I cinque senatori M5S che non votano la fiducia a Conte (dovrebbero essere espulsi, ma…)

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-12-17

Ciampolillo, Paragone, Giarrusso, Mininno e Di Nicola non hanno votato la fiducia al governo Conte. C’era una regola che i grillini si stanno rimangiando

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C’era una volta il MoVimento 5 Stelle della disciplina ferrea e delle regole certe. No, non è vero: non c’è mai stato. Però c’era un M5S che diceva che era obbligatorio votare la fiducia ai governi presieduti da un presidente del consiglio dei ministri espressione del MoVimento 5 Stelle. La regola è contenuta nell’articolo 3 del codice etico del M5S dove vengono esposti gli obblighi per i portavoce eletti sotto il simbolo del MoVimento 5 Stelle. Non c’è alcun dubbio che la pretesa che gli eletti votino obbligatoriamente la fiducia non abbia alcun fondamento costituzionale. Ma la regola c’è e vale per il gruppo grillino. O meglio, varrebbe.

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Perché ieri il Senato ha votato la fiducia sulla manovra del governo Conte Bis, un esecutivo “presieduto da un presidente del Consiglio dei ministri espressione del M5S”. E, fa sapere Luca De Carolis sul Fatto, quattro senatori di quella regola sottoscritta se ne sono ampiamente fregati:

Soprattutto, ci sono quei quattro voti che mancano alla manovra di ieri sera. Partendo dal no di Gianluigi Paragone: “Non sono stato eletto per tenere gli italiani ingabbiati in un bilancio imposto dall’Eu ropa, e la Lega non c’entra nulla: a Salvini andrebbe bene Draghi premier o al Quirinale, a me no”. E il suo voto contrario potrebbe creargli problemi, visto che il regolamento del M5S obbliga a votare i provvedimenti blindati con la fiducia.

Però c’è anche il passo di lato di Primo Di Nicola: “Non ho votato la legge di Bilancio, e non è certo un fatto di strapuntini. Chiedevo da mesi di mettere fondi per le scuole a più alto rischio sismico, ho rivolto anche un appello a Conte. Ma nulla. E poi io sono abruzzese, so cos’è il terremoto”. Ma la manovra non l’han no votata neppure Mario Giarrusso, siciliano al secondo mandato, e i pugliesi Cataldo Mininno, membro della commissione Difesa, e Lello Ciampolillo. Oggi toccherà a Grillo (atteso anche alla Camera) provare a rimettere assieme i pezzi. Anzi, i cocci.

Ora che succederà al M5S le cui regole ferree valgono sempre? Facile dirlo: niente. Ciampolillo e Paragone non hanno votato nemmeno la prima fiducia a Conte e non sono stati nel frattempo cacciati. De Falco per lo stesso motivo meno di un anno fa venne cacciato. E la differenza tra i comportamenti spiega tutto il terrore del M5S di perdere il potere e andare alle elezioni.

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