Quarta Repubblica e la fregnaccia della diminuzione dei morti con i porti chiusi di Salvini

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-10-08

Secondo Nicola Porro quello delle donne annegate a poche miglia da Lampedusa è un naufragio di serie b perché “non c’è più un nemico” cui addossare la colpa. Ma non è così. Perché la colpa è sempre nostra, perché non è vero che quei migranti sono morti “per buonismo” o per colpa “dei porti aperti”

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Nicola Porro ha aperto la puntata di Quarta Repubblica di ieri dicendo che quella di Lampedusa dell’altra notte sembra «una strage di serie B» perché «non c’è più il nemico politico». Si chiede Porro: «dove sono finiti gli indignati, dove sono finiti quelli che facevano i tweet, dove sono finiti quelli che dicevano che manchiamo di umanità?». Insomma visto che non c’è più Salvini al Viminale di quei naufraghi non interessa a nessuno.

Per gli italiani tutte le stragi di migranti sono “di serie B”

Ovviamente non è così perché di tweet e commenti di “indignati” ce ne sono. Così come c’erano quando i migranti morivano annegati durante il governo precedente e quelli prima ancora. Perché Porro dimentica che a parte la partentesi dei 14 mesi di governo gialloverde prima al governo c’era il centrosinistra e all’epoca le stragi non erano certo di serie B anche se il “nemico Salvini” non era al potere. Anzi proprio all’epoca certi giornalisti si sono fatti imbambolare con le fregnacce sul pull factor costituito dalle navi delle ONG o con le bufale sui taxi del mare e degli accordi con gli scafisti. Si era rapidamente individuato il colpevole di tutti quei morti: la presenza delle navi umanitarie nel Mediterraneo Centrale.

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Credits: Matteo Villa via Twitter.com

Prima è arrivato il codice Minniti, poi i decreti sicurezza di Salvini. Dopo quattordici mesi di “porti chiusi” e di sostanziale silenzio sui morti nel Mediterraneo ieri anche il Giornale ha scoperto che i migranti continuano a morire. Matteo Salvini non ha perso tempo e ha subito dichiarato che quelle donne morte sono vittime del buonismo che vuole i porti aperti. Ma per i barchini degli scafisti provenienti dalla Tunisia (come quello affondato a sei miglia da Lampedusa) i porti sono sempre stati aperti. Perché come ha detto il sindaco di Lampedusa qualche settimana fa gli sbarchi ci sono sempre stati anche in presenza della strategia dei “porti chiusi”.

La fregnaccia della diminuzione dei morti

I dati degli ultimi due anni sono questi: con Minniti al Viminale si sono registrate 57.000 partenze e 1.168 morti. Con Salvini al governo le partenze si sono ridotte del 60% (23.000) e i morti sono aumentati del 17% (1.369). Difficile sostenere come ha fatto ieri sera il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari che diminuendo le partenze diminuiscono i morti in mare. Anche perché durante la gestione Salvini ci sono stati meno sbarchi ma le partenze non si sono ridotte in maniera proporzionale. E forse sarebbe il caso di interrogarci su dove siano finiti quei migranti che sono partiti e non sono arrivati in Italia e non sono morti annegati. La risposta è nei centri di detenzione libici. Prima o poi bisognerà spiegare agli spettatori e agli elettori cosa succede in Libia ai migranti.

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Fonte: IOM

Secondo Molinari «con la politica dei porti chiusi e con il decreto sicurezza agendo su due fronti diversi: da una parte rendendo più complicato l’ottenimento del permesso di soggiorno umanitario dall’altra cancellando di fatto il business delle cooperative abbiamo disincentivato di fatto le partenze». Questo però non rileva con la strage dell’altra notte perché tutte queste misure sono ancora in vigore dalla prima all’ultima. Dal momento che non è cambiato nulla rispetto ad agosto significa che quelle leggi non servono a nulla. Perché le partenze non sono state disincentivate in misura proporzionale alla diminuzione degli sbarchi. L’abolizione della protezione  umanitaria ha comportato la fuoriuscita di numerosi migranti dai centri di accoglienza perché non avevano più il diritto a rimanere. Il business da scardinare non è quello “dell’accoglienza” (per altro messo in piedi dalla Lega quando il ministro dell’Interno era Maroni) ma quello dei trafficanti e degli scafisti.

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Però Salvini per 14 mesi si è preoccupato soprattutto di fermare le navi delle ONG raccontando che erano a vario titolo in combutta con i trafficanti di uomini e chiamandoli “vicescafisti”. E Molinari sbaglia quando dice che l’accordo di Malta riguarda solo le ONG perché riguarda tutti i migranti tratti in salvo nel Mediterraneo Centrale (guardia costiera, Marina Militare, navi mercantili o pescherecci). Il punto è che – come ha ammesso lo stesso Salvini qualche tempo fa – il 90% dei migranti arriva autonomamente a bordo di barchini, barconi o gommoni. Ma la Lega si è concentrata solo su quel 10% scarso.

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Le persone che sono morte l’altra notte, quelle che moriranno nelle prossime settimane o quelle che sbarcheranno non sono partite perché è cambiato il governo o perché hanno sentito che forse (ma forse eh) verranno modificati due decreti che nemmeno la maggior parte degli italiani sa esattamente cosa contengano. Come ha detto Luca Telese ieri sera quei migranti sono partiti ben prima che Salvini pensasse di far cadere il Conte 1. Sono partiti a volte molto prima dell’approvazione del primo Decreto Sicurezza. Perché i viaggi durano mesi, non un paio di giorni. E quindi gli italiani dovrebbero mettersi in testa una cosa: né a chi gestisce il traffico di esseri umani né a chi vuole scappare dalla fame o dalla guerra interessa se Salvini o Minniti hanno cambiato le leggi. E al contrario di quello che ha dichiarato Mario Giordano quando c’era Salvini al governo i morti non sono diminuiti: sono aumentati. Diminuire le partenze (che significa tenere i migranti in Libia o nelle mani degli scafisti) non equivale a diminuire i morti. L’unico modo per fermare il traffico di esseri umani è modificare le modalità di accesso legale nel nostro Paese, vale a dire il decreto flussi. E guarda caso nessuno lo ha fatto.

Leggi anche: Il Giornale, Lampedusa e la bufala della strage dei porti aperti

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