Mattarella, tra oggi e domani l’esploratore o il preincarico di governo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-04-17

Il Quirinale pronto alla prima mossa per la crisi di governo. Casellati potrebbe essere il primo nome. Per far passare del tempo e attendere gli sviluppi del forno PD in cui Di Maio vorrebbe andare a prendere il pane

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Entro domani il Quirinale farà la sua prima mossa per risolvere la crisi di governo scaturita dalle elezioni del 4 marzo. Sergio Mattarella, scrive oggi Marzio Breda sul Corriere della Sera, affiderà un mandato esplorativo a una delle due alte cariche dello Stato, cioè il presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, o quello della Camera, Roberto Fico. Scelta che dovrebbe cadere sulla Casellati, appena insediata alla guida di Palazzo Madama.

Mattarella, tra oggi e domani l’esploratore o il preincarico di governo

La presidente del Senato eletta anche con i voti del MoVimento 5 Stelle svolgerà quindi incontri con le forze politiche per cercare un accordo che al Quirinale non si è palesato. Il preincarico durerà almeno una settimana e anche in caso di fallimento il tempo che passerà consentirà di scavalcare le elezioni in Molise e in Friuli, dove M5S e Lega cercano un’ulteriore legittimazione alle loro aspirazioni per Palazzo Chigi. Di Maio e Salvini sarebbero esclusi da questo primo giro perché entrambi temono che la chiamata porti a bruciarsi viste le scarse probabilità di trovare il bandolo della matassa.

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Il centrodestra sponsorizza compatto – ovviamente anche Berlusconi, che domani riunirà i gruppi – la soluzione che porta alla presidente del Senato targata Forza Italia. Nella speranza che non sia un incarico lampo. Serve tempo, arrivare alle regionali di domenica in Molise, ancora meglio a quelle del Friuli Venezia Giulia del 29. Salvini tornerà a Isernia giovedì e ha chiesto a tutti i suoi parlamentari di trasferirsi e far campagna a tappeto negli ultimi tre giorni. Mobilitazione per sconfiggere il candidato 5stelle e ridimensionare Di Maio e le sue pretese.

Il forno chiuso di Luigi Di Maio

Ma Di Maio ha un’altra carta in tasca da tirare fuori per giocarla sul tavolo della trattativa. E l’ha annunciata ieri da Lilli Gruber a Otto e 1/2 “minacciando” Salvini e Berlusconi: la politica dei due forni ha fatto il suo tempo, ho intenzione di chiuderne uno. Ovvero proprio quello della trattativa con Salvini, che non sembra avere l’intenzione di mollare Berlusconi per abbracciare un governo Lega-M5S-FdI, anche se Di Maio gli aveva promesso parità di trattamento nella contrattazione sui posti nei ministeri. «Per aspettare i suoi comodi prima del 15 maggio non avremo un governo? — chiede il candidato premier M5S ospite di Otto e mezzo —. Io non aspetto chi fa campagna elettorale sulla pelle degli italiani».

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Il sondaggio dell’Istituto Piepoli per La Stampa (14 aprile 2018)

Ma se un forno si chiude, secondo il ragionamento di Di Maio, ci si può rivolgere soltanto all’altro per comprare il pane. Il punto è che quello del Partito Democratico non si è mai aperto.  A sentire gli uomini di Salvini, tra i due la partita resterà aperta almeno formalmente ancora 48 ore. Poi il Carroccio prenderà la via dell’Aventino: «Ci prepariamo a fare opposizione a qualunque governo prenderà vita, abbiamo solo da guadagnare: io tutti i passi indietro che dovevo fare, li ho fatti» avrebbe spiegato il Capitano ai suoi dirigenti secondo Repubblica. E questo, sia nel caso in cui la crisi svoltasse clamorosamente verso un patto M5S-Pd, sia nel caso in cui il Colle invitasse tutti a un’assunzione di responsabilità.

Le probabilità di una trattativa con il PD

Dall’altra parte però il Partito Democratico trova pochi disposti a uscire allo scoperto per parlare di una possibile trattativa con il MoVimento 5 Stelle per un governo. Francesca Schianchi sulla Stampa racconta di una possibilità nata proprio al Nazareno: un esecutivo di tutti in cui tutti siano quindi costretti a prendersi responsabilità e conseguenze nelle urne, e in proporzione al risultato del 4 marzo: i dem parteciperebbero con ministri non di prima linea, per dare l’idea di una tregua temporanea, e non un impegno significativo.

Una prospettiva futura ed eventuale su cui cominciare a ragionare, anche se a Largo del Nazareno ancora non danno per esclusa la possibilità di un accordo last minute tra Salvini e Di Maio. Se non ce la facessero, però, dopo averli sfidati fino allo sfinimento in queste settimane con quel «vediamo se ne sono capaci» ripetuto da mezzo Pd, sarà cura di Renzi e dei suoi fedelissimi sottolineare in tutti i modi il fallimento.

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Lo stallo alla messicana post elettorale Credits: El Giva

Mostrare la loro incapacità e, a quel punto, solo dinanzi a una richiesta del Capo dello Stato, ragionare su un’entrata in campo. Che Renzi, in realtà, ancora una volta vorrebbe evitare, se non fosse che negli ultimi giorni gli si è aperto un problema sotto gli occhi: anche nella sua area cominciano a esserci fibrillazioni, con parlamentari che fatica a mantenere nell’alveo dell’opposizione a tutti i costi. Si sente certo di poterli trattenere dall’ipotesi di un governo politico con il M5S; ma non più tanto di mantenerli compatti sul no a un governo istituzionale.

Così si andrebbe spediti verso una soluzione che però verrà in tutti i modi osteggiata dalla Lega, a cui conviene di più rimanere all’opposizione per capitalizzare i risultati alle elezioni prossime venture, a questo punto molto vicine al 2019.

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