Censimento: tutte le balle di quelli che difendono la schedatura dei Rom

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-06-20

Dalla storia dei censimenti “fatti dal PD” a Milano e in Emilia-Romagna alle lamentele dei cittadini italiani che si sentono “schedati” perché hanno fatto il censimento Istat o hanno il codice fiscale. Ecco come alcuni italiani nascondono la testa sotto la sabbia facendo finta di non capire il senso del censimento etnico del ministro dell’Interno

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A difendere la proposta del ministro dell’Interno Matteo Salvini di fare un censimento dei Rom è rimasta solo Giorgia Meloni che tra la proposta di un blocco navale europeo di fronte ai porti della Libia per impedire le partenze dei migranti e battutine sul “se sei nomade devi nomadare” cerca invano di inseguire il leader della Lega per raccogliere le briciole dei suoi consensi. Tutti gli altri, dal presidente del Consiglio Conte al vicepremier Luigi Di Maio hanno bollato come incostituzionale l’idea di un censimento su base etnica.

Perché il censimento di Salvini (e quello di Maroni) sono incostituzionali

Salvini nel frattempo aveva fatto sapere che la sua non era una schedatura, ma che sarebbe stato un censimento come quello fatto fare da Roberto Maroni. Peccato che proprio quel censimento delle persone Rom, Sinti e Caminanti proposto dal ministro dell’Interno leghista nel 2008 (al governo c’era anche Giorgia Meloni) fu duramente criticato da UE e ONU. Il provvedimento fu giudicato in parte illegittimo dal Tar del Lazio nel 2009 e il Consiglio di Stato giudicò insussistente il presupposto su cui si basava la richiesta di censimento dei Rom, in Italia non c’era alcuna “emergenza nomadi”; così come non c’è oggi e come non esiste alcuna invasione da parte dei migranti.

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Il censimento inoltre violava l’articolo 43 del testo unico sull’immigrazione e l’articolo 2 comma 1 del decreto legislativo del 2003. Motivo per cui lo Stato italiano fu costretto a risarcire alcuni cittadini italiani di origine Rom che ritennero, a ragione, di essere vittime di una discriminazione.Salvini non ha certo nascosto l’obiettivo del censimento su base etnica: espellere i Rom non italiani dal Paese; quelli italiani, ha detto, purtroppo ce li dobbiamo tenere.

La storia dei “censimenti” fatti dal PD a Milano e in Emilia-Romagna

Anche questo non si può fare perché la maggior parte dei Rom e Sinti che non hanno la cittadinanza italiana provengono da paesi UE (quali Romania e Bulgaria) mentre altri sono apolidi e non è possibile espellerli. A questo punto è partito il coretto “ma allora il PD” che secondo alcuni sovranisti e sostenitori della schedatura dei Rom dimostrerebbe che invece il censimento si può fare.

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Ieri Salvini ha ricordato come nel 2012 la giunta Pisapia avesse proposto un “analogo” censimento. La storia è stata tirata fuori dal Corriere della Sera che però non si è troppo disturbato a spiegare il senso di quell’iniziativa. Marco Granelli, all’epoca assessore alla Sicurezza e coesione sociale Polizia locale Protezione civile Volontariato, ha spiegato che il Comune di Milano non ha raccolto indiscriminatamente i dati di tutti gli appartenenti ad una specifica etnia (come vogliono fare Salvini e Meloni) ma unicamente di coloro che vivevano in occupazioni abusive o in aree comunali non più gestite e abbandonate. Insomma un censimento c’è stato ma solo dei residenti dei campi (che per la cronaca non sono tutti Rom o Sinti).

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Anche la regione Emilia Romagna (all’epoca il Presidente era Vasco Errani) ha svolto nello stesso periodo delle rilevazioni statistiche sulla popolazione residente dei campi. Come ha spiegato in un comunicato stampa  la vicepresidente e assessore al Welfare Elisabetta Gualmini la Regione si limita a raccogliere dati anonimi forniti dai comuni. «I dati che chiediamo ai Comuni- ha spiegato la Gualmini– riguardano il numero di nuclei familiari che vivono nelle aree di sosta, la loro composizione, soprattutto il numero di minori e il loro livello di scolarizzazione»; nessuna schedatura su base etnica. E per dare un’idea del “fenomeno” in Emilia Romagna ci sono circa 3000 persone che vivono all’interno dei campi su un totale di 4,5 milioni di residenti; per la cronaca il 95% dei Rom e Sinti che vivono in Emilia-Romagna ha la cittadinanza italiana.

Quelli che «ma io ho fatto il censimento Istat»

C’è poi un’altra categoria di persone che si rifiuta di comprendere la realtà e ci spiega che gli italiani sono già “schedati” perché sono sottoposti a censimenti periodici (uno ogni dieci anni) e hanno una carta d’identità e un codice fiscale. Ora lasciamo da parte il fatto che i Rom italiani hanno anche loro carta d’identità e codice fiscale (mentre quelli romeni o bulgari hanno i rispettivi documenti). Questa non è una schedatura perché non vengono raccolte impronte digitali o dati riguardanti l’etnia.

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Ad esempio il consigliere comunale leghista di Padova Alain Luciani si lamenta di aver dovuto fare il censimento Istat e di aver lasciato le impronte digitali in fase di ottenimento del passaporto sottolineando la presunta disparità di trattamento con i Rom. Il problema è che il passaporto non è obbligatorio (non tutti i cittadini sono tenuti ad averlo) quindi l’esempio non rileva alcuna “discriminazione” degli italiani.

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Mentre per quanto riguarda il  censimento dell’Istat i dati raccolti vengono separati da quelli anagrafici e poi le schede vengono distrutte. Salvini invece intende censire i Rom raccogliendo per ogni persona di quell’etnia anche il dato relativo alla sua identità etnica.

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In primo luogo il “censimento” di Salvini si rivolge ad una specifica etnia (laddove invece il censimento Istat riguarda tutta la popolazione residente) ed è finalizzato a mettere in atto improbabili provvedimenti d’espulsione. In secondo luogo su nessun documento dei cittadini italiani è indicata la loro etnia. E questa è la differenza tra censimento e schedatura. A questo si aggiunga che i numeri della presenza di Rom, Sinti e Caminanti sono già noti, si sa quanti sono sul territorio nazionale (tra i 120mila e i 180mila) e quanti vivono nei campi regolari o abusivi (appena 26mila). Se Salvini vuole fare qualcosa per risolvere il “problema” dei Rom può iniziare a mettere mano ai campi, garantendo a tutti i residenti condizioni di vita decorose chiudendoli come prevedono le direttive UE. Ma c’è un problema: le persone che vivono nei campi avranno bisogno di una soluzione abitativa. E fino ad ora nessuno ha mai voluto pensarci perché questo significherebbe “dare le case popolari ai Rom” (anche il piano Rom della Raggi evita accuratamente questo argomento). Allora si scoprirà che per Salvini saranno meglio i campi. Evviva il governo del cambiamento.

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