I sintomi premonitori delle dittature e quello che succede in Italia

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2018-10-16

Siamo ormai prossimi al centenario della Vittoria nella Grande Guerra. Sono andato ad una delle manifestazioni organizzate per tale ricorrenza:  un convegno sulla  politica Italiana prima e dopo la Grande Guerra vista dall’ottica dell’opera storiografica di Roberto de Felice e dei suoi epigoni. De Felice ha avuto il grande merito di contestare la narrazione ideologica …

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Siamo ormai prossimi al centenario della Vittoria nella Grande Guerra. Sono andato ad una delle manifestazioni organizzate per tale ricorrenza:  un convegno sulla  politica Italiana prima e dopo la Grande Guerra vista dall’ottica dell’opera storiografica di Roberto de Felice e dei suoi epigoni. De Felice ha avuto il grande merito di contestare la narrazione ideologica che ha inquinato la visione storica i quegli anni basandosi il più possibile su fatti accertati. Si può non essere d’accordo su alcune conclusioni ma certamente non si può non concordare sul metodo scientifico adottato.

Vari sono stati i punti trattati:

  • L’Italia pre Grande Guerra aveva un problema: Giolitti e il suo sistema di potere. Vi fu una Santa Alleanza per spodestarlo e l’entrata in Guerra fu vista come uno dei possibili strumenti.. Il Mussolini socialista ed interventista può essere spiegato anche sotto questo punto di vista. Era chiaro a molti, ai futuristi, ai nazionalisti, ai socialisti, che il sistema democratico e l’ordine mondiale vivevano un periodo di profonda crisi e occorreva uno scossone per ribaltare l’ordine costituito. D’altra parte Comunismo, Fascismo e Nazismo sono conseguenze dirette della Grande Guerra. Sentendo questi discorsi non si  può non  pensare che anche adesso viviamo una crisi profonda della democrazia e che i partiti all’opposizione non si fanno alcun problema a formare una santa alleanza pur di affondare chi comanda. E’ una costante degli ultimi 20 anni della politica italiana.  Per affondare Giolitti ci siamo beccati la Grande Guerra e il Fascismo. Adesso chi ci becchiamo? Cosa dopo  l’alleanza Giallo-Verde?
  • Molto interessante anche il discorso della Politica Estera post Grande Guerra. Ai primi del Novecento vi era la sensazione (forse più che una sensazione…) della assoluta insignificanza dell’Italia nel contesto Europeo (la famosa polemica della Vittoria Mutilata) e questo portò alla politica “muscolosa” di Mussolini, che per un po’ andò bene…ma poi portò al disastro. Anche questo mi ricorda qualcosa…..

mussolini donald trump america great - 1

  • Il Fascismo fu caratterizzato dal ceto politico più parassitario del Centro-Sud che saltò sul carro del vincitore appena resosi conto dell’evoluzione politica italiana postguerra (Il partito fascista, estremamente minoritario nel Sud Italia fino al 1922, riportò un plebiscito nel 1924) e da una classe imprenditoriale vile e pusillanime pronta solo a strappare concessioni economiche al regime. Anche qui l’assonanza con la situazione italiana attuale è a dir poco assordante.
  • Ma per me, forse l’aspetto più interessante è stata la descrizione vermilingue e strisciante della classe intellettuale. Secondo la retorica corrente, salvo qualche rincoglionito che all’inizio approvò il Regime (Croce) e qualche intellettuale venduto da condannare alla damnatio memoriae e giustamente giustiziato dalle forze partigiane (Gentile), la classe intellettuale Italiana operò sempre una opposizione attiva al Regime. Secondo i dati raccolti da De Felice le cose  non stavano proprio così. Salvo una schiera di oppositori decisi e tenaci  (vedasi Gramsci, i Fratelli Rosselli, etc)  gli Intellettuali si staccarono dal Regime solo l’8 settembre quando fu chiaro ai più la fine ingloriosa prossima  del regime fascista. Questo è testimoniato dal fatto che molti intellettuali, che post guerra confluiranno nel PCI (e in misura minore nella DC), nel 1938, per ingraziarsi il regime, scrissero vergognosi pezzi a favore delle leggi razziali. Insomma, anche in questa descrizione degli intellettuali organici al Regime, senza dignità, leccaculi con i potenti di turno, arroganti con i deboli e prontissimi a salire sul carro del vincitore, qualunque esso fosse, (il motto di Franza o Spagna purché se magna) ritrovo una calzante descrizione degli ultimi 40 anni di storia italiana…

 

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Insomma, credo che la Storia possa essere una utile magistra vitae purché non la si contamini con una narrazione ideologica. Se si stravolgono i fatti, non si capisce perché l’orrore del regime fascista si sia potuto sviluppare. Raccontato come è raccontato nei libri di scuola ai nostri giovani, sembra del tutto alieno al retroterra culturale e politico Italiano. Questa narrazione può essere utile per coprire i cambi di casacca di qualcuno e per rifarsi una finta verginità, ma è estremamente pericolosa perché non permette di creare nella società  i necessari anticorpi ai regimi dittatoriali e neppure di riconoscerne i sintomi premonitori. Quindi la Storia per non dimenticare, ma una Storia non manipolata ed ideologizzata, altrimenti diventa essa stessa uno strumento per l’affermazione di regimi illiberali e dittatoriali, esattamente come in 1984 di Orwell.

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