Il governo che doveva spezzare le reni a Bruxelles ha raggiunto l’accordo con Bruxelles

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-12-19

Ieri sera è arrivato un ok per ora informale ma che verrà ufficializzato oggi: il deficit al 2%, accompagnato dal nuovo programma di spending review e dalla revisione al ribasso del Pil, decisivo per l’accordo

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Il governo che doveva spezzare le reni a Bruxelles ha raggiunto l’accordo con Bruxelles. Ieri sera è arrivato un ok sulla manovra per ora informale ma che verrà ufficializzato oggi: il deficit al 2%, accompagnato dal nuovo programma di spending review e dalla revisione al ribasso del Pil, è stato il punto decisivo per convincere Bruxelles sulla mini-riduzione del deficit strutturale richiesta.

Manovra, il governo trova l’accordo con l’Europa

Il Sole 24 Ore spiega oggi che i 6,7 miliardi di maggiori risparmi sono prodotti per la maggior parte dai tagli ai fondi per quota 100 (2 miliardi) e reddito di cittadinanza (1,9 miliardi), a cui sul nominale si aggiungono intorno ai due miliardi di dismissioni immobiliari spinte dal piano in quattro mosse e dagli incentivi ai Comuni che aiutano nella sfida con i cambi di destinazione d’uso.

Su quest’ultimo aspetto, che avrà ripercussioni anche sul 2020 e 2021 anche se per cifre minori, si è a lungo discusso con Bruxelles nel tentativo di considerarne una componente strutturale. In termini opposti, Roma ha provato a proporre di non considerare strutturale la spesa per quota 100, che sarà in vigore per tre anni, ma il tentativo si è scontrato con il non possumus di Bruxelles.

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La Manovra del Popolo e della UE (La Repubblica, 19 dicembre 2018)

Una volta effettuati i tagli, rimanevano circa tre decimali di Pil per raggiungere un obiettivo potabile a Bruxelles, e la mossa decisiva è arrivata dalla revisione al ribasso delle prospettive di crescita. Con un aumento del Pil più basso del previsto di circa sei decimali, si riduce di due decimali la correzione richiesta. Il resto, circa 1,8 miliardi, arriva da un nuovo pacchetto di tagli di spesa ai ministeri.

Repubblica fa invece sapere che su richiesta degli europei (la telefonata viene definita rude), Giuseppe Conte ha dovuto promettere che avrebbe messo nero su bianco gli impegni in una lettera a doppia firma con Tria. Ultima trattativa sponsorizzata ancora da Juncker, tenuto informato degli sviluppi mentre era in visita a Vienna, pensata per placare i rigoristi tra i suoi commissari e nelle capitali. Per tutelarsi di fronte a eventuali ripensamenti gialloverdi, la Commissione ha comunque preparato tutti i documenti per lanciare, già oggi, la procedura sul debito italiano che nell’ultima bozza sul tavolo Ue durerà almeno 6 o 7 anni.

Tanto rumore per il 2,04% di Deficit/PIL

A convincere la commissione quindi è stato l’avvio ritardato di reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni, la rimodulazione di un numero cospicuo di agevolazioni fiscali, le privatizzazioni immobiliari, in aggiunta a quelle già promesse e l’avvio della tassazione sulle transazioni elettroniche. Questo è il motivo per cui le ripetute grida d’aiuto arrivate per rimandare l’avvio della fatturazione elettronica non sono state ascoltate né dai leghisti né dal governo del cambiamento.  E poi c’è la tassa sulle transazioni elettroniche. La webtax, già prevista, rimaneggiata, e più volte rinviata dovrebbe scattare dal primo gennaio del 2019, con un gettito superiore ai 200 milioni stimati per la versione originaria della nuova imposta.

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Come il governo del cambiamento ha cambiato la Manovra del Popolo (Corriere della Sera, 19 dicembre 2018)

Cedere sulla crescita programmata dovrebbe avere un sapore di sconfitta in particolare per Giovanni Tria, che sulle previsioni (sballate) di crescita aveva litigato con tutte le istituzioni italiane che nelle audizioni in Parlamento sostenevano che quel numero fosse sovrastimato. Alla fine lo ha dovuto accettare anche il ministro dell’Economia, che ancora non ci ha spiegato cosa avesse di scientificamente sbagliato la tabella dell’INPS sul Decreto Dignità ma in compenso ha dovuto sostenere in questi mesi talmente tante parti in commedia (dal duro e puro contro Bruxelles all’amico di Bruxelles contro i duri e puri di Roma) che alla fine smentirsi è stato il minimo sindacale. Rimangono molti problemi: se adesso le dismissioni immobiliari sono pari a 20 miliardi di euro, significa che l’obiettivo da raggiungere è ancora più lunare. Rimodulare le tax expeditures significa, a rigor di logica, aumentare le tasse e questo sarà difficile con un paese che si avvia verso la recessione.

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