Come Salvini prende in giro gli italiani con i “porti chiusi” solo per le Ong

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-06-27

Dietro lo stallo sulla Sea Watch 3 c’è sempre la strategia leghista di chiudere i porti per prendere voti. Perché nonostante i diktat salviniani (e l’appoggio di Toninelli) i migranti continuano a sbarcare, solo che non sono le Ong a portarli in Italia. E allora perché il ministro dell’Interno ce l’ha solo con loro?

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«L’immigrazione non può essere gestita da navi fuorilegge» oppure «un Paese civile non appalta la sicurezza dell’Italia a questi fuorilegge». Così Matteo Salvini commenta la decisione della comandante Carola Rackete di fare rotta su Lampedusa con la Sea Watch 3. Danilo Toninelli, braccio armato al servizio del leghismo dei porti chiusi ribadisce che «per chi viola la legge i porti sono chiusi e rimarranno sempre chiusi» spiegando che la Ong «non ha rispettato il coordinamento dell’operazione», ovvero l’ordine dei libici che avevano indicato come porto sicuro quello di Tripoli.

Perché Salvini gioca a battaglia navale contro le Ong

Luigi Di Maio (quello delle Ong “taxi del mare”) prova a prendere le distanze a modo suo, accusando la Sea Watch non tanto di un atto di pirateria ma di aver organizzato una grande operazione pubblicitaria per raccogliere fondi e trovare una «serie di finanziatori alla Soros pronti ad incrementare i loro bonifici». Che c’entra? Per il Capo Politico del M5S sono gli stessi che «trucidano milioni di europei con le operazioni di finanza speculativa o con le loro banche che strozzano le imprese». Ah, se solo Di Maio, Toninelli e Salvini fossero al governo. Potrebbero fermare gli sbarchi e soprattutto risolvere i problemi dei milioni di poveri e disoccupati.

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La prima però è un’operazione impossibile. Chiudere i porti è un po’ come chiudere il mare. Per un po’ il governo ci ha creduto, ora ci credono solo gli italiani che votano Salvini. Il che indubbiamente è un vantaggio per la macchina della propaganda. Ma la realtà è leggermente diversa. Perché i “porti chiusi” lo sono solo per le Ong. Da inizio giugno secondo i dati del Viminale sono sbarcati in Italia 985 persone. Eppure unicamente i 42 a bordo della Sea Watch 3 rappresentano un problema per la sicurezza dello Stato, un atto ostile, un’invasione.

Gli “sbarchi fantasma” che mettono in crisi la retorica sovranista

La verità è che nemmeno gli altri 985 sono “invasori”. Qual è allora la differenza? Molti di loro sono arrivati in Italia a bordo di navi della Marina Militare, alcuni prelevati addirittura poche miglia dalle acque territoriali libiche da asset della nostra Marina. Operazioni del tutto simili a quelle condotte dalle Ong, che hanno soccorso persone che hanno storie simili a quelle che sono a bordo della Sea Watch 3 e che come loro sono partite dalla Libia.

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Servono i numeri per mettere le cose nella giusta prospettiva. Da inizio anno sono sbarcati sulle nostre coste 2.511 persone (l’84% in meno rispetto allo stesso periodo del 2018). La strategia dei porti chiusi sta funzionando? Non sembra, visto che 1.159 persone sono arrivate direttamente sulle spiagge italiane senza che Ong, guardia costiera libica o italiana o navi militari le potessero intercettare prima. Di queste duemila persone appena 185 sono arrivate a bordo delle imbarcazioni delle, poche, Ong rimaste ad operare nel Mediterraneo Centrale. In

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base a questi numeri è giustificata la guerra di Salvini, Toninelli e Di Maio alle organizzazioni umanitarie? No. Così come non lo era nemmeno prima, quando la gran parte dei migranti veniva soccorsa non già dalle Ong ma dalle navi della Marina, dalla Guardia Costiera o dagli asset delle operazioni congiunte dell’Unione Europea. Da anni Salvini (e anche i governi italiani prima di questo) ci vogliono far credere che il problema siano le Ong, ma non è così. La politica di criminalizzazione delle organizzazioni umanitarie, basata non su fatti oggettivi e penalmente rilevanti ma su illazioni mai provate che non hanno ancora trovato un riscontro giudiziario, ha semplicemente allontanato dei testimoni scomodi dall’area delle operazioni. L’intera narrazione dei flussi migratori è basata su alcune colossali bugie: l’esistenza di accordi tra Ong e scafisti (mai provata); l’esistenza di un piano per la sostituzione etnica; il concetto di “pull factor” generato dalla presenza delle Ong nell’area e da ultimo l’idea che la Libia, un paese in guerra, sia un luogo sicuro dove poter deportare i migranti una volta soccorsi in mare. Ci sono poi alcune favole ad uso e consumo dei sovranisti, come quella dell’invasione dell’Italia da parte di “tutta l’Africa”. Di Maio se ne lava le mani, scrive che «il Movimento 5 Stelle non ha né il Ministero degli Affari Esteri, né quello dell’Interno, né quello dell’Unione europea [il cui interim però è nelle mani di Conte NdR]». Salvini le mani invece se le frega, programma già nuove strategie per far collassare il sistema di accoglienza europeo, magari con un bel muro al confine sloveno. Proprio come fanno i colleghi e “amici” del Gruppo di Visegrad, ovvero quelli che per primi ci hanno voltato le spalle.

Leggi sull’argomento: Perché la Sea Watch 3 di Carola Rackete non è andata in Olanda?

 

 

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