Clausole di salvaguardia: il disastro prossimo venturo per i conti delle famiglie

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-03-11

Un conto da 538 euro l’anno a famiglia. È l’effetto medio degli aumenti sui consumi se non sarà evitato il rialzo delle aliquote al 13% e al 25,2% previsto dalla legge di Bilancio 2019

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Il Sole 24 Ore calcola oggi l’impatto su una famiglia-tipo delle clausole di salvaguardia che il governo ha accettato di infilare nella Manovra del Popolo per chiudere l’accordo con Bruxelles, secondo la tecnica che ha “garantito” il successo dal 2011 in poi: prima si prevede un rincaro automatico, a copertura di spese pubbliche già decise; poi si tenta di disinnescarlo. Nella versione della legge di Bilancio, l’Iva ordinaria è destinata a salire dal 22 al 25,2% dal 2020 (e poi al 26,5% dal 2021), mentre per quella al 10% si prevede un rialzo al 13%, sempre dal 2020.

L’incremento dell’IVA dovuto alle clausole di salvaguardia, calcola il quotidiano, vale in media 538 euro, ma colpisce in modo più pesante i liberi professionisti e gli imprenditori (857 euro) e le famiglie che vivono in Lombardia e Trentino Alto Adige (658 e 654 euro, rispettivamente). La clausola fa lievitare anche l’aliquota al 10%, applicata su un vasto range di prodotti e servizi: dagli alimentari (carne, pesce, miele e dolciumi) ai lavori in casa, dal trasporto locale al tempo libero.

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L’impatto delle clausole di salvaguardia sulla famiglia-tipo (Il Sole 24 Ore, 11 marzo 2019)

Gianni Trovati spiega in un commento perché sarà molto difficile evitare che le clausole di salvaguardia scattino:

I valori messi a bilancio per 2020 e 2021, rispettivamente 23,1 e 28,8 miliardi, superano di slancio tutte le edizioni passate delle clausole. Questi aumenti, e qui arriva il secondo problema, non servono più a fingere un percorso verso il pareggio, come accaduto finora, ma a evitare che il deficit si impenni fin sopra quota 3 per cento. E il deficit, terzo problema, è già spinto in alto da una congiuntura che promette di fermare la dinamica del Pil 2019 molto sotto sia all’1% messo in programma dal governo sia allo 0,6% posto a base del quadro tendenziale.

Con questi presupposti, è impossibile cancellare le clausole con il disavanzo, che negli ultimi tre anni ha finanziato il 75% dello sforzo anti-Iva (52 miliardi su 71). A meno di non tentare la strada di un “patto” con Bruxelles, in uno scambio tra una dote di flessibilità anti-aumenti e l’impegno a non replicare clausole nel futuro.

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