Giorgia Meloni e l’Europa cattiva delle zucchine di mare che deve aiutarci con Ilva

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-11-13

La giravolta del sovranismo alle vongole (anzi, alle zucchine di mare): la cattiFa Cermania deve aiutarci perché le auto tedesche sono fatte con l’acciaio italiano. Ma è vero?

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Sovranisti, sì, ma l’Europa deve aiutarci con ILVA. Giorgia Meloni, dopo aver blastato l’Unione Europea sulle zucchine di mare, ieri da Lilli Gruber se ne è uscita con una interessante teoria economica che contraddice il principio del sovranismo – che presuppone, se vuoi sovranità, che i problemi tu sia capace di risolverteli da soli – su ILVA ma in compenso fa scendere in campo la cattiFa Cermania che tremare il mondo fa. La teoria di Meloni è interessante perché tende a riscrivere i principi dell’economia. Sostiene infatti Giorgia: “Io credo che il governo abbia fatto un errore a non coinvolgere l’Unione Europea. (…) Ci sono una serie infinita di nazioni che hanno, grazie alla produzione di Taranto, acciaio di qualità a prezzi competitivi, la prima è l’industria dell’automobile tedesca… Lei pensa che se ponessimo la questione all’Europa alla Germania non potrebbe convenire aiutare la produzione di ILVA? Se l’Europa non serve su queste cose non serve a niente!”.

Ora, attenzione. Tutti i politici italiani sostengono di aver capito che quello dello scudo penale per ArcelorMittal è soltanto un alibi, cosa che da queste parti si era già intuita. Il problema, dicono tutti, è un altro. E qual è il problema? Il problema, spiegato all’epoca in cui uscì la notizia dei cinquemila esuberi, è che l’eccesso di produzione di acciaio in Europa sta portando Arcelor Mittal a prevedere un dimezzamento degli obiettivi produttivi a Taranto: da 8 milioni a circa 4 milioni. Ma in tutto il mondo c’è un eccesso di offerta: circa 550 milioni di tonnellate. Con una riduzione drastica dell’attività appare inevitabile un taglio anche della forza lavoro: sono previsti dai 4 mila ai 5 mila esuberi. Lavoce.info qualche giorno fa ha spiegato qual è il problema:

Nel primo bilancio diffuso dalla filiale italiana si può leggere, a pagina 26 della nota integrativa, che “la domanda di acciaio nella Ue è debole in tutti i principali settori, in particolare il settore automobilistico registra un calo del 10 per cento. Nonostante ciò, le importazioni di acciaio in Europa continuano a crescere soprattutto a causa della sovracapacità produttiva globale e delle misure protezionistiche degli Stati Uniti che hanno dirottato i flussi commerciali verso l’Europa. In particolare, le importazioni dei laminati a caldo nella Ue sono aumentate del 37 per cento dal 2017 e del 16 per cento rispetto all’anno scorso e risultano ancora in crescita. In Italia, le importazioni dalla Turchia di tale prodotto sono aumentate del 49 per cento dal 2018”.

Come se non bastassero la contrazione della domanda, le pressioni competitive delle importazioni e il rialzo dei prezzi delle materie prime, in poco più di un anno il costo delle quote Ue sulle emissioni di CO2 è cresciuto del 230 per cento, imponendo a carico dei soli produttori europei un onere ulteriore di 45 euro per tonnellata.

La situazione del mercato quindi oggi è questa: c’è una sovrapproduzione, ci sono i dazi di Trump e quindi il prezzo quindi scende. Chi ne ha bisogno lo compra a sconto. Perché l’industria automobilistica tedesca dovrebbe comprare il nostro acciaio a un prezzo maggiore quando
a) di acciaio ce n’è troppo e il prezzo cala;
b) la Germania è il primo produttore di acciaio in Europa? 

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Oppure, per metterla in una maniera più comprensibile alla Meloni, che ne direbbe lei se l’Europa ci proponesse di comprare pasta tedesca a prezzi maggiorati? Si arrabbierebbe, vero, perché per le zucchine di mare si è arrabbiata, o no? Se fosse una vera sovranista, Giorgia proporrebbe i dazi in tutta Europa (la soluzione sarebbe sbagliata, ma almeno coerente). Invece siccome è una sovranista alle zucchine di mare, se ne esce con queste cose qui. Sic transit gloria mundi.

Leggi anche: Le fregnacce di Giorgia Meloni sui citofoni pubblici delle case popolari

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