Tutti i guai di Chiara Appendino con Westinghouse

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-10-17

Per il MoVimento 5 Stelle si tratta di un’operazione architettata dal PD e dai giornali per nascondere le responsabilità di Piero Fassino. Ma nell’affare della ex-Westinghouse il M5S torinese ci ha messo del suo per ingarbugliare la faccenda. Ecco come

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In queste ore il MoVimento 5 Stelle si sta arrampicando sugli specchi per far passare l’avviso di garanzia recapitato a Chiara Appendino per un esposto fatto dal PD. Nonostante i tentativi dei deputati pentastellati ad inviare l’avviso di garanzia a Chiara Appendino non è stato il PD e non sono stati nemmeno i giornalisti, ma un pubblico ministero. La vicenda per la quale la sindaca di Torino è al momento soltanto indagata (e nel nostro Paese vige ancora la presunzione d’innocenza) è quella che riguarda l’area della ex-Westinghouse.

Per i 5 Stelle è tutta colpa di Fassino

Il reato di falso in bilancio ipotizzato dalla Procura è relativo al bilancio 2016 per un debito fantasma di 5 milioni di euro verso Ream scomparso dal bilancio 2016. una grande operazione immobiliare che prevede la costruzione di un grande centro commerciale nell’area dove sorgeva la Westinghouse. Il progetto per riqualificare l’area è stato presentato durante la scorsa consiliatura ed è stato fortemente avversato dal M5S all’epoca all’opposizione. Nel 2012 Ream, che è la cassaforte delle fondazioni bancarie piemontesi, per aggiudicarsi il diritto di prelazione sull’area versa una caparra da 5 milioni di euro pari al 50% dell’ammontare dei diritti di superficie quantificati all’epoca dal Comune.

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[Fonte]

Quando nel 2013 l’Amministrazione Fassino aggiudicò l’area ad Amteco-Maiora per 19,7 milioni di euro ne mise a bilancio solo 14,7 prevedendo di restituire la caparra a Ream entro il 2017. La cifra però venne radiata perché il Comune – anche su pressione dei comitati guidati dal M5S – non era certo di condurre in porto l’operazione. Nel 2016 però la giunta Appendino, ansiosa di fare cassa diede il via libera alla costruzione del centro  commerciale iscrivendo a bilancio 19,7 milioni compresi quindi i 5 milioni dovuti a Ream che quindi per i revisori sono un “debito fuori bilancio”.

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Per i 5 Stelle però la colpa è di Fassino, è stato lui a creare il problema con Ream e a non restituire la caparra. In realtà nel 2015 l’Amministrazione Fassino – dal momento che risultava essere pendente un giudizio sull’annullamento dell’Avviso di sta pubblica – decide di cancellare (non iscrivendoli a bilancio) i 14.7 milioni di euro. Il 18 aprile 2017 il collegio dei revisori dei conti rilevava, nella sua relazione sul bilancio di previsione 2017-2019 (quindi in piena era Appendino), che le comunicazioni dell’Amministrazione sul debito nei confronti di Ream risultavano essere contrastanti.

Quando il M5S non voleva un nuovo centro commerciale sull’ex-Westinghouse

Questo è quello che scrivevano i pentastellati quando erano all’opposizione e promettevano che “avrebbero vigilato sull’operazione” invitando l’Amministrazione (di Piero Fassino) ad un confronto con la cittadinanza in modo da garantire “una più ampia partecipazione dei cittadini al processo decisionale”. Uno degli ultimi atti di una battaglia che il MoVimento torinese stava combattendo da anni, visto che l’area dove sorgerà il nuovo centro commerciale vicinissimo al centro città doveva inizialmente ospitare una biblioteca, anzi, la biblioteca principale della città. Progetto che poi è stato abbandonato a favore di un nuovo tipo di insediamento, non senza le lamentele del MoVimento 5 Stelle
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Sempre in quel periodo il consigliere regionale Davide Bono su Facebook scriveva: “Ma secondo voi servono altri 10 ipermercati a Torino? Per “chi comanda a Torino” ancora edilizia e centri commerciali, intanto in centro chiudono tutti i negozi. grazie Piero Fassino, grazie #pd. il MoVimento Cinque Stelle Torino si farà sentire!!“. La Sindaca Appendino, decidendo di avallare la decisione di costruire un centro commerciale al posto dell’ex-Westinghouse aveva  giustificato la decisione spiegando che il Comune potrà così incassare 19,6 milioni di euro che potranno essere così messi a bilancio e utilizzati per sostenere il capitolo cultura e altre iniziative del Comune. Peccato che nella effettiva disponibilità del Comune ce ne fossero “solo” 14 e che i 5 milioni in più avrebbero dovuto essere resi a Ream (con gli interessi). E non è l’unico “voltafaccia” del M5S di governo: perché la Appendino in campagna elettorale si era impegnata a non utilizzare gli oneri urbanistici per finanziare la spesa corrente, ma quella è un’altra storia. Nel bilancio 2016 i 5 Stelle hanno iscritto i crediti per l’operazione Westinghouse ma non i debiti, ovvero quei famosi 5 milioni.

Cosa hanno capito i 5 Stelle dell’avviso di garanzia a Chiara Appendino

A dare manforte ai 5 Stelle arriva il soccorso del giornale di Marco Travaglio. Il Fatto Quotidiano scrive che quei 5 milioni sono un debito contratto dall’amministrazione Fassino. Ma non si tratta di un debito bensì di una caparra versata da Ream. Il capolavoro però è un altro. Secondo il Fatto “quei soldi, secondo gli accordi, dovevano essere restituiti nel 2017, visto che poi il progetto in questione è stato accantonato. Nel bilancio 2016, però, quella cifra non è mai comparsa”. E questo è falso perché il progetto non è stato affatto accantonato. O meglio, lo era fino a che non si è insediata la Appendino e ha stipulato un accordo con Amteco per la cessione dell’area per 99 anni peraltro iscrivendo a bilancio quei famosi 19,6 milioni di euro ma non il debito.
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Secondo il Fatto Quotidiano la spiegazione è che il M5S voleva evitare il dissesto dei conti pubblici. Insomma la Appendino avrebbe iscritto a bilancio 19 milioni in entrata e non i 5 milioni per il bene della città. Cosa che non è vera e che anche se lo fosse sarebbe stata inutile visto che qualche settimana fa la Appendino ha annunciato tagli per 80 milioni per “salvare Torino” dando peraltro la colpa agli investimenti fatti negli ultimi 30 anni.

I 5 Stelle si sentono sotto attacco da magistratura e giornali

Naturalmente dopo aver letto un articolo del genere i commentatori del Fatto Quotidiano parlano di “giustizia ad orologeria” (come nella migliore tradizione berlusconiana) trovando assai sospetto che certe inchieste vengano alla luce “a campagna elettorale in corso”. Fermo restando che in Italia siamo sempre in campagna elettorale per un motivo o per l’altro non risulta che a Torino si stia per andare al voto e nemmeno le elezioni politiche sono alle porte.chiara appendino ream westinghouse caparra 5 milioni falso in bilancio - 4b
Si voterà certo in Sicilia (il 5 novembre) ma la scusa delle inchieste “a ridosso di importanti consultazioni popolari” per infangare il M5S sembra un modo per non voler affrontare la realtà. La colpa non è però solo dei magistrati al soldo del PD, nemmeno solo dell’esposto del PD che ha messo nei guai una sindaca onesta. È il fottutissimo sistema che sta cercando di danneggiare
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I 5 Stelle sono convinti che ad essere indagato debba essere Fassino e non la Appendino. Ma chissà come mai i magistrati se la prendono solo con il M5S. E non sono solo gli attivisti, gli elettori o i simpatizzanti a sentirsi sotto attacco. Anche Luigi Di Maio, il candidato premier del M5S ne è assolutamente convinto. In un post pubblicato sul Blog si continua a parlare di #emergenzademocratica: «siamo sotto attacco, il MoVimento è sotto attacco. In questo momento stanno provando ad accerchiarci da tutti i lati: Tv e giornali, partiti e dirigenti pubblici lottizzati sanno che rischiano di perdere tutto».
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Secondo Di Maio la strategia è chiara: «presentare esposti contro di noi per cui la magistratura è tenuta ad aprire dei fascicoli, per poi farci attaccare facendo dire ai media che siamo indagati». Ma Di Maio dimentica che non sono “i media” a dire che sono indagati, è la magistratura a emettere gli avvisi di garanzia. Proprio quella magistratura che secondo il leader pentastellato “non si fa influenzare da questo sistema”. Sembra di sentire parlare Berlusconi ma no, è Luigi Di Maio, quello che chiedeva le dimissioni di tutti i politici raggiunti da avviso di garanzia.

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