I focolai COVID-19 in Italia arrivano dall’estero (e ci sono pochi controlli) 

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-07-04

Il caso del manager della Laserjet contagiato in Serbia. Quello dei cittadini del Bangladesh di ritorno a Roma dal paese natale. E il contagio a Trento partito da un cittadino kosovaro rientrato il 14 giugno. Tre casi (ma ce ne sono altri) che pongono interrogativi sui controlli negli aeroporti e nelle stazioni

article-post

Il caso del manager della Laserjet contagiato in Serbia. Quello dei cittadini del Bangladesh di ritorno a Roma dal paese natale. E il contagio a Trento partito da un cittadino kosovaro rientrato il 14 giugno. Tre casi (ma ce ne sono altri) che dicono che i focolai di Coronavirus SARS-COV-2 arrivano attualmente dall’estero e che pongono interrogativi sui controlli negli aeroporti e nelle stazioni.

Coronavirus: i focolai arrivano dall’estero

Il Messaggero conta oggi un centinaio di positivi arrivati dall’estero mentre in Cina e in Thailandia, ogni volta che emergono nuovi positivi specificano se sono arrivati da oltre confine: la grande paura è che il  contagio riprenda a causa di persone infette giunte da altre nazioni. Lo stesso, ad esempio, è successo in Nuova Zelanda, che era divenuta “Paese Covid free”. Di questi cento, trenta sono attualmente nel Lazio. L’assessore regionale alla sanità Alessio D’Amato ha deciso di effettuare da lunedì tamponi a tappeto ai componenti della comunità e ha chiesto ad Aeroporti di Roma controlli più stringenti per chi arriva dal Bangladesh. Questo perché si è evidenziato un aumento nella capitale di casi di contagio al Covid-19 ‘importati’ dal Bangladesh, circa una decina negli ultimi giorni: al dipendente di un ristorante di Fiumicino contagiato, per cui è stata disposta la chiusura di due locali, si sono aggiunte varie persone di rientro dal Paese risultate positive.

indice di contagio rt
L’indice di contagio nelle regioni italiane (La Stampa, 4 luglio 2020)

“È stato contattato l’Amministratore delegato di Aeroporti di Roma per rappresentare l’esigenza di stringere i controlli sulle provenienze dal Bangladesh – ha detto D’Amato che ha anche sottolineato – È necessario garantire la quarantena per chi proviene dal Bangladesh”. La Regione invita la comunità bengalese a recarsi al drive dedicato eseguire i tamponi. Ai casi di positività registrati nella comunità del Bangladesh nei giorni scorsi oggi si registrano due casi su un totale di 7 nuovi positivi a Roma (per un totale di 11 nel Lazio): si tratta di un uomo rientrato dal Bangladesh, per il quale è stato attivato il contact tracing internazionale, e di un paziente al Policlinico Umberto I di origine bengalese. Anche a Cesena si è sviluppato un focolaio a partire da un positivo del Bangladesh.

Intanto prosegue l’indagine epidemiologica sui due fratellini di origine romena risultati positivi e che ha portato alla chiusura di un centro estivo e di un ristorante sulla Casilina dove a fine giugno avevano partecipato a una cena scolastica. I tamponi effettuati ai genitori sono entrambi negativi. Si stanno effettuando i test a tutti i contatti del centro estivo e ai partecipanti della cena. Proseguono anche i test di sieroprevalenza a tutti gli operatori sanitari e le forze dell’ordine. Ad oggi sono stati effettuati quasi 168 mila test e di questi 75 mila agli operatori sanitari e 34 mila agli operatori delle forze dell’ordine. Inoltre sono stati testati circa 1.200 farmacisti, 2.500 donatori di sangue e oltre 34 mila cittadini presso laboratori privati. Il tasso di circolazione è stabile al 2,3%. Il 6 luglio inizieranno i prelievi dei test sierologici per oltre 79mila operatori del commercio iscritti a Sanimpresa. Per quanto riguarda l’IRCCS San Raffaele Pisana la struttura è stata completamente svuotata dei pazienti per procedere alla sanificazione degli ambienti.

I casi di COVID-19 importati in Italia

La storia di Pojana Maggiore in provincia di Vicenza invece parte dalla Serbia:

Il manager lavora per la Laserjet srl di Pojana Maggiore, sempre nel Vicentino, azienda di carpenteria meccanica con 170 dipendenti. Secondo quanto ricostruito dall’ufficio sanitario regionale il gruppo in trasferta sarebbe entrato in contatto con un anziano del posto positivo al Covid. Fin da subito gli uffici sanitari si sono messi all’opera per ricostruire la lista dei contatti. Un lungo elenco di nomi a cavallo delle province di Padova, Verona e Vicenza. Con  e tre aziende sanitarie locali che si preparano al peggio, cioè ad una nuova escalation come quella di febbraio, marzo e aprile.

Quando il professionista si è rivolto all’ospedale di Vicenza la situazione è apparsa simile a quella dei malati più gravi durante i mesi dell’emergenza. È scattata quindi, a cura del Servizio di igiene pubblica, l’indagine sui contatti avuti e subito sono emersi tre casi positivi, almeno uno dei quali all’interno della Laserjet di Pojana Maggiore. In seguito alla prima tornata di controlli, sono state individuate altre trenta persone potenzialmente a rischio (gran parte delle quali dipendenti dell’industria di Pojana) e successivamente anche tutti gli altri.

laserjet pojana maggiore

“Quel signore, dopo aver rifiutato il ricovero viene ricoverato l’1 luglio dopo tanta insistenza. Ora è in rianimazione. Ci ha dato una lista di contatti dal 23 al 30 giugno, vuol dire che anche con il tampone positivo è andato a fare contatti stretti”, ha detto Zaia ieri in diretta Facebook. “Gli investigatori sanitari hanno ricostruito la catena. Il 30 giugno è risultato positivo asintomatico un collega che era in auto con lui. L’1 luglio si è presentato un terzo compagno di viaggio, positivo. Il 3 luglio l’Usl di Verona segnala la positività di un quarto componente del gruppo. Infine, una donna che ha avuto contatti con il “paziente zero” del focolaio. “Questo primo signore è stato in contatto con 37 persone, tra cui cinque bambini. Meglio non continui a leggere, se no m’incazzo davvero…”, ha concluso Zaia. Infine, c’è il Trentino, dove l’Azienda provinciale per i servizi sanitari ha identificato un focolaio con otto persone positive. Il caso è stato raccontato oggi dal Messaggero:

Il direttore del Dipartimento di prevenzione  Antonio Ferro: «Il contagio è partito da un cittadino kosovaro rientrato in Trentino il 14 giugno. L’uomo non ha rispettato l’obbligo di notifica all’ente sanitario locale del suo rientro in Italia. E non ha effettuato l’isolamento domestico obbligatorio per le persone provenienti dai Paesi extra Unione europea. Nei primi giorni della permanenza in Italia, ha inoltre preso parte ad una festa della comunità kosovara di Predazzo». Chiaro? Non solo non ha rispettato l’obbligo di quarantena, ma ha anche partecipato a una festa. Il 24 giugno però è andato in pronto soccorso, è risultato positivo insieme a due persone che abitano con lui. Per il mancato rispetto delle disposizioni contro il contagio, l’uomo è stato segnalato all’autorità giudiziaria. A Mondragone, in Campania, c’è stato un brutto focolaio e anche lì si è parlato di cittadini rientrati dalla Bulgaria.

Leggi anche: Il focolaio di Vicenza: la storia del manager della Laserjet di Pojana Maggiore

Potrebbe interessarti anche