Come Salvini è finito nei guai per la Diciotti (e come potrebbe cavarsela)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-08-27

Nessun ordine scritto ma telefonate e passaparola per la Diciotti e i suoi naufraghi. Chi sono i giudici che decideranno su di lui. E il nodo dell’autorizzazione a procedere della giunta presieduta da Gasparri

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Una telefonata di Piantedosi con l’ordine “Non si sbarca”. Il capo di gabinetto del ministero dell’Interno aveva ricevuto l’ordine direttamente da Matteo Salvini. Che così è finito nell’indagine per sequestro di persona, abuso d’ufficio e arresto illegale senza aver mai firmato una carta di nessun tipo.

Come Salvini è finito nei guai per la Diciotti

Il vice capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Bruno Corda  – mentre Gerarda Pantalone era in ferie – ha raccontato la telefonata di Piantedosi si è giustificato dicendo di essersi limitato ad eseguire le disposizioni di un superiore. Una testimonianza che adesso è acclusa nella ricostruzione offerta dai pm al tribunale dei ministri. Che dovranno decidere anche sull’abuso d’ufficio, reato identico a quello per cui Di Maio, quando era in carica Alfano, aveva chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno e che deriva dal mancato rispetto degli articoli 10 ter e 40 del Testo unico sull’immigrazione. Il primo prevede che dopo le operazioni di prima assistenza debba essere «assicurata» al migrante «l’informazione sulla procedura di protezione internazionale», nel caso in cui arrivi da un paese in guerra. Il secondo articolo prevede il trasferimento nei centri di accoglienza. Entrambi gli adempimenti sono stati svolti con dieci giorni di ritardo. E poi, racconta Salvo Palazzolo su Repubblica, ci sono le foto:

Un altro pezzo dell’atto d’accusa contenuto nel fascicolo blu con i nomi di Salvini e Piantedosi in copertina è in una quarantina di fotografie allegate al «verbale di ispezione» stilato da Patronaggio durante il sopralluogo a sorpresa sulla Diciotti. Era mercoledì pomeriggio. Si vedono ragazzini che dormono per terra, donne sofferenti.

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Le indagini sul caso Diciotti (Il Giornale, 27 agosto 2018)

La descrizione della nave degli ostaggi fatta dal magistrato è un’elencazione asciutta, nessun aggettivo, nessun giudizio. Parlano i fatti. Due bagni chimici, coperte termiche sparse per terra, due aree per docce portatili suddivise in zone uomini e donne. Due pagine che delineano quella che Patronaggio definirà scendendo dalla nave una «situazione critica». Una situazione determinata da quell’ordine telefonico del ministro che ha bloccato 150 persone in un luogo non attrezzato per una lunga permanenza.

Matteo Salvini al Tribunale dei Ministri

Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio ha trasferito gli atti alla procura distrettuale di Palermo, che entro 15 giorni trasmetterà il fascicolo al tribunale dei ministri. Che è composto da tre magistrati del tribunale scelti per sorteggio: si chiamano Fabio Pilato, Giuseppe Sidoti e Filippo Serio (un gip, un giudice della Fallimentare e un giudice del Riesame). Saranno loro, se lo riterranno opportuno, ad aprire entro 90 giorni una vera e propria istruttoria. In questo caso potranno chiedere memorie o nuovi atti. Infine dovranno restituire il fascicolo a Lo Voi per archiviare o per invocare l’autorizzazione a procedere da parte del Senato. Il Corriere spiega che un’analoga procedura potrebbe essere adottata per il reato di abuso di ufficio inviando le carte da Agrigento a Roma. L’abuso in questa ipotesi sarebbe stato compiuto nella Capitale, mentre i reati di sequestro di persona e illecito trattenimento dei migranti sarebbero scattati nelle acque di Lampedusa.

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Le nazionalità dei naufraghi dichiarate al momento dello sbarco e quelle della Diciotti (Corriere della Sera, 24 agosto 2018)

La decisione finale sull’autorizzazione a procedere potrebbe investire la speciale commissione presieduta da Maurizio Gasparri, di Forza Italia, che tra l’altro si dice d’accordo con Salvini sulla gestione della nave e su quella degli sbarchi. Mentre lo stesso Silvio Berlusconi ha espresso solidarietà al leader della Lega dopo l’indagine.  Nel 2006, un altro ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, fu indagato e poi archiviato per abuso d’ufficio, relativamente a un respingimento da Lampedusa in Tunisia; e nel 2009, toccò a un altro predecessore, Bobo Maroni, che ordinò la riconsegna alla Libia di 227 migranti recuperati da una motovedetta italiana in acque di competenza maltese. Anche lui indagato e poi archiviato, anche se quel caso è poi finito davanti alla Corte europea di Giustizia e l’Italia è stata sanzionata per «respingimento illegittimo».

Come potrebbe uscirne Salvini

Il fatto che si debba votare per l’autorizzazione a procedere fa pensare che MoVimento 5 Stelle e Lega potrebbero avere l’idea di negarla per chiudere la vicenda. Un’ipotesi che però politicamente farebbe finire nei guai proprio il M5S, che così certificherebbe ulteriormente la sua politica dei due pesi e delle due misure nei confronti della giustizia di cui gli esponenti grillini continuano a dire di avere fiducia. Prima ancora, però, il Tribunale dei Ministri potrebbe disporre l’archiviazione. È successo con  Alfano a Roma per la vicenda dei voli di Stato e per il trasferimento di un prefetto. A Pier Carlo Padoan e a Mario Monti per la risoluzione dei contratti sui derivati di Stato. La Camera bloccò il processo per favoreggiamento a carico dello scomparso Altero Matteoli avviato a Livorno, rivendicando di dover dare l’autorizzazione mai chiesta. Giulio Tremonti finì archiviato per la consulenza Finmeccanica al suo studio: lo stesso destino riservato a Pietro Lunardi per Propaganda Fide.

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I protagonisti dell’inchiesta di Patronaggio (Corriere della Sera, 27 agosto 2018)

Infine, Enrico Bellavia su Repubblica di oggi ci racconta chi sono i tre giudici che giudicheranno Salvini:

Filippo Serio, 44 anni, palermitano, è all’ufficio del giudice delle indagini preliminari dopo l’esperienza al tribunale del Riesame. Nel 2011 finì nelle liste di proscrizione di “Costantino”, legato al forum dell’internazionale neonazista Stormfront, fondato dall’americano Don Black, già leader del Ku Klux Klan che lo indicò come “amico degli stranieri”. Insieme con altri due colleghi aveva deciso la scarcerazione di un presunto trafficante nigeriano per la mancata nomina di un interprete. E tanto bastò a bollarlo come nemico pubblico.

Fabio Pilato, 52 anni, attivo nella corrente di centro di Unicost, anche lui ora all’ufficio gip del tribunale della sua città dove ha prima respinto e poi accolto la richiesta di archiviazione a carico dell’ex governatore siciliano Rosario Crocetta e dell’ex collega pm Antonio Ingroia, indagati rispettivamente per abuso e falso.

Completa il trio Giuseppe Sidoti, originario di Fossano, 57 anni, giudice civile alla sezione fallimentare. Suo il no al crac per la Palermo Calcio. E c’è la sua firma sul documento con il quale, nel pieno del terremoto che ha travolto la sezione misure di prevenzione con il caso Saguto, è stata introdotta una rigida turnazione negli affidamenti delle curatele.

Leggi sull’argomento: La supercazzola di Di Maio su Alfano e Salvini indagati

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