Fondi immobiliari territoriali: il piano “sovranista” di Messina per il debito

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-06-13

Dare vita a fondi immobiliari attivi sul territorio, «tipo Pir (i Piani Individuali di Risparmio, ndr), che possano essere sottoscritti da investitori, cittadini e banche»: cosa può andare storto?

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C’è un Piano Messina per ridurre il debito pubblico italiano con un’operazione di valorizzazione del patrimonio immobiliare. Il banchiere, consigliere delegato di Intesa San Paolo, ne ha parlato ieri durante il forum del Messaggero all’ABI che ha visto anche la partecipazione (con messaggi in codice) del ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Fondi immobiliari territoriali: il piano Messina per il debito

L’idea di Messina è di dare vita a fondi immobiliari attivi sul territorio, «tipo Pir (i Piani Individuali di Risparmio, ndr), che possano essere sottoscritti da investitori, cittadini e banche». Così, «con un progetto davvero sovranista gli italiani si ri-impossessano dei loro attivi e cominciano a lavorare sul debito», ha sottolineato il banchiere. Se non si avvia una valorizzazione degli attivi dello Stato – unita a una riduzione della spesa pubblica per prezzo, senza togliere servizi ai cittadini – «una patrimoniale da qui a pochi anni sarà inevitabile», ha sostenuto ieri il banchiere.

Il ragionamento intorno all’idea dei fondi immobiliari territoriali parte dal presupposto che è impossibile ridurre il rapporto deficit/PIL con la crescita se questa è asfittica. Per questo è necessario ridurlo con un’operazione shock. E questo ragionamento si sente da decenni ormai ogni volta che qualcuno propone idee del genere, che poi regolarmente non vengono realizzate.

L’operazione shock di Messina sugli immobili dello Stato

Un altro problema è quello degli investimenti, che in Italia latitano anche perché i governi ne tagliano i fondi per regalarli alle città indebitate. Secondo Messina è però possibile muoversi di concerto con il sistema bancario per creare fondi immobiliari territoriali a fiscalità agevolata nei quali far confluire gli immobili dello Stato, delle Regioni e dei Comuni: questi fondi emetterebbero quindi dei titoli che le banche, ma anche i risparmiatori, dovrebbero acquistare.

Secondo Messina, che ne ha parlato al forum del Messaggero, “la dimensione locale permetterebbe ai cittadini di percepire queste come operazioni legate al territorio e non esclusivamente finanziarie”, anche se la tesi sembra un po’ fantasiosa: secondo lui i cittadini che investono potrebbero avere la sensazione “sovranista” di “comprarsi la scuola del figlio o la caserma”. Il punto è che non si capisce perché un cittadino dovrebbe essere felice di comprarsi la scuola del figlio o la caserma che, essendo pubblica, in realtà è già sua, se non per il gusto (dubbio…) di comprarla due volte.

Più che altro quello che ci interessa è sapere come verranno contabilizzate queste operazioni: in altre annate se ne sono proposte di simili, ogni volta alla fine il responso è stato negativo. E ci sarà un perché. Come si diceva una volta, nel piano di Messina c’è del bello e del nuovo. Peccato che il nuovo non sia bello e il bello non sia nuovo.

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