Come il Dibba d’Abruzzo non ha evitato una sconfitta al M5S

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-02-11

Niente Effetto Dibba alle urne in Abruzzo, con il rischio concreto di fare il bis in Sardegna a breve: un partito in crisi mangiato dalla Lega

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Lui ce l’ha messa tutta: si è fatto vedere con Sara Marcozzi insieme a Luigi Di Maio per risollevare le sorti alle urne del MoVimento 5 Stelle in una tornata elettorale che lo vedeva partire favorito, come in Sardegna, visto che le elezioni politiche del 4 marzo lo vedevano primo partito in Regione e nel frattempo i grillini avevano governato il paese. Eppure Alessandro Di Battista non è bastato per vincere le elezioni in Abruzzo e il rischio è che non sia sufficiente nemmeno per la Sardegna, dove le suppletive di Cagliari hanno già dato un segnale forte al MoVimento. Alessandro Trocino sul Corriere racconta tutti i dubbi scatenati dal voto:

 Segnale pessimo, perché proprio sulla forza dialettica ed emozionale del figliol prodigo descamisado puntava il Movimento per recuperare il terreno perduto. Certo, l’Abruzzo non è l’Italia. Certo, i 5Stelle scontano la testardaggine con la quale si presentano ad elezioni locali con una sola lista e una manciata di candidati contro un esercito di rivali, muniti di amici e parenti. Certo, la Marcozzi non era una campionessa di empatia.

Ma il segnale è grave. Dove è finita la forza propulsiva della rivoluzione anticasta? Dove sono finiti quei 300mila voti presi alle Politiche (39,85 per cento), meno di un anno fa? È vero che nel 2014 si votava anche per le Europee e lì presero il 29,7% contro il 21,4 delle Regionali. Ma dimezzare i voti in dodici mesi non è uno scherzo.

Insomma, ora per i grillini è il momento dei dubbi:

Il dubbio è che il Movimento non sia «geneticamente» predisposto a governare. Che il potere, con tutto il carico di compromessi, ne stia logorando il bacino di consensi, la «purezza» ideale. Che scimmiottare la deriva sovranista della Lega,spostandosi a destra, abbia eroso quel capitale di trasversalismo che era la forza del Movimento.

Il crollo del Movimento può portare solo a due risultati: un rinnovamento della classe dirigente nazionale o un inasprimento dei toni contro l’alleato. Non a caso Pierluigi Castagnetti twitta: «O si dimette Di Maio o votano sì all’autorizzazione a procedere per Salvini».

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