Gaudete et exultate! I sacchetti bio si potranno portare da casa

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-04-04

Il consumatore può “utilizzare sacchetti in plastica autonomamente reperiti” per comprare frutta e verdura nei supermercati, anziché acquistare quello commercializzato nel punto vendita, purché “idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge”. E l’esercizio commerciale non può “vietare tale facoltà”. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con un parere sulla …

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Il consumatore può “utilizzare sacchetti in plastica autonomamente reperiti” per comprare frutta e verdura nei supermercati, anziché acquistare quello commercializzato nel punto vendita, purché “idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge”. E l’esercizio commerciale non può “vietare tale facoltà”. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con un parere sulla questione dei sacchetti bio nei supermarket come era stato anticipato il 4 gennaio scorso dal ministero della Salute. Si chiude così una vicenda che era cominciata nel novembre scorso e poi era ufficialmente scoppiata all’inizio dell’anno, quando i social network si erano riempiti di surreali proteste per l’applicazione di una direttiva europea e per le accuse di conflitto d’interessa a Novamont.

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Il ministero della Salute aveva chiesto alla Commissione speciale di Palazzo Spada di chiarire alcuni punti della normativa vigente finalizzata alla riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Il legislatore, hanno osservato i giudici amministrativi, “ha elevato le borse in plastica ultraleggere utilizzate per la frutta e verdura all’interno degli esercizi commerciali a prodotto che ‘deve’ essere compravenduto. In questa ottica, la borsa, per legge, è un bene avente un valore autonomo ed indipendente da quello della merce che e’ destinata a contenere”. Partendo da tale assunto, “l’utilizzo e la circolazione delle borse in questione, in quanto beni autonomamente commerciabili, non possono essere sottratti alla logica del mercato” si spiega nel parere, e “non sembra consentito escludere la facoltà del loro acquisto all’esterno dell’esercizio commerciale nel quale saranno poi utilizzate, in quanto, per l’appunto, considerate di per sé un prodotto autonomamente acquistabile, avente un valore indipendente da quello delle merci che sono destinate a contenere”.

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È dunque “coerente” con lo strumento scelto dal legislatore, sottolinea il Consiglio di Stato, “la possibilita’ per i consumatori di utilizzare sacchetti dagli stessi reperiti al di fuori degli esercizi commerciali nei quali sono destinati ad essere utilizzati”: a tale conclusione si giunge anche ponendo l’attenzione sul fatto che la “necessaria onerosità della busta in plastica, quanto meno indirettamente, vuole anche incentivare l’utilizzo di materiali alternativi alla plastica, meno inquinanti, quale in primo luogo la carta“. Ne deriva, secondo Palazzo Spada, “che deve certamente ammettersi la possibilita’ di utilizzare, in luogo delle borse ultraleggere messe a disposizione, a pagamento, nell’esercizio commerciale, contenitori alternativi alle buste in plastica, comunque idonei a contenere alimenti quale frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore; non potendosi inoltre escludere, alla luce della normativa vigente, che per talune tipologie di prodotto uno specifico contenitore non sia neppure necessario”.

Leggi sull’argomento: Catia Bastioli, Novamont e i sacchetti ortofrutta a pagamento

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