Giorgia Meloni, il Fatto e lo schioppo per sparare su Fratelli d’Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-09

La Meloni chiede a Marco Travaglio: “E’ normale che su un quotidiano nazionale si scriva di fatto che bisognerebbe sparare sugli esponenti di Fratelli d’Italia, che bisognerebbe fare con loro quello che si è fatto 75 anni fa, magari appendendo la Meloni a testa in giù a piazzale Loreto. Questa è istigazione all’odio e alla violenza. Se ci accade qualcosa chi se ne assume la responsabilità?”

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Da ieri Fratelli d’Italia sta protestando per un articolo comparso sul Fatto Quotidiano in cui, secondo Giorgia Meloni che ha registrato anche un video apposito, si inciterebbe a “sparare” su Fratelli d’Italia e ad appenderla a testa in giù come Mussolini. “L’articolo tenta di dimostrare la bizzarra tesi secondo la quale Fratelli d’Italia sarebbe nostalgica del regime fascista. Mi colpiscono due frasi: la prima dice che noi cerchiamo di allontanare questi sospetti ma è inutile perché tre indizi fanno una prova e dopo 100 indizi dovrebbe intervenire i partigiani con lo schioppo. La seconda dice che la retorica fascista è l’acqua in cui nuota Fratelli d’Italia e non si è mai visto un pesce che si svuota l’acquario da solo e quindi bisogna aiutarlo come 75 anni fa”. Poi Meloni dice: “Voglio chiedere a Marco Travaglio se consideri normale che su un quotidiano nazionale si scriva di fatto che bisognerebbe sparare sugli esponenti di Fratelli d’Italia, che bisognerebbe fare con loro quello che si è fatto 75 anni fa, magari appendendo la Meloni a testa in giù a piazzale Loreto. Questa è istigazione all’odio e alla violenza. Se ci accade qualcosa chi se ne assume la responsabilità?”.

giorgia meloni fatto schioppo partigiani

L’articolo in questione è quello che si trova a pagina 8 dell’edizione di ieri del Fatto Quotidiano ed è firmato da Alessandro Robecchi per la rubrica Piovono Pietre. Questa è una delle due frasi “incriminate”:

Insomma, per dirla con la lingua loro, otto milioni di piroette per allontanare da sé i sospetti di fascismo, preoccupazione un po’ inutile visto che tre indizi fanno una prova, dieci indizi fanno una certezza e dopo cento indizi dovrebbero intervenire i partigiani del Cln con lo schioppo.

E questa è l’altra:

Fa bene Gad Lerner (su questo giornale) a chiedere alla sora Meloni di dissociarsi una volta per tutte dalla retorica fascista dei suoi eletti e dei suoi militanti, ma dubito che succederà: quella retorica, un po’grottesca e molto ignorante, risibile e feroce, è l’acqua in cui nuota Fratelli d’Italia, gli slogan fascisti e i vestiti da gerarchi sono il plancton di cui si nutre, e non si è mai visto un pesce svuotarsi l’acquario da solo. Bisognerebbe aiutarlo come l’altra volta, settantantacinque anni fa.

Quello che Meloni, forse per ragioni di sintesi, omette di segnalare sono le notizie di cronaca a cui si riferisce Robecchi. La prima è quella di Gabrio Vaccarin, consigliere di Nimis eletto con l’appoggio di Fratelli d’Italia ma non iscritto al partito fotografato in divisa da nazista “per Carnevale 2010”, come dice lui anche se il telefono cellulare appoggiato sul tavolo farebbe pensare a uno scatto più recente.

La seconda è raccontata dallo stesso Robecchi nell’articolo:

Meno scalpore, per distrazione dei media, ha fatto il manifesto elettorale di tal Gimmi Cangiano, candidato in Campania per la sora Meloni, che non solo ha messo lo slogan “Me ne frego” sui suoi cartelloni elettorali, ma ci ha pure scritto sotto: “La più alta espressione di libertà”. Non fa una piega, quanto a espressione di libertà. Certo, poteva scegliere altri slogan, per esempio “Cago sul marciapiede”, che anche quella, ammetterete, è un’alta espressione di libertà, come anche “Taglio le  gomme alle macchine in sosta”, o “Butto in mare l’olio esausto della mia fabbrichetta”, che sottolinea l’insofferenza del cittadino martoriato dalla burocrazia e dalle costrizioni della legge.

La terza circostanza ricordata da Robecchi è la scelta come candidato presidente in Regione Marche del deputato Francesco Acquaroli, che aveva partecipato alla cena in onore del Duce ad Acquasanta Terme cui hanno preso parte (ma sono solo passati “a salutare”) due esponenti di Fratelli d’Italia: il sindaco di Ascoli Piceno Marco Fioravanti e, appunto, proprio l’allora “semplice” deputato marchigiano Francesco Acquaroli. La cena è stata organizzata il giorno dell’anniversario della marcia su Roma. Sulle tavole c’erano menù con fasci littori e foto del Duce ed altri riferimenti al fascismo accostati a quello del partito di Giorgia Meloni.

francesco acquaroli cena fascista acquasanta terme

In più Giorgia Meloni nel video sostiene di essere una democratica perché da tempo chiede le elezioni: “Gli italiani conoscono le nostre battaglie, sanno che siamo noi ogni giorno a batterci per avere libere elezioni e per chiedere il rispetto della Costituzione italiana”. Ora, la Meloni dovrebbe aver notato che le libere elezioni ci sono state in Italia nel 2018 e che “il rispetto della Costituzione italiana” (cit.) prevede che si voti ogni cinque anni a meno di scioglimento anticipato delle Camere che si effettua quando un governo non ha più la maggioranza in entrambi i rami del parlamento e che è deciso dal presidente della Repubblica. Dire che si dimostra di essere dei sinceri democratici chiedendo le elezioni è come dire che si dimostra di essere sinceri alfieri della Costituzione antifascista candidando gente che organizza cene “nostalgiche” con fasci littori e immagini di Mascellon de’ Mascelloni nei luoghi di un eccidio nazista nei confronti della popolazione italiana (ops!). Qualcuno potrebbe pensare che l’ossessiva richiesta di elezioni a due anni dall’ultimo voto potrebbe essere invece dettato dalla circostanza che Fratelli d’Italia viene accreditato dai sondaggi del quadruplo dei voti rispetto a 24 mesi fa e che sia quindi questo, e non l’interesse per la democrazia, a spingere Meloni & FdI a chiedere il voto. Ma in questo, direbbe Meloni, non c’è nulla di fascista. No, c’è solo quella furbizia che da secoli caratterizza la politica italiana.

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