Lucia Borgonzoni è fatta così: pur di denunciare la “schedatura” dei bambini mette a rischio la loro privacy

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-10-17

Nel comune di Pianoro c’è una sala cui possono accedere solo i consiglieri comunali. In quella stanza prima aveva sede un progetto di ascolto dedicato alle famiglie e ai docenti delle scuole. La Lega ha “scoperto” che in un armadio ci sono appunti presi duranti i colloqui e nell’ansia di denunciare il “sistema Bibbiano” li pubblica su Facebook

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Ultimamente è sempre più difficile parlare di Bibbiano. E così la senatrice Lucia Borgonzoni, che è candidata per la Lega alla Presidenza della Regione Emilia-Romagna, prova a tenere alta l’attenzione sul sistema Bibbiano. Un sistema che, ha spiegato, secondo lei non è limitato alla Val D’Enza ma che è diffuso anche altrove. Ed è quindi alla ricerca di prove di questo sistema che il consigliere comunale della Lega a Pianoro Luca Vecchiettini ha aperto un armadio dove c’era scritto “progetto Patchwork” e ha fatto una scoperta inquietante: «centinaia di bambini ‘schedati’ con informazioni sensibili su situazione familiare, disagi, osservazioni sulla loro psicologia e sul comportamento».

La Lega e i “faldoni” del Progetto Patchwork di Pianoro

A scriverlo su Facebook è la stessa senatrice Borgonzoni che in un post dettaglia quanto trovato da Vecchiettini spiegando come e dove è avvenuto il ritrovamento dei documenti sensibili. I faldoni si trovavano in un armadio senza chiave all’interno di una stanza messa a disposizione dei gruppi politici del Comune di Pianoro. Secondo la Borgonzoni quei dati sono “potenzialmente accessibili a chiunque”. In realtà la stanza è appunto accessibile ai consiglieri comunali. Una stanza che è chiusa a chiave, come spiega al Corriere di Bologna il sindaco Franca Filippini: «stiamo parlando di una stanza che non è aperta al pubblico, ma solo ai gruppi consiliari, che hanno una copia della chiave».

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Quello che la Borgonzoni definisce “profilazione”, “schedatura” o “raccolta di informazioni” su minori e famiglie sono in realtà le restituzioni e le relazioni degli psicologi del Progetto Patchwork che fino a settembre utilizzava proprio la stanza in uso ai gruppi consiliari. Si tratta di un progetto di assistenza alla genitorialità e di ascolto con psicologi sostenuto dal Comune di Pianoro per aiutare genitori e insegnanti a gestire il disagio di figli e alunni.

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Non si tratta di un progetto segreto visto che ha una pagina dedicata sul sito del Comune di Pianoro dove si spiega che «nell’ambito di altre attività con le scuole legate alla prevenzione del disagio e alla promozione del benessere in età evolutiva, un team di psicologi offre consulenze ai genitori allo scopo di offrire uno spazio di riflessione e accoglienza rispetto alle problematiche relazionali incontrate nel corso dell’educazione e della crescita dei figli». Non serviva certo un’interpellanza, come quella presentata dalla Lega, per scoprirlo. Il progetto Kismet, citato dalla Borgonzoni nel post, altro non è che il servizio che interviene nella scuola secondaria e in quella primaria.

Come la Lega viola la privacy delle famiglie del Progetto Patchwork

Nel volantino dell’assessorato all’Istruzione si legge che si tratta di «uno spazio riservato a famiglie e docenti, con uno psicologo in grado di accogliere le richieste di persone che necessitano di una chiarificazione e di un sostegno su situazioni educative difficili». Il fatto che nei “faldoni” si trovino relazioni sui singoli alunni non deve quindi certo sorprendere: è perfettamente normale che durante gli interventi in classe o durante i colloqui con docenti e genitori di un particolare alunno gli psicologi che hanno in carico il servizio prendano appunti in modo da poter seguire il “caso” nel tempo. O forse la Lega pensa che siano forme di ascolto come andare a fare la confessione in chiesa?

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Quello che stupisce di più è che nel denunciare una presunta “violazione della privacy” degli alunni e dei ragazzi citati nelle relazioni del Progetto Patchwork la Lega abbia a sua volta violato il diritto alla privacy di quelle persone. Non si capisce infatti a quale titolo Vecchiettini e la Borgonzoni abbiano non solo consultato quei documenti, non solo ne abbiano riportato alcuni passaggi ma addirittura li abbiano fotografati e pubblicati su Facebook. In teoria infatti né Vecchiettini né Borgonzoni avrebbero potuto aver accesso a quelle relazioni. Ma evidentemente era più semplice fare propaganda sui minori che chiedere al sindaco di spostare l’armadio o metterci un lucchetto.

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Certo: hanno oscurato i nomi degli alunni ma l’identificazione non è impossibile perché in alcuni fogli oltre alla classe (segno quindi che è un lavoro fatto in ambito di classe, come prevede il progetto) ci sono alcuni riferimenti alle scuole. Indicativo poi che su una delle pagine Borgonzoni (o Vecchiettini) abbiano evidenziato il passaggio «hanno fatto un progetto su di lui a livello di servizi». Una frase tutto sommato neutra ma che visto il clima di paura che la Lega ha creato sugli operatori dei servizi sociali dei comuni di tutta Italia sembra quasi una pistola fumante che prova l’esistenza di un “sistema”. Ma l’unico sistema di cui è dimostrata l’esistenza è la rete dei servizi sociali, che esiste per legge. Fino a quando la Lega continuerà ad attaccare chi aiuta le famiglie e i ragazzi per prendere qualche voto? Quand’è che Borgonzoni e i leghisti dell’Emilia-Romagna smetteranno con questa caccia alle streghe?

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