I rapporti tra Luca Parnasi e Matteo Salvini

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-06-13

Il ministro dell’Interno: “Chi stava lavorando allo stadio della Roma lo conosco personalmente come una persona perbene, ora è nelle patrie galere”. Di chi sta parlando?

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“Chi stava lavorando allo stadio della Roma lo conosco personalmente come una persona perbene, ora è nelle patrie galere. Spero possa dimostrare la sua innocenza. C’è complicazione nel settore pubblico: il codice degli appalti, la legge contro il caporalato, il proliferare di leggi, codici e burocrazia aiuta chi vuole fregare il prossimo”: il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, all’assemblea di Confesercenti, parla dell’inchiesta romana che ha portato in carcere politici e imprenditori per lo Stadio della Roma a Tor di Valle. A chi si riferisce Salvini?

I rapporti tra Luca Parnasi e Matteo Salvini

L’unico in galera per lo Stadio della Roma a Tor di Valle – a Luca Lanzalone, Michele Civita e Adriano Palozzi sono stati concessi i domiciliari – è Luca Parnasi, finito in carcere insieme a cinque suoi collaboratori. Il nome di Parnasi, figlio d’arte (il padre Sergio, stagnaro comunista, si buttò nell’edilizia subito dopo la guerra), ricorre spesso in articoli in cui si parla di Matteo Salvini e della Lega. Il 3 aprile l’Espresso, che conduce un’inchiesta da tempo sulla questione dei soldi in Lussemburgo, scriveva:

Per chiarire meglio il ruolo dell’associazione Più Voci è necessario tornare tra la metà del dicembre 2015 e i primi mesi del 2016, quando sul conto della onlus piovono due bonifici per un totale di 250 mila euro. La causale è la classica usata per i contributi ai partiti: “erogazione liberale”. I versamenti sono stati disposti dalla Immobiliare Pentapigna srl. Un nome che ai più non rivela molto. Scavando sulla proprietà si arriva a uno dei più noti costruttori della Capitale: Luca Parnasi, titolare del 100 per cento delle azioni dell’immobiliare. Già, proprio l’uomo che dovrebbe costruire il nuovo stadio della Roma, erede di una dinastia di palazzinari (lui preferisce il termine “sviluppatore di progetti”) che con il potere ha sempre flirtato.

La storia è piuttosto intricata e parte dall’associazione Più Voci, attiva dal 2015: a tenerne le redini sono tre commercialisti lombardi che Salvini ha voluto al suo fianco nel nuovo partito: Giulio Centemero, tesoriere, assistito dai colleghi Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni. L’Espresso scrive che l’associazione sembra una rivisitazione in salsa padana della fondazione renziana Big Bang. Con la differenza che la onlus sovranista non ha nemmeno un sito internet, figuriamoci una lista pubblica dei finanziatori.

Gli affari di Parnasi a Roma

Il nome di Parnasi ricorre anche nell’articolo pubblicato la settimana scorsa sempre da L’Espresso, per il quale Matteo Salvini ha annunciato una querela, che parte sempre dalla Più Voci:

Un’associazione importante per capire come il leader della Lega ha riorganizzato le finanze del partito dopo gli scandali della gestione Umberto Bossi e del tesoriere Francesco Belsito, le condanne per truffa, i sequestri milionari. In meno di un anno, dall’ottobre del 2015 all’agosto del 2016, sul conto corrente della “Più Voci” sono arrivati bonifici per un totale di 313.900 euro.

Denaro versato principalmente da Esselunga e dall’immobiliarista romano Luca Parnasi. Soldi che “l’organizzazione culturale” ha girato subito dopo a due società molto vicine alla Lega: Radio Padania e Mc srl, l’impresa che edita il quotidiano online Il Populista.

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Oggi è arrivato l’arresto di Parnasi e la reprimenda di Salvini sulle complicazioni del settore pubblico che favoriscono la corruzione. E nell’ordinanza si parla proprio dell’associazione “Più Voci”: in una conversazione intercettata al telefono, Parnasi dice: “Questa è un’Associazione – si legge nell’ordinanza del gip – che ha valorizzato non solo la Lega ma ha valorizzato Stefano Parisi, tutto il Centrodestra a Milano ed è stato anche un veicolo con cui io mi sono accreditato in maniera importante, ho organizzato cene e contro cene, ho portato imprenditori, ho fatto quello che, tu mi insegni, un ragazzo di 38 anni all’epoca doveva fare per crescere a Milano”. A quel punto l’interlocutore al telefono chiede a Parnasi se il finanziamento era per Salvini. Parnasi risponde: “No, è una cosa fatta all’epoca quando io volevo creare un sistema di imprenditori, appaltatori, ecc. che hanno organizzato cene per conoscere… le ho fatte con Stefano Parisi, le ho fatte con Meloni…”. Parlando dell’associazione, Parnasi dice che si tratta di “un comitato di promotori, professionisti di Milano, gente non legata a Salvini”.

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