Orlando, Franceschini e il governo PD-M5S

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-03-31

Il ragionamento è sempre lo stesso: individuiamo insieme un programma limitato, offriteci un presidente del Consiglio votabile, un profilo «alla Rodotà», e una discussione si può aprire. Ma ci sono troppe incognite

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La carta da giocare non è inedita: è il governo della Consulta già immaginato nei giorni immediatamente successivi alle elezioni perché considerato gradito a Mattarella. La maggioranza che dovrebbe reggerlo però sarebbe formata da MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico. Su questo si fonda l’iniziativa interna al PD per riaprire i giochi e lasciare l’Aventino.

Orlando, Franceschini e il governo PD-M5S

Un’opzione che però prevede l’impossibile (secondo i 5 Stelle) passo indietro di Luigi Di Maio e l’altrettanto impossibile ripensamento di Matteo Renzi. Che sono oggi i due più importanti ostacoli all’operazione e lo sarebbero anche domani, a meno che l’iniziativa per varare il governo non venga presa dal Quirinale. Spiega oggi Francesco Bei sulla Stampa:

Le uscite di Andrea Orlando e Dario Franceschini, terminali di un disegno più alto, rispondono infatti a un unico scopo. Preparare il terreno per un cambio di gioco, oltre il recinto aventiniano dove Renzi spera di rinchiudere i dem. Ma ancora è presto, prima devono consumarsi tutti i passaggi politici e costituzionali delle consultazioni. «Noi – spiega uno dei registi dell’operazione – non possiamo appoggiare un governo Di Maio.

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Gli italiani e il governo (Corriere della Sera, 31 marzo 2018)

Nessuno nel Pd può spingersi a tanto. Lo stiamo facendo capire ai Cinquestelle. Ma è giusto che ci arrivino piano piano». I contatti con Franceschini e Orlando, tramite i grillini Emilio Carelli e Danilo Toninelli, sono frequenti e il ragionamento che viene esposto dai dem è sempre lo stesso: individuiamo insieme un programma limitato, offriteci un presidente del Consiglio votabile, un profilo «alla Rodotà», e una discussione si può aprire. Nonostante Renzi.

Un obiettivo che per ora non sembra per niente convergere con le opinioni degli italiani, che oggi scelgono in maggioranza MoVimento 5 Stelle e Lega come le due forze che dovrebbero andare a sedersi al tavolo della trattativa, come confermato anche dal sondaggio pubblicato oggi da Renato Mannheimer sul Corriere della Sera.

I responsabili del Partito Democratico

Secondo Bei ci sono anche gli eventuali candidati a presidente del consiglio a cui pensano i “responsabili” del Partito Democratico; i nomi che circolano sono tre e tutti di giuristi di altissimo profilo: Giovanni Maria Flick, Paolo Grossi e Giorgio Lattanzi.

I primi due ex presidenti della Corte costituzionale, l’ultimo – Lattanzi – presidente in carica. È quel «governo della Consulta» che si era affacciato proprio all’indomani del voto, poi inabissatosi nel calore dello scontro politico. A questo schema si tornerebbe – nella speranza di quella parte del Pd fuori dall’ortodossia renziana – anche per scongiurare il progetto alternativo che viene attribuito all’ex segretario dem. Ovvero quello di accodarsi a un governo di centrodestra, purché non guidato da Salvini ma da un leghista meno contundente come Giancarlo Giorgetti.

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Il sondaggio SWG sul governo Lega-M5S (Il Messaggero, 30 marzo 2018)

Il fronte del dialogo passa da Franceschini a Orlando, da Zanda a Veltroni e arriva a Emiliano e Chiamparino, secondo un asse che nel PD è però ancora robusta minoranza e non sembra poter fare i conti con il resto del partito che con la partita dei capigruppo ha dimostrato di essere ancor stretto intorno a Renzi. Ma il fattore tempo avrà un ruolo importante. Nel senso che più passeranno i giorni e i mesi, più un blocco della situazione e dello scenario più probabile, ovvero l’accordo tra M5S, Lega e Fratelli d’Italia, potrebbe far salire le chances di una nuova coalizione.

Questione di tempi

Ma se il punto è Di Maio a Palazzo Chigi, perché il leader del MoVimento 5 Stelle dovrebbe dare al PD quello che non ha intenzione di dare alla Lega? E perché dovrebbe accettare un compromesso che sarebbe visto con maggiore fastidio anche dai suoi elettori? Senza contare quelli del Partito Democratico che dovrebbero ingoiare un boccone molto amaro dopo la campagna elettorale e dopo le dimissioni di Renzi.

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Dall’altro lato del tavolo del resto nessuno si è seduto ufficialmente. Anzi: il MoVimento 5 Stelle è tornato a smentire in più occasioni il passo indietro di Di Maio, dichiarandolo impossibile. E in effetti nella partita dei presidenti delle Camere mentre si ragionava intorno alle ipotesi alternative visto lo stallo interno del centrodestra il Carroccio e i grillini si sono accordati per votare le loro proposte e hanno portato a casa il risultato. Il rischio è che finisca così anche nel PD: che qualcuno cerchi di riaprire una porta già chiusa mentre il governo accade a sua insaputa.

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