Paolo Savona ministro dell’Economia del governo Lega-M5S?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-05-21

Il nome dell’economista già ministro con Ciampi per il dicastero di via XX Settembre. I presunti dubbi per un’intercettazione in cui parlava di Dell’Utri e Impregilo. Le critiche al reddito di cittadinanza dei 5S

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Ieri, mentre si parlava della conferma del nome di Giuseppe Conte per Palazzo Chigi, un’indiscrezione circolata in ambienti di destra diceva invece che in corsa per la presidenza del consiglio c’era anche Paolo Savona, ex ministro di Ciampi oggi avvicinatosi molto alle posizioni leghiste su Europa ed euro. Oggi che i tasselli stanno andando molto rapidamente ciascuno al suo posto arriva la smentita/conferma: il nome di Savona c’è ma per la poltrona di ministro dell’Economia.

Paolo Savona ministro dell’Economia del governo Lega-M5S?

Paolo Savona è ovviamente un nome della Lega Nord ed era lui che si riferiva Matteo Salvini ieri a Fiumicino quando parlava dei veti che non voleva sentire (né dall’Europa né dal Quirinale, sottinteso) sul governo gialloverde in nuce. I motivi sono quelli indicati: la sua posizione sull’Europa e sull’euro che potrebbe risultare indigeribile. In più il Fatto ne aggiunge un altro piuttosto pittoresco:

Ieri in ambienti politici ricordavano una intercettazione del 2005 in cui Savona, allora presidente della società di costruzioni Impregilo, parlava con l’economista Carlo Pelanda del Ponte di Messina, per la cui costruzione Impregilo era in corsa. E Pelanda gli riferiva: “La gara per il ponte sullo Stretto la vincerà Impregilo, me lo ha detto Marcello Dell’Utri”. Vecchia storia, senza alcuna rilevanza penale.

In realtà dovrebbe destare più perplessità quanto Savona disse nel gennaio scorso, alla vigilia delle elezioni, al Mattino in cui massacrava il programma del MoVimento 5 Stelle: «Per la nuova legislatura sarebbe meglio non mettere mano a provvedimenti fiscali perché, come nel caso della proposta sul reddito di cittadinanza, sono proprio simili discussioni ad aver portato l’Italia alla crisi e il ceto medio ad essere subissato di tasse», diceva Savona. Ancora più chiaro Savona era sul Jobs Act: «Pure questa è demagogia perché effettuare operazioni fiscali per andare a vantaggio dei salari, non garantisce un risultato di equità, come tutti gli economisti spiegano. Oltretutto i margini di manovra che il nuovo governo avrà sono già pesantemente condizionati dai 259 decreti attuativi che attendono ancora di essere varati». E tassare le banche che, secondo i 5 Stelle hanno una imposizione fiscale inferiore a quella esistente in altri Paesi europei? «Sarebbe la spallata finale al sistema economico italiano».

Savona, l’euro e l’Europa

Savona, ex ministro dell’Industria e del Commercio nel governo guidato da Carlo Azeglio Ciampi, 82 anni, laurea cum laude in Economia e specializzazione in Economia monetaria al Mit — è rigorista ma anche critico della moneta unica. Contrario all’accettazione dei parametri di Maastricht sin dal 1992, qualche tempo fa ha sostenuto in una lettera aperta alla politica che «diffondere terrore economico sulle conseguenze dell’uscita dell’euro, convincendo l’elettorato che non si debba uscire,significa partire perdenti, come stiamo ora».

Ugo Magri sulla Stampa preconizza scenari apocalittici in caso di sua designazione:

Impossibile dire in che modo reagirebbero, prima ancora di Mattarella, le agenzie di rating, da ultimo piuttosto silenziose sebbene in grado di condizionare pesantemente le sorti della nazione: se abbassassero per sventura di un paio di punti il loro gradimento, già rasoterra, sui nostri Btp, la Banca centrale europea e lo stesso Mario Draghi dovrebbero sospendere l’acquisto dei titoli italiani, e le nostre banche sarebbero costrette (secondo certi warning piovuti da Francoforte e dintorni) a restituire oltre 100 miliardi.

Come sappiamo, in realtà non ci sarebbero miliardi da restituire, ma soprattutto una decisione del genere costituirebbe un’ingerenza di molto superiore alla lettera al governo Berlusconi e un pericoloso precedente per Francoforte e soprattutto per Bruxelles.

Il pericolo è il suo mestiere

Nato a Cagliari nel 1936, laureato in economia nel 1961, Paolo Savona ha cominciato la sua carriera al Servizio Studi della Banca d’Italia (1963-1976), dove ha raggiunto il grado di direttore. Professore emerito di Politica economica e presidente del Fondo interbancario di tutela dei depositi, e vicepresidente esecutivo dell’Aspen Institute Italia. È quindi un uomo di relazioni oltre che di studio e quindi anche dotato delle doti politiche necessarie per sedere a via XX Settembre.

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Per questo ieri Claudio Borghi, deputato e responsabile economico della Lega, si rallegrava su Twitter del fatto che i pezzi del puzzle stessero “andando tutti al loro posto”. Ma i dubbi intorno al suo nome sembrano arrivare più dal M5S che dal Quirinale. E proprio a causa della sua posizione su euro ed Europa, che per il MoVimento 5 Stelle è pericolosa per la stabilità del governo. La sensazione è che il nome di Savona sia stato fatto per creare un po’ di scompiglio durante il totoministri: alla fine però sarà Giuseppe Conte a dover trattare con Mattarella, non certo Di Maio o Salvini. E allora è vero che il nome per via XX Settembre potrebbe saltare, ma a quel punto la Lega potrebbe dirottare lì Giancarlo Giorgetti. Come era in programma sin dall’inizio.

 

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