goccia di sangue in cinque minuti, ricevere il proprio tesserino di sano come un pesce e finirla lì: «Il nuovo coronavirus prima di stimolare la risposta immunitaria ci mette qualche giorno. Nel caso di SARS-CoV-2 la prima risposta sulle IgM si ha dopo almeno 7-9 giorni. Questo significa che se mi infetto e faccio il test prima di quel tempo, il test è negativo. Se, invece, ho solo le IgM sono sicuramente ancora infettivo. Quindi la procedura minima dovrebbe essere quella di fare il test e poi ripeterlo dopo dieci giorni. Non solo: uno studio pubblicato su Nature ci dice che tutti gli infetti hanno una risposta immunitaria, quindi adesso sappiamo che tutti producono le IgG, che si formano dopo quindici giorni. Ma un test positivo non mi dice se il soggetto si è infettato 15 giorni fa o 60 giorni fa. Quindi dopo le IgG dovrei fare i tamponi di controllo. La risposta immunologica non ha niente a che vedere con la contagiosità. Mi meraviglio che nessuno di chi propone un “salvacondotto” immunologico abbia valutato questo aspetto», ci ha spieato Giuseppe Cardillo, chimico e con dottorato di ricerca in scienze biotecnologiche conseguito all’università Federico II di Napoli.

I pericoli dei falsi patentini di immunità dal Coronavirus

E non finisce qui: «Con questo stramaledetto virus, l’85% degli infetti è asintomatico, non sa nemmeno di avercelo. A complicare le cose, uno studio di Lancet ci avvisa che circa un quarto dei pazienti sviluppa le IgG prima delle IgM, probabilmente perché il sistema immunitario si “ricorda” di uno dei 4 coronavirus che normalmente ci provocano le sindromi para-influenzali. Poi c’è il problema della localizzazione: nella prima fase della malattia il virus si trova nel cavo orofaringeo, successivamente trasloca nei polmoni. Posso essere malato ed avere tampone negativo. Diversi malati in terapia intensiva sono rimasti negativi anche per 3 tamponi consecutivi perché il virus era annidato profondamente nei bronchi. Come faccio ad avere un golden standard? Una idea proposta è quella di utilizzare il tampone rettale, visto che la gente espelle il virus anche nei 40 giorni successivi alla guarigione».

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C’è poi una questione scientifica da non sottovalutare: «Solo il Padreterno non mente mai: i test di laboratorio hanno falsi negativi e falsi positivi. Può dipendere dal fatto che il test è stato costruito male, da un errore in fase pre-analitica, dalle caratteristiche della malattia, da caratteristiche intrinseche del paziente. La possibilità di errore c’è e va considerata». E quindi, rispetto a come è stata finora raccontata, la questione della patente di immunità è leggermente più complessa: «Si può dare una patente di immunità a patto che, se io trovo uno con le IgG, deve avere almeno tre tamponi negativi. Quello che ha le IgM positive è infettivo, ma quello che ha solo le IgG? Il paziente sieronegativo? Non ha mai visto il virus o lo sta ancora incubando? Ripeto il test tra 1 settimana e quante volte lo devo ripetere? Se decido di farne solo 2 e il paziente si è infettato 2 giorni prima della seconda ripetizione? Se io pretendo di dare una patente con un semplice test sierologico sto facendo una fesseria. Lo scopo dei test è solo quello di identificare la grande marea di soggetti asintomatici o pauci-sintomatici». In ultimo, come ha raccontato oggi La Stampa, ci sono i problemi dei falsi negativi al test del tampone a causa dei controlli eseguiti prima che il Coronavirus sia rilevabile, come denunciato ieri dal Presidente del Sis 118, Mario Balzanelli e dal virologo dell’Università di Milano, Fabrizio Pregliasco. E che i falsi negativi siano più di quanto si immagini lo rivela uno studio della prestigiosa Johns Hopkins School of Public Healt, che tra i tamponi eseguiti al quinto giorno dall’infezione ha scoperto ben il 38% di falsi negativi, percentuale che scende al 20% all’ottavo giorno, che è quello consigliato dagli autori dello studio per eseguire il test. Tutto il contrario di quello che raccomanda uno degli indicatori del monitoraggio epidemiologico a cura di Iss e Ministero della salute,che invece punta a un’esecuzione entro tre giorni. In bocca al lupo al governatore Solinas.

EDIT ORE 11,20: La Fasi, la federazione dei circoli degli emigrati sardi in Italia, chiede al presidente della Regione Christian Solinas chiarimenti sul ‘passaporto sanitario’ che potrebbe essere necessario per arrivare in Sardegna, come misura preventiva per contenere la circolazione del coronavirus. “Secondo i prezzi praticati in diverse regioni italiane, il costo di un passaporto sanitario per una famiglia di 4 persone si aggira attorno ai 500 euro (analisi sierologica 40 euro, tampone 80 euro), che rappresentano un pesante aggravio del costo del viaggio”, fa presente la presidente della Fasi, Serafina Mascia. “Abbiamo quindi la necessita’ di sapere: sono rimborsabili e in che modo? Sono a carico della Regione? Ci sono piani precisi per accedere a fondi nazionali ed europei? Secondo quali procedure?”. La Fasi invita la Regione a chiedere al governo l’estensione dei voucher vacanze anche per il viaggio, per le spese per la certificazione Covid-19. “Noi emigrati auspichiamo la riapertura degli accessi alla nostra isola, nelle necessarie condizioni di sicurezza previste dai protocolli per il Covid-19”, ricorda Mascia al presidente Solinas e alla vicepresidente Alessandra Zedda, che ha la delega dell’Emigrazione. “Registriamo anche ogni giorno il desiderio di tanti amici non sardi di avere notizie certe sulla possibilita’ di andare in vacanza in Sardegna nella imminente stagione estiva”. “Abbiamo l’esigenza di maggiori chiarimenti su alcuni passaggi indispensabili: in primo luogo la comunicazione esplicita, univoca, della volonta’ di riaprire e le condizioni – che devono essere pero’ fattibili – cui bisognera’ sottoporsi”, precisa la presidente della Fasi. “Non solo per evitare ogni ipotesi di quarantena, ma per valutare possibilita’, costi economici e convenienza della certificazione, del passaporto sanitario, della disponibilita’ dei tamponi, dei test sierologici”. “Senza la definizione di questi punti-chiave”, avverte Mascia, “temiamo che sarebbe molto difficile e complesso il rientro degli emigrati e l’arrivo dei turisti, che potremmo perdere per sempre. Inoltre, riteniamo che sia necessaria una misura, da varare in tempi brevi, che preveda il permesso di ritorno per gli emigrati, per la manutenzione delle loro case nei paesi di origine e al mare”. Gli emigrati, inoltre, attendono indicazioni – da governo e Regione – “sulle tappe di riapertura degli aeroporti di Olbia ed Alghero e precisazioni su quali protocolli di sicurezza verranno adottati, per accelerare la programmazione della riapertura dei porti con i protocolli necessari, unitamente alle compagnie di trasporto marittimo”. C’e’ poi la preoccupazione per i possibili aumenti delle tariffe aeree e marittime, a fronte dei limiti previsti per il numero dei passeggeri e per l’aumento del costo del carburante ecologico per le navi.

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