Sacchetti ecologici: addio alle buste di plastica per la frutta

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-11-22

Dal 1 gennaio 2018 non si potranno più usare i sacchetti di plastica monouso utilizzati per pesare frutta e verdura. Al loro posto arrivano i sacchetti biodegradabili al 40% che per legge dovranno essere fatti pagare al consumatore. Ma non sarà però possibile portarsi le buste da casa

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Sui banchi del reparto ortofrutta è in arrivo una nuova rivoluzione: dal primo gennaio le buste di plastica che utilizziamo per pesare la frutta e la verdura diventeranno illegali. In maniera simile a quanto accaduto nel 2011, quando le buste della spesa in plastica vennero sostituite da quelle in materiale biodegradabile è il momento dell’addio anche per quelle per frutta e verdura. L’obiettivo è quello – giusto e doveroso – di ridurre il consumo di materiali inquinanti e di favorire la diffusione di una maggiore coscienza ecologica. Ma c’è qualche problema.

Quanto costeranno i nuovi sacchetti ecologici per la frutta e la verdura?

Scompariranno quindi i sacchettini di plastica sottile e al loro posto arriveranno shopper in materiale biodegradabile. Il decreto legge che ha bandito le normali buste di plastica stabilisce che dovranno essere compostabili e biodegradabili almeno al 40%. Non completamente biodegradabili,quindi anche se la legge prevede che la percentuale di materiale biodegradabile dovrà essere del 50% nel 2020 e del 60% nel 2021. Ma c’è di più: perché le nuove buste saranno a pagamento.
buste spesa frutta e verdura gennaio 2018 sacchetti ecologici - 2
Il prezzo non si sa ancora ma si parla di un costo tra i 2 e i 10 centesimi a sacchetto che verrà scaricato sul consumatore e c’è già chi la definisce una nuova “tassa sulla spesa”. Questo perché una parte del ricavato andrà al negozio mentre una parte allo Stato, sotto forma di Iva e di imposta sul reddito. Secondo il presidente di Assobioplastiche Marco Versari però è difficile che le bustine per la frutta e la verdura verranno a costare più di 2-5 centesimi per un “aumento” complessivo della spesa di al massimo 10 o 20 centesimi.

Cosa prevede la legge e cosa può fare il consumatore?

A prescriverlo è l’articolo 9-bis della legge di conversione n. 123 del 3 agosto 2017 (il Decreto Legge Mezzogiorno) che stabilisce che «le borse di plastica non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite». Per i trasgressori, ovvero per gli esercizi commerciali che non applicheranno la nuova norma, sono previste multe che vanno da 2.500 a 25.000 euro. Ma le sanzioni possono arrivare anche fino a 100.000 euro in caso di “ingenti quantitativi” di buste fuorilegge. Le nuove disposizioni di legge vanno a recepire la direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo che a sua volta aveva modificato la direttiva 94/62/CE.

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Fonte: Repubblica del 22/11/2017

È chiaro che il fatto che le buste non possano essere distribuite gratuitamente ha lo scopo di scoraggiare l’utilizzo di buste “usa e getta”. Per le normali buste della spesa il meccanismo ha funzionato, e infatti molti consumatori ora vanno a fare la spesa portandosi i sacchetti della spesa (in tela o in materiali riciclati) direttamente da casa. Il problema è che sostituire i sacchettini leggeri dell’ortofrutta (ma anche quelli del banco del pesce) con buste non usa è getta è più complicato. Anche perché il Ministero dell’Ambiente ha già fatto sapere che “per motivi d’igiene” non si potranno portare le buste da casa. Le nuove buste quindi saranno quindi monouso come quelle che vanno a sostituire. Del resto utilizzare una busta di tela per pesare la frutta e la verdura comporterebbe anche diversi problemi per quanto riguarda la taratura delle bilance. Un conto infatti è calcolare la tara sul peso standardizzato dei sacchettini un altro è cercare di contemplare tutte le possibili opzioni alternative e fai da te dei consumatori. Nell’immediato quindi non sembrano esserci soluzioni: l’ipotesi di mettere un addetto a pesare la frutta (o di pesarla alla cassa come avviene in certi piccoli negozi) è difficilmente praticabile per la grande distribuzione. E sono ancora pochissimi i punti vendita “senza imballaggi”, ovvero che vendono merce sfusa e hanno eliminato completamente ogni forma di imballaggio. Ma è evidente che la direzione da prendere è quella, solo che per la GDO ci vorrà più tempo per arrivare al “no-packaging“, e ci vorrà tempo anche per far digerire l’idea agli acquirenti. Nel frattempo i consumatori saranno costretti a pagare qualcosa di più per avere la coscienza un po’ più pulita.
 
Foto copertina via Pixabay

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