Come Di Maio sta per restituire l’immunità a ILVA

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-07-05

Il MISE lavora per circoscrivere lo scudo penale solo alle operazioni di attuazione delle prescrizioni fissate dall’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). La scadenza finale è il 2023

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Luigi Di Maio ha delle idee, ma se non vi piacciono ne ha delle altre. E così, mentre giura e spergiura in pubblico che l’immunità per ILVA ad Arcelor-Mittal andava tolta e l’azienda era d’accordo, in privato lavora per concederla di nuovo. A tappe, però.

Come Di Maio sta per restituire l’immunità a ILVA

Il Fatto Quotidiano oggi conferma che il ministero dello Sviluppo sta lavorando per il grande ritorno dell’immunità per ILVA: secondo quanto filtra, si sono iniziate a porre le basi per trattare, dopo lo scontro aperto dall’annuncio del gruppo franco-indiano che chiuderà il siderurgico tarantino il 6 settembre se non sarà ripristinato lo “scudo penale”voluto dal governo Renzi e tolto con il decreto Crescita. Con tanto di mega causa allo studio.

L’ipotesi allo studio, a quanto filtra, è quella di circoscrivere lo scudo penale solo alle operazioni di attuazione delle prescrizioni fissate dall’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). La scadenza finale è il 2023, ma ogni reparto dell’area a caldo della fabbrica ha una sua data entro cui deve essere adeguata all’Aia . L’idea è di garantire l’immunità per eseguire i lavori nei limiti definiti dal cronoprogramma. Se si sforano le tempistiche decade lo scudo,così come se si compiono operazioni fuori dal perimetro fissato dal piano ambientale.

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Dal video “sei cose che questo governo avrebbe potuto fare su Ilva e non ha fatto” dell’associazione Giustizia per Taranto [via Facebook.com]

Per dare l’idea, se l’Aia impone di mettere a norma entro il 2020 i parchi minerari, lo scudo per i vertici dell’azienda sarà valido fino a quella data. Non oltre. Insomma l’immunità verrebbe circoscritta e limitata. Tanto più che la norma originale del governo Renzi aveva un campo di applicazione assai vasto, garantendo l’azienda per le condotte non solo in materia strettamente “ambienta le ”ma anche “di tutela della salute, dell’incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro”. Difficile che si possa garantire l’immunità all’azienda in caso di incidenti che causano feriti o vittime tra i lavoratori.

Sulla norma, peraltro, pendeun ricorso per incostituzionalità avanzato a febbraio dal Gip di Taranto (la Consultasi esprimerà a ottobre).

Il grande ritorno dell’immunità per ILVA

Il Mise fino a qualche tempo fa stava semplicemente valutando la possibilità di richiedere un parere all’Avvocatura dello Stato per tranquillizzare i manager sui margini di operatività alla luce della nuova norma che comunque, ormai, passerà inalterata nel Dl crescita. Su tutto però pende l’incognita della sentenza della Corte costituzionale attesa in autunno. C’è un precedente in Francia, dove Arcelor Mittal chiuse un impianto un anno e mezzo dopo averlo comprato. Ma, spiega Marco Palombi sul Fatto, non c’è solo l’immunità a muovere i fili delle decisioni di AM:  la più grande acciaieria d’Europa attualmente perde un milione al giorno e sarà redditizia solo se potrà tornare a produrre 8-10 milioni di tonnellate l’anno contro le meno di cinque attuali (a questo proposito, risparmiare 8 milioni di stipendio con la Cig per 1.400 persone è almeno non rilevante).

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La proposta dovrebbe essere presentata dal Mise all’azienda nell’incontro in calendario il 9 luglio prossimo. Al Mise, nel frattempo, pensano comunque a un piano B. Se non dovesse andare in porto l’accordo hanno cominciato a sondare gli altri indiani che parteciparono all’asta, Jindal, ora in Italia dopo aver rilevato lo stabilimento di Piombino. In Toscana però stanno avendo non pochi problemi e l’operazione sarebbe in salita.

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