Gli spostamenti tra regioni dal 3 giugno e il rischio Lombardia per il resto dell’Italia

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-05-29

L’assessore alla sanità del Lazio denuncia pressioni sul Comitato Tecnico Scientifico per riaprire il 3 giugno a tutte le regioni. L’ipotesi di rinvio di una settimana per tutti. La scelta della quarantena rimane per gli enti locali

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Le ipotesi che restano sul campo sono soltanto due: riapertura per tutte le regioni il 3 giugno oppure rinvio di una settimana per ognuno. Il governo ha deciso di escludere la possibilità di lasciare chiuse soltanto alcune regioni (segnatamente: Lombardia, Piemonte e Liguria) nel giorno in cui dovrebbe essere possibile tornare a spostarsi liberamente in Italia ma le regioni del Sud continuano a minacciare la quarantena per i cittadini del Nord in arrivo.

Gli spostamenti tra regioni dal 3 giugno e il rischio Lombardia per il resto dell’Italia

E questo perché, come dice l’assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato in un’intervista rilasciata al Messaggero, «Ci sono troppe pressioni, anche sul Comitato tecnico scientifico. Se servirà, prenderemo delle contromisure. Non accetteremo forzature». E ancora: «Voi pensate che, se ci sarà il via libera agli spostamenti interregionali, tutti i milanesi andranno solo in Sardegna? Sapete quanti treni ci sono ogni giorno tra Roma e Milano? Io spero che ci sia grande scrupolo nel prendere le decisioni, vedo troppe pressioni».

«Io lo dico con grande chiarezza: ci siamo dati un metodo, si deve decidere sulla base di una serie di indicatori, sui numeri. Se le decisioni saranno prese su riscontri scientifici, non avremo nulla da eccepire. Se invece si cederà a delle pressioni di tipo politico, prenderemo delle contromisure. Pressioni sul Comitato tecnico scientifico ci sono e questo rischia di creare irritazione».

Cosa intende per pressioni di tipo politico? Pensa al governatore Fontana e all’assessore Gallera?
«Ma no, ho grande rispetto del loro lavoro. Non ce l’ho con loro, voglio essere chiaro. Dico solo che dal Nord c’è una spinta ad aprire, soprattutto da parte di partiti come la Lega. Io non sono contrario per principio: ma per favore, si valuti prima di tutto pensando alla difesa della salute pubblica. Ci sono degli indicatori? Bene, utilizziamo quelli come il governo e le regioni hanno deciso fin dall’inizio. Ripeto: se le rilevazioni sull’andamento dell’epidemia ci diranno che anche Lombardia e Piemonte possono riaprire, rispetterò la decisione del governo. Se si deciderà invece per altre motivazioni non dico che faremo ciò che minaccia la Sardegna, dico però che dovremo prevedere delle contromisure».

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Emergenza Coronavirus: i numeri del 28 maggio (Il Messaggero, 29 maggio 2020)

E così, mentre Giulio Gallera va dai pm di Bergamo a confermare che la zona rossa ad Alzano e Nembro avrebbe potuto costituirla anche la Regione Lombardia e si moltiplicano le accuse di truccare i dati da parte non solo della Fondazione Gimbe ma anche dagli esperti del ministero della Salute, le Regioni vanno in ordine sparso e il Corriere della Sera spiega oggi in un articolo a firma di Fiorenza Sarzanini che non è escluso che si confermi la libertà di trasferimento prevedendo una quarantena «breve»per chi va in alcune aree. Una regola che dovrà valere anche per gli stranieri che arriveranno in Italia. «Gli italiani hanno mostrato responsabilità, penso sia opportuno garantire libertà di movimento con la certezza che questo non farà salire i contagi», spiega la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa.

O riaprono tutti o non riapre nessuno il 3 giugno

Il quotidiano spiega che la linea del governo è far procedere tutti insieme. Dunque —ameno che non ci sia un’impennata dei nuovi positivi in Lombardia o in altre regioni — si proporrà di confermare la libera circolazione da mercoledì.

E se alcuni governatori dovessero manifestare timori rispetto agli arrivi in vista delle vacanze si proporranno misure di contenimento che possano comunque rassicurare i residenti. Esclusa la possibilità di imporre il test sierologico prima di varcare il confine, si stanno prendendo in considerazione altre misure. Tra queste c’è la cosiddetta quarantena «breve», quattro o cinque giorni che possano consentire di escludere che la persona abbia contratto il virus. Si tratta di una regola che rischia però di scoraggiare la ripresa del turismo e dunque non è affatto scontato che venga accolta.

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I tamponi diagnostici nelle regioni (Corriere della Sera, 29 maggio 2020)

Se invece i dati non dovessero essere positivi, si dovrebbe rinviare la libera circolazione di una settimana e il governo pensa comunque a un provvedimento che non faccia distinzioni tra le varie Regioni. È un’ipotesi che il ministro della Salute Roberto Speranza — certamente il più prudente all’interno dell’esecutivo— vedrebbe con favore, confortato anche dal parere degli scienziati che da giorni invitano a «procedere con cautela per evitare la creazione di nuovi focolai».

Sembra evidente che questo tipo di scelta rischia di provocare polemiche e scontri tra i presidenti, ma in questo ultimo step della fase 2 il governo vuole far passare la linea di regole uguali per tutti. «Misure restrittive rispetto ai decreti non sono vietate, ma devono essere comunque in linea. Altrimenti impugneremo i provvedimenti davanti al Tar», ha già chiarito Boccia.

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