Politica

Di Maio: quello che prometteva il doppio mandato ora promette che non si ricandida

neXtQuotidiano 28/02/2019

L’intervista di Di Maio a Repubblica con tanto di promessa sulla ricandidatura (come quella sul doppio mandato, ricordate?)

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Ieri è circolato molto un tweet in cui Luigi Di Maio diceva che qualunque ipotesi di cambiare il doppio mandato era una bufala: risale al 31 dicembre 2018, due mesi dopo Di Maio cambia il doppio mandato. La questione, oltre a dimostrare quanto valgano le parole di Di Maio e le smentite ai giornali che scrivono la verità, torna utile perché dopo che ieri aveva fatto sapere che il mandato del capo politico era rinnovabile per un totale di dieci anni, oggi fa sapere che non si ricandiderà nell’intervista rilasciata a Repubblica:

«Chiedo cosa sia più corretto: accusare me perché non abbiamo preso il 42 per cento alle Regionali sarde? O venire a chiedermi come ho fatto a prendere il 42 per cento alle politiche? Quello che non accetto è la confusione tra voto politico e amministrativo. Alle politiche io ho cambiato lo schema. Ho scelto i candidati per i collegi uninominali, la squadra di governo, i responsabili della campagna. Nei Comuni e nelle Regioni siamo fermi a un modello base che voglio cambiare perché mi sono stufato di perdere».

Aveva detto: la regola dei due mandati non cambierà mai, come l’alternarsi delle stagioni.
«E a livello nazionale mai cambierà. Ma fare il consigliere comunale o il sindaco non è un privilegio come fare il consigliere regionale o il parlamentare».

Quindi lei si ritirerà a fine legislatura?
«La politica è l’unico settore dove i contratti precari aiutano a lavorare meglio. Spronano a fare le cose in fretta. Io non mi ricandiderò e darò il mio contributo rimanendo vicino al Movimento».

La senatrice Nugnes e altri la contestano come capo e dicono che avete ceduto troppo alla Lega.
«Mi contestano due senatrici su 330 e dopo essere state rielette, non prima. Le responsabilità me le prendo sempre, ma non è possibile che si utilizzino questi appuntamenti elettorali per fare discorsi da Prima Repubblica».

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