Marco Lisei e Galeazzo Bignami: perché il video gogna di Fratelli d’Italia viola la privacy degli assegnatari delle case popolari

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-11-12

Il partito di Giorgia Meloni fa campagna elettorale sulla pelle dei più deboli e dei più poveri soffiando sull’odio nei confronti degli stranieri che vengono presentati come invasori degli alloggi popolari nel celebre video girato da Galeazzo Bignami e Marco Lisei. Ma cosa dice il Garante in merito alla protezione dei dati personali di chi ha vinto il bando per una casa popolare?

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Il video gogna con i nomi e i cognomi dei residenti nelle case popolari di via Albani girato dal consigliere comunale di Bologna Marco Lisei e dal deputato Galeazzo Bignami (entrambi di Fratelli d’Italia) è stato rimosso. L’avvocata Cathy La Torre, ex consigliera comunale e attivista per i diritti civili ha presentato un esposto al Garante della Privacy ma l’onorevole Bignami non demorde. «Facciano pure esposti e denunce – ha dichiarato – anche al Garante della privacy. Quando denunciavamo senza mostrare nulla, dicevano che non era vero. Ora che lo abbiamo dimostrato dicono che incitiamo all’odio e violiamo la privacy, senza neanche sapere che i nomi e i cognomi dei beneficiari, come stabilito dallo stesso Garante già dal 2007, sono pubblici».

Il senso di Fratelli d’Italia per mette alla gogna “gli stranieri”

Per il deputato di Fratelli d’Italia quindi non c’è stata alcuna violazione della privacy nel mostrare e leggere ad alta voce i cognomi degli inquilini degli alloggi dell’edilizia pubblica. Nel video la pensava diversamente quando diceva «ci diranno che stiamo violando la privacy, ma non ce ne frega assolutamente nulla, perché se stai in un alloggio popolare e c’è il tuo nome sul campanello bisogna che ti metta nell’ottica che poi qualcuno può andare a vedere», visto che quegli edifici «sono stati costruiti dai nostri padri e dai nostri nonni». Ma chi ha ragione? E cosa ha stabilito il Garante?

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Un estratto della graduatoria ACER per Bologna

Partiamo dall’inizio, nel video vengono inquadrati i citofoni e letti ad alta voce i nomi dei cittadini stranieri (sul fatto che lo siano effettivamente però non c’è alcuna certezza) che vivono negli alloggi dell’ACER (Azienda Casa Emilia Romagna) di Bologna. Bignami dice i nomi e i cognomi dei beneficiari sono già pubblici ma dimentica di ricordare che sui campanelli non c’è solo il nome dell’assegnatario ma anche quello del coniuge, che invece non è pubblico. Per quanto riguarda l’ACER poi basta leggere la graduatoria pubblicata sul sito per scoprire che i dati sono anonimizzati: l’identificativo è il numero di domanda dal quale non è possibile risalire all’identità dell’eventuale assegnatario.

Cosa prevede il Garante della Privacy

Detto questo è vero che il Garante nelle linee guida in materia di trattamento di dati personali per finalità di pubblicazione e diffusione di atti e documenti di enti locali consente (ed alcuni Comuni infatti lo fanno) la pubblicazione dei nominativi degli assegnatari «corredati dalle informazioni necessarie a renderli identificabili (data di nascita, punteggio finale per l´assegnazione)». Il Garante però scrive anche che la graduatoria «non deve quindi contenere ulteriori dati personali contrastanti con il richiamato principio di pertinenza e non eccedenza, fermo restando il divieto di pubblicare dati idonei a rivelare lo stato di salute». Ed è per questo che anche laddove i nomi e i cognomi dei partecipanti al bando vengono pubblicati non viene indicato quale alloggio, a quale indirizzo e quale interno sia stato assegnato. Inutile poi sottolineare come chi presenta la domanda ha dato l’autorizzazione alla diffusione dei propri dati all’azienda che gestisce l’edilizia residenziale pubblica e non a chiunque passi per strada.

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Allo stesso modo il Garante non autorizza alla diffusione di «specifiche informazioni sullo stato di salute o condizione reddituale» oppure «alla presenza nel nucleo familiare di anziani o di persone diversamente abili, alla condizione di gestante o di genitore solo con figli minori a carico, alla situazione lavorativa del richiedente, all’indicazione del codice fiscale, alla fascia Isee di appartenenza». Né tanto meno risulta consentito pubblicare se l’assegnatario sia straniero o meno. Perché quello che Lisei e Bignami- che hanno accuratamente evitato di leggere i cognomi degli italiani – non hanno capito è che è possibile che qualcuno di quegli “stranieri” abbia ottenuto la cittadinanza italiana.

Quali sono i veri numeri dell’edilizia residenziale pubblica a Bologna?

Ma c’è un altro aspetto della narrazione sugli italiani assediati che vivono in una sorta di ghetto pieno di “stranieri”. Bignami ha chiesto «perché a Bologna il 60% degli alloggi popolari viene dato ogni anno a non italiani?». A rispondere a questa domanda sull’edizione bolognese di Repubblica è il presidente dell’ACER Alessandro Alberani che smentisce i numeri dati da Fratelli d’Italia: «Non è vero niente. Attualmente il 78,95% degli assegnatari dei 28 mila edifici di edilizia pubblica sono italiani». Nessun assedio quindi da parte degli stranieri anche perché «per ottenere una casa bisogna avere la residenza da almeno tre anni. E poi si considerano l’Isee e il numero di familiari».

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Galeazzo Bignami (al centro) con Giorgia Meloni e Marco Lisei

C’è poi da sottolineare, come spiegava LaVoce.info qualche tempo fa, che un conto sono le domande presentate un altro sono gli alloggi effettivamente assegnati. Ed è vero che i residenti di origine straniera presentano più domande, ma la spiegazione è semplice: sono più poveri, hanno un reddito più basso, a differenza degli italiani la percentuale di stranieri con una casa di proprietà è molto basso così come non dispongono di una rete familiare in grado di aiutarli quando sono in difficoltà (e per ottenere un alloggio popolare bisogna essere in difficoltà). Invece che chiedersi come mai ci sono così tanti stranieri (il numero reale è molto più basso di quello che vorrebbero far credere) nelle case popolari FdI potrebbe interrogarsi sul perché i cittadini stranieri sono mediamente più poveri. E non c’è alcun “sopruso” nell’assegnare un appartamento ad uno con il cognome straniero: del resto è la Costituzione a stabilire che la nostra Repubblica tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso , di razza, di lingua, di religione , di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E tra i criteri per l’assegnazione delle case popolari, ha commentato la deputata PD Giuditta Pini, «non risultano nazionalità e colore della pelle».

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