Carige e il grande ritorno dei soldi pubblici alle banche

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-01-08

Il CDM mette nel conto lo stesso intervento del governo Gentiloni. E prospetta un’eventuale ricapitalizzazione con il fondo da 20 miliardi creato nel 2016. Quello a cui il M5S si era opposto

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Il governo apre alla garanzia pubblica per Carige. Il decreto legge partorito ieri dal consiglio dei ministri e dal titolo “Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio” prevede sostanzialmente due misure. La prima è la possibilità di accedere alla garanzia statale sui bond di nuova emissione e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d’Italia. La seconda misura è «la possibilità per Carige di accedere — attraverso una richiesta specifica — a una ricapitalizzazione pubblica a scopo precauzionale, volta a preservare il rispetto di tutti gli indici di patrimonializzazione anche in scenari ipotetici di particolare severità e altamente improbabili».

La garanzia pubblica per Carige

Il CdM lampo che in dieci minuti ha approvato la garanzia pubblica per Carige arriva in una giornata in cui erano arrivati altri segnali da Malacalza sulla volontà di sottoscrivere l’aumento di capitale. Evidentemente non sono bastati e il governo ha utilizzato la stessa garanzia del predecessore con le banche venete, BPVI e Veneto Banca. Alessandro Barbera sulla Stampa spiega che le indiscrezioni della vigilia parlavano del varo di garanzie pubbliche sulle nuove obbligazioni o dell’intervento della pubblica Sga per smaltire le sofferenze quelle sì sopra la media – della banca genovese.

Ma interventi più limitati – come appunto quello a sostegno dello smaltimento delle sofferenze – avrebbe potuto spingere altri istituti a fare la stessa richiesta, mettendo in imbarazzo il governo. Meglio allora ricorrere all’argomento dell’emergenza sistemica, e tirare fuori dal cassetto le risorse inutilizzate del fondo salvabanche varato dal governo Gentiloni. Il risultato però – così commentavano in tarda serata alcuni banchieri – rischia di risultare controproducente, alimentando l’allarme.

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Carige e la gestione Malacalza (Corriere Economia, 7 gennaio 2019)

Non solo: il messaggio è contraddittorio rispetto ai proclami dei partiti, in particolare dei Cinque Stelle che nella scorsa legislatura si è scagliato contro gli interventi a favore di Monte dei Paschi e delle ex popolari venete.

I soldi pubblici alle banche

Il decreto è arrivato dopo un incontro di Tria con Innocenzi, Lener e Modiano, oggi al vertice della banca genovese, e con il Fondo Interbancario che ha puntellato l’istituto di credito prima del voltafaccia di Malacalza.  Al vertice in Via XX Settembre ha partecipato anche Alessandro Rivera, nella doppia veste di direttore generale del Tesoro e di presidente della Sga, la ex società di recupero crediti del Banco di Napoli rilevata nel 2016 dal ministero dell’Economia. E proprio la Sga, in un altro parallelismo con la vicenda delle due banche venete, potrebbe avere un ruolo chiave nella gestione di un pacchetto da almeno 2,8 miliardi di Npl.

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I conti di Carige

Si punta a trovare un partner nella rosa dei tre che erano stati nominati nei giorni scorsi, ovvero Unicredit, Ubi Banca o Banca Popolare di Milano. Un acquisto risolverebbe i problemi di Carige in un solo colpo ma non è detto che il sistema bancario se la senta di muoversi in questo scenario di mercato e con la recessione in arrivo. In caso di necessità, spiega oggi il Sole 24 Ore, tornerebbe in scena la «ricapitalizzazione precauzionale» già sperimentata da Mps e tentata senza successo per Veneto Banca e Popolare di Vicenza. La ricapitalizzazione con la mano del Tesoro avverrebbe su richiesta di Genova, e potrebbe assorbire una fetta della quota inutilizzata del fondo da 20 miliardi creato dal decreto Gentiloni di fine 2016. Una mossa, questa, che inciderebbe sul debito pubblico. E sui nervi dei ministri a 5 Stelle.

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