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A cosa servono gli insulti a Ilaria Naldini, la mamma della bimba morta in auto ad Arezzo?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-06-08

La tragedia di una madre che trova la figlia morta dopo averla dimenticata in auto diventa il pretesto per il tribunale popolare dellaggente per andare a insultarla sul suo profilo Facebook. E ha così inizio la festa di quelli che ci spiegano che non era una vera madre

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Ieri una bambina di sedici mesi è morta ad Arezzo dopo essere rimasta chiusa in auto per alcune ore. La madre doveva portarla al nido ma per una tragica fatalità si è recata a lavoro credendo di averlo fatto. La bambina invece era addormentata sul sedile posteriore. Il dramma si è svolto nella piazza del Comune di Castelfranco di Sopra. Una piazza trafficata dove a detta di molti “ci passa mezzo paese”. Ma nessuno si è accordo che in macchina sotto il sole c’era una bambina.

La vicinanza delle mamme e dei papà alla madre di Tatiana

Se ne è accorta la madre, Ilaria Naldini, una volta uscita da lavoro. Ma ormai era troppo tardi: la bimba era in arresto cardiaco e il pur tempestivo intervento del 118 non è riuscito a salvarle la vita. «Non mi sono
accorta di nulla, mi sono scordata», ha detto la donna ai Carabinieri. Una tragedia per il paese, letteralmente ammutolito. Un dolore immenso per la madre di Tatiana che chi la conosce definisce “una mamma premurosa e attenta”. In situazioni come queste è davvero difficile trovare qualcosa da dire perché ci si trova di fronte ad una sofferenza senza confini. La sofferenza di una donna che ha appena perso la figlia e che sa di essere responsabile della sua morte.
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Dopo che i giornali hanno fatto il nome della donna (Il Tirreno, il Corriere di Arezzo, la Nazione, il Messaggero, il Corriere della Sera, Leggo tra gli altri) qualcuno è andato in cerca del suo profilo Facebook. Uno degli ultimi post pubblici risale ad inizio marzo. È una condivisione di un articolo sulla difficoltà di fare le mamme e lavorare secondo i ritmi che la nostra società impone. Per molti è una condivisione “emblematica”: la signora stava chiaramente lanciando una richiesta d’aiuto. Ma la verità è che non lo sappiamo.
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Molte persone sono passate sulla bacheca della donna a esprimere la loro vicinanza. Nessun giudizio, nessuna voglia di allestire un tribunale popolare solo rispetto per il dolore di una madre che ha perso la figlia.

Cos’è l’amnesia dissociativa?

Tra i commenti ci sono anche quelli di Andrea Albanese, il padre di Luca. Anche Andrea ha vissuto una situazione simile: quattro anni fa a Piacenza dimenticò il figlio in auto. Per i giudici che lo hanno prosciolto il papà di Luca però non era in grado di intendere e di volere perché colpito da amnesia dissociativa. Questo non ha certamente lenito il dolore di Andrea, ma aiuta a far capire che i genitori che dimenticano i figli in auto non sono dei mostri, non sono dei criminali, non sono degli assassini.
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Andrea Albanese continua a lottare perché tragedie come quella che lo ha colpito non accadano più. Ha aperto un gruppo Facebook e si è fatto promotore di numerose petizioni per chiedere alle case automobilistiche di dotare le vetture di dispositivi “anti-amnesia” che segnalino la presenza di un bambino sul seggiolino. Andrea Albanese ha anche chiesto che il Parlamento approvi una legge che obblighi i produttori di auto a dotare le macchine di dispositivi di allarme.
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L’amnesia dissociativa è un disturbo temporaneo della memoria che può colpire chiunque. Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano, spiegava al Corriere che è «una lacuna retrospettiva nella memoria, un vero e proprio “buco” che si forma nei nostri ricordi». Un buco nero che “falsifica i ricordi” per un determinato periodo di tempo. Questo disturbo può essere causato «da un evento traumatico, ma anche da un forte stress e dalla mancanza di sonno. Complice la routine». Non sappiamo se anche la signora Naldini ne ha sofferto, lo stabiliranno le perizie del tribunale.

La sentenza del tribunale dell’Internet

Al coraggio del padre di Luca e alla dolcezza delle molte mamme che non vogliono giudicare la signora Naldini fanno contraltare i giudizi senza pietà di molti utenti. Uomini e donne, in molti casi genitori, che condannano e insultano una madre che ha visto morire sua figlia tra le sue braccia. C’è chi chiede l’ergastolo perché è ora di smettere di essere buonisti nei confronti degli assassini. Nessun tribunale ha ancora giudicato la mamma di Tatiana ma l’Internet ha già emesso la sua sentenza.
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Ci sono quelle, e sono molte, che spiegano che quella mamma non avrebbe dovuto avere il diritto a fare figli. Se non sei in grado di fare la madre allora non lavorare, non fare figli.
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Con tutte le persone che provano ad avere figli e non ci riescono “questa qui” ha mandato la figlia all’altro mondo. Dovrebbe vergognarsi. E se stava male perché non è andata da uno psicologo? Forse la bimba era l’ultimo dei suoi pensieri. Parole pronunciate da madri (o almeno persone che si qualificano come tali) che non hanno il minimo senso dell’empatia.
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Non sapete prendervi cura dei vostri figli? Nessuno vi prega di metterli al mondo.
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Le psicologhe della Rete si interrogano: ma se avesse avuto un appuntamento dal parrucchiere se lo sarebbe dimenticata? Secondo le esperte la risposta è no. Ed è probabile che quando ha chiuso la bimba in macchina stesse pure telefonando.
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Il padre del piccolo Luca ci prova a far ragionare le persone, a spiegare cosa potrebbe essere successo, ad invitare ad avere un po’ di comprensione. È tutto inutile. Pensate quanto deve essere doloroso per lui rivivere quei momenti e leggere cosa pensano persone che non ti conoscono.
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Altri “psicologi” hanno scoperto che non può essere un caso di amnesia dissociativa: perché la signora si era ricordata di andare a lavoro! Forza che risparmiamo i soldi delle perizie.
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La signora era una dipendente comunale? Sicuramente era in pausa caffè con la collega. Chiaro no?
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Ma ci sono utenti che il fiuto per le indagini lo hanno nel sangue. Ad esempio ecco quella che ha notato che sul profilo non ci sono foto della figlia.
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Inutile spiegare a queste signore che le impostazioni della privacy del profilo potrebbero non consentire di visualizzare tutte le foto. La sentenza è stata emessa.

Il Popolo della Famiglia che fa campagna elettorale

Se credete di aver toccato il fondo con questi commenti vi sbagliate. Perché arrivano Mario Adinolfi e il Popolo della Famiglia a trasformare una tragedia personale in un pretesto per fare campagna elettorale sui diritti delle famiglie e delle mamme.
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Complimenti al PDF per essere riuscito a fare sciacallaggio anche su una tragedia come questa.
 

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