Cosa può fare l’università per il Sud e i giovani

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2019-01-09

È appena uscita la tabella dei Punti Organici relativa al 2018 (con un anno di ritardo!). Grande clamore perché ha trasferito 270 posti dalle Università del Sud alle Università del Nord. Lasciando perdere che contemporaneamente il Governo istituiva la Normale di Napoli assegnando alla Federico II ben 50 Milioni di Euro ( e quindi in …

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È appena uscita la tabella dei Punti Organici relativa al 2018 (con un anno di ritardo!). Grande clamore perché ha trasferito 270 posti dalle Università del Sud alle Università del Nord. Lasciando perdere che contemporaneamente il Governo istituiva la Normale di Napoli assegnando alla Federico II ben 50 Milioni di Euro ( e quindi in qualche senso i posti “scippati” erano restituiti al Sud, si deve però notare che lo “scippo” si basa sul dato di fatto che il rapporto Professori/Studenti (al 31-12-2017) era più alto al Sud che al Nord e quindi, non potendo trasferire gli studenti, si trasferiscono i posti dei Professori. Leggendo i dati del MIUR uno scopre con solo al Sud si iscrivono meno studenti ma che anche il tasso di laureati nella fascia di età 30-34 è bassissima nel Meridione. La ragione di questa debacle viene da lontano. Io credo che tutto abbia avuto inizio con la legge dell’Autonomia dovuta a Ruberti. Nel momento stesso che gli Atenei hanno acquistato autonomia, il valore legale della Laurea ha smesso di avere senso. Essere laureati in Ingegneria al Politecnico di Milano è diverso che laurearsi ad Ingegneria a Firenze o a Cosenza. Inoltre mancano adeguate strutture che svolgano la funzione di “bloccare” i laureati meridionali sul territorio.

università

Infatti molto più che una Normale a Napoli, servirebbe un Consorzio di Scienza e Tecnologia che fermasse\formasse sul territorio gli ingeneri e i tecnologi appena sfornati dalle Università del Sud con borse di studio finalizzate a collaborare con aziende tecnologicamente evolute del territorio. Attualmente lo studente meridionale è spinto, già al momento dell’iscrizione, a trasferirsi a Nord per scegliere una Università ben inserita in un territorio che offra sbocchi occupazionali. E anche qualora rimanga al Sud per la laurea, è spinto dalla necessità di lavorare a trasferirsi al Nord, lasciando al Sud l’attuale deserto culturale. Si deve porre freno a questo trend sia per il bene del Meridione che per il bene dell’Italia. Io non credo che la risposta giusta a questa criticità non sia né abolire l’autonomia ritornando al centralismo del passato e né piagnucolare per lo “scippo” di punti organici. Io penso che si debba avere il coraggio e l’onestà intellettuale di affrontare il vero problema. L’unica soluzione sensata è che si deve offrire una possibilità lavorativa ai ragazzi appena laureati al Sud. E al raggiungimento di questo obiettivo devono contribuire i centri di Alta Formazione. Il progresso di un territorio è strettamente legato al Capitale Umano e questo lo può formare solo l’Università. Si può fermare il declino solo con l’Alta Formazione ma le Università, per contribuire al raggiungimento di questo risultato, debbono cambiare pelle. Non servono più professori, servono “nuovi” professori capaci di dare ciò che i giovani chiedono: un futuro nella loro terra d’origine.

Leggi sull’argomento: Il colpo all’università del governo Lega-M5S

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