Opinioni

Andrea Crisanti, il piano tamponi e la verità sui dati

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-08-31

Andrea Crisanti, docente ordinario di microbiologia all’università di Padova e responsabile del primo grande tracciamento italiano sul Coronavirus Sars-Cov-2 a Vo’ Euganeo prima di litigare con il resto della task force del Veneto e sentirsi definire “zanzarologo”, oggi sul Corriere della Sera pubblica un lungo articolo in cui spiega il senso del piano tamponi “a […]

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Andrea Crisanti, docente ordinario di microbiologia all’università di Padova e responsabile del primo grande tracciamento italiano sul Coronavirus Sars-Cov-2 a Vo’ Euganeo prima di litigare con il resto della task force del Veneto e sentirsi definire “zanzarologo”, oggi sul Corriere della Sera pubblica un lungo articolo in cui spiega il senso del piano tamponi “a tappeto” che sta preparando per conto del governo:

Ripartiamo dal numero dei casi accertati (1.492) nel giorno in cui l’Italia è entrata in lockdown e facciamo uno sforzo di memoria: i reagenti per i tamponi scarseggiavano, i test venivano eseguiti solo su persone ricoverate in ospedale che versavano in gravi condizioni e molti malati rimanevano a casa senza cure e diagnosi. Nessuna traccia allora degli asintomatici la cui presenza  e contributo alla trasmissione era negata con vigore da tutte le autorità sanitarie. Tutti ora concordano che quei numeri erano una drammatica sottostima della realtà. Prima di trarre conclusioni, basate sul confronto tra i numeri dei casi in questi giorni con quelli registrati durante i giorni più bui della pandemia, e affermare che il virus sia mutato o diventato «più buono» (anzi i dati che giungono dal resto del mondo suggeriscono che Covid-19 mantenga tutta la sua pericolosità) dobbiamo quindi cercare di ricostruire quanti erano effettivamente i casi in Italia durante le prime settimane della pandemia.

Ci aiuta in questo esercizio l’indagine sierologica condotta recentemente dall’Istat su tutto il  territorio nazionale che non ha avuto a mio avviso la risonanza mediatica e scientifica che meritava. Apprendiamo da questa analisi che i casi di Covid-19 in Italia sono stati complessivamente un milione e 482 mila, cifra ben superiore al numero di casi accertati (265 mila). Poiché circa il 70% dei casi accertati con tampone è stato registrato nel periodo che va dal 22 febbraio al 3 aprile si può, utilizzando i dati dell’Istat, calcolare che durante quei 40 giorni in Italia ci siano stati circa un milione e 40 mila casi di infezione (il 70% di un milione e 482 mila) che corrisponde a 26 mila casi al giorno.

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Nella fase attuale, consapevoli del fatto che le persone infette possano essere asintomatiche o presentare una sintomatologia lieve, si eseguono test a persone che prima sarebbero state  trascurate e quindi i dati sono molto più rappresentativi della reale trasmissione del virus. A questo punto i conti tornano. I casi di questi giorni sono circa dalle 15 alle 20 volte inferiori a quelli delle prime  settimane della pandemia calcolati tenendo conto del contributo degli asintomatici e dei casi lievi. Se moltiplichiamo i numeri di ricoverati in terapia intensiva e i morti giornalieri di questi giorni per 15 ci avviciniamo ai valori di febbraio-marzo.

Altro elemento da considerare è che gli anziani hanno adottato comportamenti molto prudenti  per evitare la trasmissione e allo stesso tempo le case di riposo sono oggetto di misure molto più rigorose. Anche l’osservazione che l’età media si sia abbassata è un fenomeno apparente non riconducibile alle caratteristiche genetiche e biologiche del virus. I risultati dell’indagine sierologica dell’Istat hanno messo infatti in evidenza come durante la fase acuta dell’epidemia circa il 70% dei casi interessasse persone sotto i 59 anni.

Proprio per questo, conclude Crisanti, che il suo piano tamponi prevede la quadruplicazione dei test:

Il grande problema nel contrastare la diffusione del virus è la elevata frequenza di soggetti asintomatici che possono inconsapevolmente trasmettere l’infezione. L’identificazione degli asintomatici è proprio la sfida che abbiamo davanti per evitare che i casi aumentino vertiginosamente fino al punto di rottura. Mi preme qui ricordare che sempre a Vo’ il virus il 27 febbraio aveva già infettato il 5% della popolazione prima di creare casi clinici sintomatici. L’identificazione sistematica degli asintomatici attraverso l’uso massiccio ma mirato di tamponi è stata la chiave del successo del Veneto. In questo momento le regioni tutte assieme possono al massimo raggiungere la capacità di effettuare circa 90 mila tamponi, picco che viene raggiunto occasionalmente e che non è sufficiente a far fronte alla domanda di test che ci sarà.

È dunque questa urgenza che mi ha indotto a presentare, su invito di alcuni membri del governo, un piano che conduca a incrementare, fino a quadruplicare su scala nazionale, la capacità di fare tamponi superando le barriere e divisioni regionali che hanno generato una insensata panoplia di iniziative e adozioni tecnologiche che sicuramente generano confusione e in alcuni casi sono controproducenti.

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