Toninelli, il bambino morto a Catania sul seggiolino meritava meno annunci e più fatti

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-09-20

Esattamente un anno fa il MoVimento 5 Stelle annunciava trionfante l’approvazione di una legge “salva bebè” fortemente voluta dal ministro Toninelli. Quella legge però non è operativa perché il concentratissimo ministro prima si è dimenticato di scrivere il decreto attuativo entro i termini previsti e poi si è fatto bocciare la bozza inviata alla Commissione Europea perché mancavano alcuni documenti

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Ieri un bambino di due anni è morto in auto a Catania, oggi la politica scopre che avrebbe potuto fare qualcosa per salvarlo. La storia è purtroppo simile ad altri casi: il papà avrebbe dovuto portarlo al nido ma ha avuto “un black out” e si è recato a lavoro dimenticandosi del bambino nel seggiolino sul sedile posteriore. Quando si è accorto del tragico errore erano ormai passate cinque ore e per il bambino – lasciato nel parcheggio dell’ufficio – non c’era putroppo nulla da fare.

L’Italia ha una legge, ma non è operativa perché manca un decreto

Quel black out viene chiamato amnesia dissociativa, un disturbo temporaneo della memoria che spiegava al Corriere Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano è «una lacuna retrospettiva nella memoria, un vero e proprio “buco” che si forma nei nostri ricordi». Un buco nero che “falsifica i ricordi” per un determinato periodo di tempo. Questo disturbo può essere causato «da un evento traumatico, ma anche da un forte stress e dalla mancanza di sonno. Complice la routine». Non sappiamo se è questo il caso, ma sappiamo che in Italia c’è una legge scritta appositamente per evitare che situazioni del genere si possano verificare.

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Lo ha scritto su Facebook Andrea Albanese, fondatore del gruppo Mai Piu Morti Come Luca! e padre di Luca, un bambino morto nel 2013 in circostanze simili. Da quel giorno Andrea lotta perché altri genitori non debbano vivere un’esperienza dolorosa come la sua. «Grazie a 6 anni di battaglia – scriveva ieri in un post – che abbiamo portato avanti tutti insieme avevamo ottenuto una Legge, i sistemi anti abbandono sarebbero dovuti diventare obbligatori dal 1 Luglio 2019».  La legge però non è entrata in vigore e quindi al momento quel dispositivo salva vita non è obbligatorio. Nulla naturalmente vieta di installare ugualmente certi dispositivi ma sappiamo che l’obbligatorietà è molto più efficace in certi casi, soprattutto se viene affiancata ad una campagna di sensibilizzazione (che non c’è stata).

Che fine ha fatto la legge voluta da Toninelli?

La legge è entrata in vigore il 27 ottobre 2018 ma non è mai diventata operativa perché manca un decreto attuativo. Una legge fortemente voluta dal MoVimento 5 Stelle e dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli che nel luglio del 2018 annunciava «lo sforzo del ministero per scongiurare quei casi tragici, purtroppo sempre più diffusi, di bambini dimenticati e abbandonati in auto dai genitori». Sul Blog delle Stelle il ministro spiegava che sarebbe bastata «una piccola modifica all’articolo 172 del Codice della strada può essere fondamentale per salvare la vita dei nostri figli, per evitare che da una banale distrazione scaturisca una tragedia che segna per sempre un padre, una madre, una famiglia».

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Grazie a quella modifica sarebbe ad esempio stato possibile rendere obbligatoria l’installazione di «un sensore integrato al seggiolino e collegato alla chiave del veicolo o allo smartphone» che avrebbe avvisato il genitore della presenza del bambino sul seggiolino. Un’applicazione per cellulari che ha proprio questo obiettivo esiste già dal 2017. La norma sui seggiolini anti-abbandono è diventata legge (legge 117/2018) a fine settembre dello scorso anno quando il Senato ha dato il via libera definitiva alla legge che obbliga da vere seggiolini per bambini dotati di dispositivi acustici e luminosi  e che prevede anche incentivi per l’acquisto. L’Italia è stata tra i primi paesi al mondo a dotarsi di una legge che potrebbe evitare tragedie come quella di Catania.

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Ma la norma non è ancora operativa perché il decreto attuativo del Ministero di Toninelli che stabiliva i criteri di omologazione non è arrivato entro il termine dei 60 giorni (il 27 dicembre 2018) dall’approvazione. Una bozza è stata preparata solo il 21 gennaio di quest’anno. Il Ministero l’ha poi inviata al TRIS – il sistema di informazione sulle regolamentazioni tecniche della Commissione europea – da dove sarebbe dovuta passare all’esame del Consiglio di Stato. Ma la procedura si è interrotta perché il TRIS ha bocciato il testo inviato da Toninelli chiedendo che la bozza venisse completamente riscritta.

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Tra i motivi della bocciatura da parte dell’ente omologatore europeo c’è la mancanza della documentazione tecnica che dimostrasse la proporzionalità tra la nuova misura (e i connessi rischi di esposizione a onde elettromagnetiche) e l’intento di proteggere la vita dei bambini. Ad esempio uno degli esperti rileva che l’utilizzo di allarmi sul telefonino non è di per sé garanzia di sicurezza perché l’utilizzatore potrebbe dimenticare anche quello, non prestare attenzione agli allarmi (o essere impossibilitato a leggerli).  Il Ministero non ha prodotto una valutazione d’impatto che supportasse la richiesta di omologazione dei nuovi dispositivi. E così oggi alcuni deputati, Alessia Rotta del PD e il leghista Massimiliano Capitanio che è anche in Commissione Trasporti alla Camera, si chiedono che fine ha fatto la legge sui seggiolini “salva bebè”. Ma come al solito anche chi critica Toninelli arriva tardi, soprattutto chi fino ad un mese fa era al governo con il M5S.

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