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Qualcuno ha capito a cosa serve il crocifisso nelle scuole?

Giovanni Drogo 01/10/2019

Come da tradizione ogni ministro dell’Istruzione deve affrontare l’inutile polemica sul crocifisso nelle aule e sui simboli religiosi in classe. Una modesta proposta: di questa tradizione possiamo farne volentieri a meno, quello che servono sono aule sicure e docenti preparati

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«Non parlo di polemiche sterili, chi mi conosce sa che sono un serio scienziato e mi occupo di questioni di ricerca e formazione, ovviamente facendo tutte le proposte che ritengo importanti e utili per trovare le risorse ma poi queste cose non spettano a me ma al Mef». Così il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti parlando delle polemiche nate dopo che è stata lanciata (da lui) la proposta di tassare le merendine per pagare gli insegnanti. Fioramonti è uno scienziato e non parla di polemiche sterili: le fa direttamente.

La tradizionale polemica sul crocifisso nelle aule

Come ad esempio la proposta di sostituire i crocefissi nelle aule con “la Costituzione” o cartine geografiche. Anche in questo caso in realtà non c’è nessuna proposta, è solo una delle tante uscite del vulcanico ministro che prima dice che «è una questione divisiva che può attendere» e poi fantastica sulla possibilità di  appendere alla parete una cartina del mondo con dei richiami alla Costituzione». Quella contro i simboli religiosi nelle aule è una vecchia battaglia sulla quale bene o male ogni ministro dell’Istruzione è stato chiamato a dire la sua, senza che le cose cambiassero di una virgola. Perché nelle classe i crocifissi continuano ad esserci. E quando non ci sono ci pensano sindaci e consiglieri comunali a regalarli in gran quantità.

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Ma appunto Fioramonti è uno scienziato che non parla di polemiche sterili, quindi quando gli chiedono dei crocefissi nelle aule scolastiche risponde come se fosse una domanda seria. Del resto anche il suo predecessore, il ministro Marco Bussetti si era sentito in dovere di ribadire che il crocifisso «è un segno che secondo me è giusto che sia nelle aule scolastiche». E se quella volta furono i laici a lamentarsi oggi sono i cattolici pii e devoti come il senatore Simone Pillon che ci ricorda che se siamo un paese laico è grazie alla civiltà cristiana (qualsiasi cosa voglia dire) ma dimentica che se siamo uno Stato laico non è certo grazie allo Stato Pontificio, semmai grazie alla Rivoluzione Francese.

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Vogliamo ricordare agli studenti l’importanza della religione cristiana per l’Italia e per l’Europa? Facciamolo insegnando la storia. Volete educare i vostri figli ai valori cristiani? Fatelo in casa o a catechismo. E se pensate che una croce di legno abbia questo potere educativo allora forse il problema non è più il crocifisso.

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Però siamo nel 2019, e fa un po’ sorridere che si perda ancora tempo a discutere sui simboli religiosi nelle scuole. Che poi bisognerebbe parlare di simbolo, al singolare, visto che si tratta sempre e solo del simbolo di quella che non è la religione di Stato della Repubblica italiana. Forse è il momento di una modesta proposta: in aula mettete tutti i simboli religiosi che volete, santi, madonne, mezzelune, stelle di David o divinità indù: basta che garantiate il diritto all’istruzione. I leghisti in particolare dovrebbero decidere da che parte stare, perché lottano per tenere Gesù sulla croce in classe mentre combattono contro la richiesta di avere un “menù religioso” da parte di un genitore di origine bengalese che ha chiesto alla mensa della scuola del figlio di preparare piatti halal. Un’altra polemica inutile: l’alternativa ad un menù con carne non macellata secondo il metodo halal esiste.

Mettete tutti i crocifissi che volete, ma sistemate i soffitti delle Aule

Perché va bene il rispetto della tradizione, quella che impone al ministro dell’Istruzione di occuparsi di crocifissi entro i primi cento giorni dalla sua nomina, ma forse è il caso di pensare ai veri problemi della scuola italiana. C’è solo l’imbarazzo della scelta: la carenza di organico del personale docente, il costo dei libri di testo, la messa in sicurezza delle aule o la creazione di una scuola davvero inclusiva per quegli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento.

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Il ministro Fioramonti, che è uno scienziato (ma invita Vandana Shiva al Ministero) lo saprà bene quali sono i problemi della scuola italiana. Sono gli stessi di quando era viceministro. E non sembra poi che i crocifissi di Bussetti li abbiano risolti. I crocifissi non servono nemmeno a puntellare le aule fatiscenti. Quindi non solo la polemica sul simbolo religioso dei cristiani è sterile, lo è pure quello sulla sua utilità (a meno di non pensare che gli studenti tra un’interrogazione e un quattro in matematica non siano soliti rivolgere un pensiero a Gesù). E nelle aule non serve nemmeno un planisfero o la Costituzione. Semmai servono docenti che insegnino la Costituzione, o lavagne multimediali.

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Il ministro lo sa bene visto che ieri ha portato banchi e lavagne nuove in due scuole della periferia romana. E quindi invece che stuzzicare gli italiani sulla questione dei crocifissi perché ministro, politici e giornalisti non si occupano dei veri problemi della scuola italiana? Problemi che non sono i simboli religiosi ma il fatto che il 63% degli edifici scolastici non è stato costruito con criteri antisismici. Oppure le classi troppo affollate, gli stipendi dei docenti, gli asili nido da garantire ai cittadini, l’assunzione di maestri e docenti per la scuola primaria e secondaria. E perché non parlare dell’accesso allo studio degli studenti delle famiglie con redditi medio bassi? Se fosse possibile risolvere queste cose con un crocifisso la scuola italiana sarebbe un gioiello. Ma non è così. E chissà come mai nella Lega si sono improvvisamente dimenticati che fino al mese scorso il ministro dell’Istruzione era un leghista.

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