Ma com’è che la libertà di parola vale solo per quelli di CasaPound?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-05-07

Al Salone del Libro ci sarà Altaforte, questo nonostante le dichiarazioni di Francesco Pollacchi, responsabile della casa editrice, che ha detto di essere “un fascista”. Gli organizzatori ritengono che siccome non ci sono state condanne per apologia di fascismo allora è un suo diritto partecipare. Ma forse erano distratti e si sono dimenticati di quando quelli di CasaPound facevano i raid contro i fumetti altrui

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Si sta facendo molta polemica sulla decisione da parte del Salone del Libro di Torino di ospitare uno la casa editrice Altaforte, vicina al movimento di estrema destra CasaPound. Francesco Polacchi, responsabile della casa editrice ha dichiarato in modo eloquente la sua appartenenza politica. In un’intervista al Corriere Torino ha detto: «Sono un militante di Casapound, anzi il Coordinatore regionale della Lombardia. E sono fascista, sì. Lo dico senza problemi. L’antifascismo è il vero male di questo Paese».

Quando CasaPound faceva raid contro i libri che non gli piacciono

Polacchi non è un fascista qualsiasi, uno di quei nostalgici del Ventennio che dicono che «Mussolini è stato sicuramente il miglior statista italiano». Non solo perché è l’imprenditore dietro al marchio di moda “neofascista” Pivert, tanto apprezzato da Salvini ma anche perché nel 2017 è stato condannato ad un anno e quattro mesi per i fatti di Piazza Navona del 2008, quando quelli di del Blocco Studentesco si fronteggiarono con in piazza con i movimenti “antagonisti”. Piccola nota di colore: all’epoca CasaPound arrivò in piazza con un camion carico di spranghe e bastoni (col tricolore, per mazzate identitarie) bellamente ignorato dalle forze dell’ordine. CasaPound parlò di sentenza politica e oggi parla del fascismo degli antifascisti. Addirittura fece una “corsa dimostrativa” dentro gli studi Rai di Chi l’ha visto?, un’irruzione con l’intento di censurare un servizio sui fatti di Piazza Navona. I militanti non volevano comparire in televisione. Ma il problema è un altro.

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Perché ci sono quelli che dicono che anche Altaforte ha diritto a esprimersi liberamente. Siamo o non siamo in una democrazia? A costoro si dovrebbe rispondere citando – per una volta non a sproposito – l’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini che in una famosa intervista disse che «il fascismo che nega le idee altrui e la democrazia, non è un’idea. È l’antitesi delle libertà e per tanto va solo e sempre combattuto». Il fascismo non è una fede politica perché non combatte sul terreno democratico, ma opprime chi la pensa diversamente. Un esempio? Qualche anno fa il Romics (convention romana dei fumetti) fu  teatro del raid di un esponente di CasaPound. Non uno qualsiasi visto che era Davide Di Stefano, fratello di quel Simone che è il “volto” e il Segretario del partito di Iannone.

In quell’occasione Di Stefano e altre due persone andarono a rovesciare della CocaCola sullo stand della ShockDom, casa editrice “colpevole” di aver pubblicato un fumetto satirico sul Duce dal titolo “Quando c’era Lvi”. Nessun ferito, 500 euro di danni e una rivendicazione in cui si parlava di una goliardata. Del resto a CasaPound sono bravi a minimizzare, qualche giorno fa Simone Di Stefano ha definito “scaramucce di paese” i pestaggi ad opera dei picchiatori neofascisti.

Nel catalogo di Altaforte i fumetti della casa editrice di un condannato per apologia di Fascismo

Qualcuno si potrebbe chiedere il senso di invitare persone come quelli di CasaPound, che dimostrano di non rispettare la produzione artistica e letteraria altrui, al Salone del Libro di Torino. Ma il punto potrebbe essere un altro. E non è Polacchi ma un suo socio. Ad aprile l’Espresso riferiva che nel catalogo di Altaforte sono entrati i fumetti di FerroGallico, casa editrice dove tra i soci figura anche Federico Goglio, alias Skoll, cantante di un gruppo identitario. C’è chi su Twitter ha notato che Goglio è stato condannato nel novembre del 2015 a un mese di reclusione e al pagamento di una multa di 250 euro per aver violato la legge Scelba del 1952 per aver compiuto «manifestazioni usuali del disciolto partito fascista», come il saluto romano e la chiamata del «presente», durante la commemorazione di Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani nell’aprile 2013.

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In un post del 4 maggio sulla pagina del Salone del Libro di Torino l’organizzazione si lavava le mani dalla responsabilità di aver invitato dei fascisti, dicendo che il principio guida era il rispetto dell’articolo 21 della Costituzione (che non esisteva durante il Fascismo). Inoltre si legge nel comunicato che è compito della magistratura accertare l’eventuale violazione delle leggi come la Legge Scelba e la Legge Mancino motivo per cui «è pertanto indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per questi reati di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi i propri libri». Gli exploit “identitari” di Polacchi sono noti alle cronache come se non bastasse nel catalogo di Altaforte, proseguiva l’Espresso ci sono anche i libri pubblicati da AGA «gruppo editoriale diretto da Maurizio Murelli, ex terrorista nero tra i responsabili del lancio di una bomba a mano durante un corteo nel 1973 a Milano che provocò la morte dell’agente Antonio Marino». Cosa farà il Salone del Libro? Controllerà che certi libri e fumetti non vengano esposti nello stand di Altaforte? 

 

Leggi sull’argomento: Il Museo di Auschwitz chiede al Salone del Libro di scegliere su Casapound

 

 

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