Come Matteo Salvini sta fregando l’Italia sul regolamento di Dublino

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-06-04

Il ministro dell’Interno dice no alla revisione del regolamento di Dublino che prevede un nuovo sistema di ripartizione dei richiedenti asilo che alleggerirebbe il lavoro dell’Italia. Finendo così per dare una mano ai paesi del gruppo di Visegrad che fino ad ora hanno sempre detto di no al ricollocamento dei rifugiati sbarcati in Italia in altri paesi membri della UE

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Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato che l’Italia voterà no val vertice europeo dei ministri dell’Interno al documento di riforma del regolamento di Dublino. Lo ha detto da Pozzallo, dove si è recato in visita ufficiale per ispezionare il centro di accoglienza per i migranti che vengono tratti in salvo nel Canale di Sicilia e nel Mediterraneo centrale al largo delle coste della Libia.

Salvini dice no alla riforma del Trattato di Dublino

Salvini ha detto che l’Italia dirà no ad una riforma del regolamento di Dublino: «non può più essere solo un problema italiano quello degli sbarchi e dell’accoglienza di centinaia di migliaia di non profughi». Il Ministro dell’Interno ha fatto un’esplicita richiesta all’Unione Europea: «O ci danno una mano a controllare i confini e a mettere in sicurezza il nostro Paese oppure dovremo scegliere altre vie». Richiesta interessante visto che la sorveglianza dei confini degli stati membri è una di quelle materie che è rimasta di competenza dei singoli stati. Gli Stati europei hanno deciso che le politiche di difesa, la politica estera, quella sull’immigrazione e la difesa delle frontiere esterne sono materie di esclusiva competenza nazionale. Ora Salvini – che pure dovrebbe saperlo visto che è stato a lungo a Bruxelles – sembra che stia chiedendo più Europa.

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Una questione di buon senso, ha scritto il ministro su Twitter e oggi ai microfoni di Rtl 102.5 ha ribadito che che domani, al vertice dei ministri dell’Interno europei sull’immigrazione a Lussemburgo «invieremo una nostra delegazione per dire no: il documento in discussione invece di aiutare penalizzerebbe ulteriormente l’Italia e i paesi del Mediterraneo facendo gli interessi dei paesi del Nord Europa».

Sistema di redistribuzione automatico delle domande di accoglienza: la modifica al regolamento che non piace a Salvini

Potrebbe sembrare una notizia incredibile, Salvini, che da segretario della Lega Nord ha sempre duramente contestato il regolamento di Dublino, si opponga alla sua riforma. Era già successo poco meno di un anno fa quando all’Europarlamento i leghisti votarono contro la proposta di modifica del trattato. Salvini sostiene che le modifiche proposte dall’Europarlamento, che dovranno essere approvate a maggioranza qualificata, sarebbero “peggiorative” per il nostro Paese.

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Ma è davvero così? Innanzitutto vale la pena ricordare che l’attuale versione del del regolamento di Dublino (Dublino III) è stata sottoscritta nel 2013 quando il Presidente del Consiglio era Enrico Letta. Ma è l’accordo di Dublino II (ratificato dal nostro Paese nel 2003) che ha reso operativo il regolamento sulla gestione dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo. Il regolamento di Dublino II trasformò e rese operativa la Convenzione di Dublino (detta appunto Dublino I) che risale al 1990 e che fu ratificata nel 1997. Non risulta che nel 2003 la Lega abbia chiesto di modificare quella parte del trattato che regolava la gestione delle richieste d’asilo ( (l’articolo 13, che è rimasto invariato dalla II alla III).

Matteo Salvini vuole più richiedenti asilo in Italia?

Una volta ricordato che è stato un governo del quale faceva parte la Lega Nord a ratificare quell’accordo che oggi a Salvini non piace andiamo a vedere cosa propone la nuova revisione del trattato di Dublino. Il Parlamento Europeo ha proposto di mettere fine ad  uno dei più contestati principi dell’attuale trattato, quello secondo il quale lo stato membro di primo approdo (come spesso è il caso dell’Italia) è l’unico responsabile della gestione delle domande di asilo e dell’eventuale accoglienza dei rifugiati. Viene a cadere quindi il principio fondamentale (fino ad ora) del “primo ingresso”. Come ha spiegato la relatrice dell’Europarlamento, la liberale svedese Cecilia Wickström, il nuovo sistema che sarà proposto ai ministri degli interni degli stati membri prevede il ricollocamento automatico di tutti i richiedenti asilo verso gli stati membri in base ad un sistema di quote calcolato sul PIL del paese di destinazione. Le quote saranno permanenti, ovvero non ci sarà bisogno di una situazione di crisi (come quella degli scorsi anni) per avviare il programma di “redistribuzione” delle domande di accoglienza.

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Secondo Salvini invece con questa riforma «Vogliono appesantire i Paesi del Mediterraneo, come Italia, Cipro Malta, Spagna, ulteriormente dandoci migliaia di migranti per dieci anni». Ma non è chiaro in che modo. Anche perché da questo nuovo sistema di ripartizione delle quote di richiedenti asilo (e non di rifugiati) l’Italia avrebbe da guadagnare non dovendo “processare” tutte le domande prima di accedere al meccanismo di ripartizione dei rifugiati attualmente in vigore.  A questa considerazione va aggiunto il fatto che i quattro paesi del gruppo di Visegrad (Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia e Polonia) abbiano già detto che voteranno contro la proposta di modifica. Si tratta di quattro paesi i cui governi sono “amici” di Salvini e della Lega che si sono sempre rifiutati di accogliere i rifugiati in base alle quote del sistema di ripartizione d’emergenza attualmente in vigore. E si arriva al paradosso: in nome dell’unità d’intenti dei sovranisti il Ministro dell’Interno italiano finisce per favorire gli interessi di altri paesi (quelli che non vogliono il sistema di ripartizione) e addirittura finisce per chiedere all’Unione Europea di intervenire su una materia – quella della sorveglianza dei confini – su cui il nostro Paese ha sempre rivendicato la propria sovranità.

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