Recovery Fund: cos’è e perché oggi c’è il nome ma non l’accordo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-04-24

Il Recovery Fund è un fondo di nuova costituzione con cui la Commissione europea andrebbe a raccogliere fondi sui mercati, utilizzando come garanzia il bilancio europeo 2021-2027 rafforzato da nuove contribuzioni dirette e maggiori garanzie da parte dei Paesi. Ma le incognite sul suo utilizzo sono tutte sul tavolo

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Si chiama Recovery Fund ed è un fondo di nuova costituzione con cui la Commissione europea andrebbe a raccogliere fondi sui mercati, utilizzando come garanzia il bilancio europeo 2021-2027 rafforzato da nuove contribuzioni dirette e maggiori garanzie da parte dei Paesi. Sulla sua dotazione i governi sono divisi. I fondi raccolti dovrebbero essere destinati dall’Unione europea ai Paesi più in difficoltà, Italia in testa. Questi soldi sarebbero in parte presti a lunga scadenza, con tassi ridotti, e in parte a fondo perduto, cioè che non andrebbero restituiti.

Recovery Fund: cos’è e perché oggi c’è il nome ma non l’accordo

Ma per adesso la data più importante sul calendario è quella del 6 maggio. Quel giorno la Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen dovrà mettere sul tavolo una proposta che dovrà sciogliere i nodi ancora presenti in quello che ancora non si può definire un accordo. Prima di tutto sulla dotazione del fondo. L’Italia – in scia con la Spagna – ha chiesto uno strumento da 1500 miliardi per raccogliere denaro sui mercati a livello comunitario. Ursula von der Leyen ha proposto di inserirlo all’interno del bilancio Ue – come vuole Angela Merkel –, facendolo lievitare al 2% del Pil Ue, vale a dire duemila miliardi. Ma le resistenze dei nordici, che a febbraio avevano puntato i piedi sugli zerovirgola del budget 2021-2027, restano forti. Uno di quelli che è uscito allo scoperto è Sebastian Kurz, cancelliere austriaco, che ha parlato esplicitamente di prestiti e non di elargizioni a fondo perduto.

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Spiega oggi La Stampa che l’Italia, la Francia, la Spagna e gli altri Paesi del Sud si sono mostrati compatti nella loro richiesta sull’utilizzo delle risorse del Recovery Fund: «Servono trasferimenti di risorse verso i Paesi più colpiti, non prestiti», ha ripetuto Emmanuel Macron, difendendo la linea dell’Europa meridionale.

«Per gli aiuti a fondo perduto lo strumento giusto è il bilancio pluriennale dell’Ue, mentre guardo al Recovery Fund come a un sistema basato sui prestiti», ha replicato l’olandese Mark Rutte. Su questa linea anche Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia, con Helsinki un po’ più aperta. «Preferiremmo i prestiti – ha detto la premier Sanna Marin -, ma siamo pronti a valutare altre opzioni». Angela Merkel si è detta disposta ad aumentare il contributo tedesco al bilancio, ma ha ammesso il disaccordo sulla questione prestiti o sussidi. La patata bollente passa ora nelle mani della Commissione, che dovrà formulare una proposta dettagliata.

conte approva mes
L’impatto sull’economia di COVID-19 (Corriere della Sera)

Nella prima bozza del piano, anticipata ieri da La Stampa, l’esecutivo Ue propone di inserire il Recovery Fund all’interno del prossimo bilancio Ue per mobilitare fino a duemila miliardi di euro. Come? Attraverso l’emissione di obbligazioni per 320 miliardi di euro, più altri strumenti, con un incremento delle risorse proprie per far salire il budget al 2% del Pil (dall’1%) senza però far aumentare drasticamente i contributi dei Paesi. Ursula von der Leyen ha detto che bisognerà trovare un equilibrio tra prestiti e sussidi: la bozza del suo piano prevede un perfetto equilibrio al 50%, ma i nordici sono contrari. Allo studio anche un meccanismo-ponte per anticipare i fondi già a partire da luglio come chiede l’Italia, sempre che si trovi l’intesa entro giugno.

Gli opposti scemismi

Ecco quindi che mentre Salvini e Meloni continuano ad agitare i fantasmi dell’approvazione del MES, anche l’esultanza di Giuseppe Conte alla fine del Consiglio UE appare fuori luogo. Perché ad oggi non c’è il perpetual bond, ovvero il debito perpetuo proposto dalla Spagna che Laura Castelli non ha ben capito. C’è invece il via libera anche ai prestiti del Mes, il contestato salva-stati, con l’unica condizione che vengano usati per le spese sanitarie, anche indirette, una formulazione che apre tuttavia la strada anche a un utilizzo più ampio dei fondi. Ma il governo italiano, nella sua maggioranza, è diviso sul ricorso e l’azionista di maggioranza, il MoVimento 5 Stelle, non ha alcuna voglia di finire per dare ragione a Salvini e Meloni. Ma i “dettagli” del Recovery Fund – si fa per dire -, compresa la dimensione del fondo, sono comunque ancora da mettere a punto e in particolare la sua fonte di finanziamento. E non è da escludere che qualora dovesse passare l’idea di un ibrido tra strumento di prestito e strumento di sussistenza, la Commissione si faccia carico di impegnarsi direttamente fino a 320 miliardi sui mille circa che il progetto si impegna a raccogliere.

 

beppe grillo recovery fund

Se urlare all’approvazione del MES è una scemenza, lo è quindi anche parlare di rivoluzione o di Europa che grazie a “Giuseppi” comincia a diventare una comunità. In tutto ciò, spiega il Fatto, spicca il ruolo del M5S:

PERCHÉ È QUESTA la principale preoccupazione nel M5S, “dare una nuova spinta”al premier che nell’ultimo mese hanno visto sfiancato anche da certe mosse dei dem (i retroscena sull’ira di Franceschini sono stati notati). Così arriva perfino la benedizione del fondatore, Beppe Grillo: “Forse l’Europa comincia a diventare una comunità. ‘Giuseppi’ sta aprendo la strada a qualcosa di nuovo. Continuiamo così!”.

Invece il ministro degli Esteri Luigi Di Maio parla di “match ancora in corso”, ma “il reco veryè un primo risultato”. Poi tutti i big, dal ministro Federico D’Incà (“l’Italia ha imposto una nuova visione”) alla capogruppo in Parlamento europeo Tiziana Beghin: “Abbia mo vinto la gara di andata”. E il Mes? “Eravamo e siamo contrari a usarlo”ribadiscono. Ma nei comunicatitutti schivano la grana. Niente obiezioni, neanche dai 4 europarlamentari sottoposti a procedimento interno per non aver votato la risoluzione sul coronavirus venerdì.

La condizione di partenza, a differenza di quello che pensa il M5S, è ancora quella della Vecchia Europa: di disponibile ad oggi ci sono solo gli strumenti che c’erano allora, nessuno ha detto sì alla mutualizzazione del debito e i soldi ancora non ci sono. Se sarà questa l’ennesima chiacchiera europea, il fallimento sarà di Conte.

Leggi anche: Conte ha approvato il MES? Cosa è successo davvero al Consiglio Europeo

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