Tutti i problemi del sito del Reddito di Cittadinanza

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-02-05

Dopo aver abolito la povertà il ministro del Lavoro abolisce anche la privacy con un sito che al momento è funzionale solo alla macchina della propaganda a 5 Stelle e non aiuta molto a destreggiarsi tra ISEE, SPID e altri documenti necessari per presentare dal sei marzo la domanda per il sussidio

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Ma quanto è bello il sito del Reddito di Cittadinanza presentato ieri da un Luigi Di Maio chiaramente posseduto dallo spirito di Mastrota? In teoria dovrebbe essere un portale. Ma non lo è. È un sito statico con una serie di informazioni sul Reddito di Cittadinanza. Tutte cose note da mesi, vuoi perché il governo ha sapientemente dosato i dettagli, vuoi perché i giornali hanno pubblicato pagine e pagine di infografiche, diagrammi e spiegazioni su chi avrà diritto al sussidio, come fare ad averlo, quali sono i requisiti e quali gli obblighi.

Il sito del Reddito di Cittadinanza che viola le leggi europee sulla Privacy

A poco più di due mesi dall’arrivo del Reddito di Cittadinanza nelle tasche degli italiani il governo ha lanciato un sito che nasce vecchio. E passi, perché con tutto quello che hanno da lavorare non si può certo perdere tempo a stare al passo coi tempi. Ma il vero problema è che il “portale” (che è un portale quanto Rousseau è un “sistema operativo”) ha parecchi deficit strutturali. Tant’è che c’è già chi si chiede chi lo abbia realizzato e se per caso ci sia lo zampino della Casaleggio Associati. Il primo a scoprire i buchi nel sito governativo è stato Matteo Flora che ha subito fatto notare come la Privacy Policy del “portale” faccia riferimento al sito del Ministero del Lavoro, una scelta che però è in contrasto con la normativa a tutela dei dati personali prevista dal GDPR.

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Analizzando il codice sorgente del sito (quello del Reddito di Cittadinanza) Flora ha poi scoperto che il Ministero di fatto regala i dati degli utenti ignari (perché non viene loro comunicato) ad un soggetto terzo, per giunta extra UE: Google. In buona sostanza i dati di navigazione degli utenti che visitano il sito sul Reddito di Cittadinanza possono essere “girati” ad un ente terzo (anzi due) grazie all’inserimento nel codice del sito di due contenuti non autorizzati, quello di Google Font e Microsoft Azure. Il problema principale però è l’informativa sulla privacy, che essendo creata per un sito diverso (quello del Ministero del Lavoro) risulta errata. Forse è proprio a causa di questa decisione (chi l’ha presa?) nell’informativa non sono presenti i riferimenti relativi all’utilizzo dei componenti che regalano (nel senso che danno gratuitamente) i dati di navigazione degli utenti ai soggetti terzi extra-europei.

Leggi sull’argomento: L’offerta di lavoro per il reddito di cittadinanza potrà essere a termine

Gli errori e le imprecisioni del sito di Di Maio sul RdC

Oltre a questo problema di privacy, che non è affatto da sottovalutare, c’è anche l’injection segnalato ieri da NeXt (e successivamente risolto) che consentiva di “giocare” con il sito del RdC inserendoci contenuti a piacere, ad esempio filmati con Lino Banfi. Anche questo bug dimostra come il sito, presentato in pompa magna da Conte, Di Maio e Castelli in realtà sia stato messo su in fretta e furia solo per poter finalmente dire è stata mantenuta la promessa di mettere online il sito sul Reddito di Cittadinanza.

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L’approssimazione e il pressapochismo che si vedono a livello di struttura del sito si riflettono anche a livello dei contenuti. Come viene fatto notare su Twitter nel box informativo riguardante l’ISEE è scritto che lo si può compilare presso i CAF o online sul sito dell’INPS. Peccato perché il link rimandi alla pagina dove è possibile effettuare la simulazione di calcolo dell’ISEE e non a quella con le informazioni sull’ISEE e su come richiederlo.

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Sarebbe stato più utile invece inserire il simulatore ISEE direttamente sul sito. Il governo avrebbe potuto anche pensare – per venire incontro ai futuri destinatari del RdC – di semplificare la procedura per ottenere e attivare lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) che invece continua ad essere macchinoso come sempre. La colpa ovviamente è dei governi precedenti ma questo non è certo un alibi. Tanto più che tra i beneficiari del Reddito di Cittadinanza ci sono cittadini e persone che vivono ben al di sotto della soglia di povertà – pensiamo ad esempio ai senza fissa dimora – e che potrebbero avere più di qualche problema ad espletare la procedura senza assistenza o senza appoggiarsi a un servizio che sarebbe bello fosse lo Stato a fornire gratuitamente.

 

Foto copertina via Facebook.com

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