I naufraghi dell’Università inseguono la cammella sull’isola deserta

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2018-10-05

Cena con alcuni genitori dei compagni di mia figlia alle elementari. Al posto di un’allegra rimpatriata è emersa una verità devastante. Alcuni compagnucci di mia figlia hanno de facto abbandonato la scuola (problemi di droga, o di alcool o di esaurimento nervoso). Eppure erano ragazzi normali, di buona, anzi ottima, famiglia, intelligenti, diligenti. Cosa è successo? …

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Cena con alcuni genitori dei compagni di mia figlia alle elementari. Al posto di un’allegra rimpatriata è emersa una verità devastante. Alcuni compagnucci di mia figlia hanno de facto abbandonato la scuola (problemi di droga, o di alcool o di esaurimento nervoso). Eppure erano ragazzi normali, di buona, anzi ottima, famiglia, intelligenti, diligenti. Cosa è successo? Sicuramente una maggiore fragilità dei ragazzi d’oggi a cui si chiede troppo e si dà troppo poco, poi una maggiore instabilità della famiglia. Ma sicuramente una colpa grandissima è l’impianto della scuola dell’obbligo. Mia moglie, un’insegnante, è sommersa da futili compiti burocratici. Lo scorso weekend ha perso l’intero fine settimana a compilare la scheda relativa alle competenze. Vergognosa perdita di tempo senza senso. Io proporrei che chi ha inventato le Competenze fosse condannato a estrarre per dieci anni antimonio in miniera! La Scuola condanna gli insegnanti al supplizio di Sisifo. Molte volte in classe ci sono ragazzi con disturbi di apprendimento, talora gravi. Per dedicarsi ai casi “disperati”, l’insegante non ha tempo per dedicarsi ai casi “normali” dove con poco sforzo si otterrebbero risultati importanti. La Scuola attuale pretende che gli insegnanti applichino al contrario la parabola delle 99 pecorelle. Nello sforzo (purtroppo inutile nella gran parte delle volte) di inseguire e salvare la pecorella smarrita, sono costretti ad abbandonare al loro destino le altre 99 pecorelle con immensa soddisfazione del branco di lupi moderni. Non credo al complotto, ossia che gli alti burocrati della scuola siano in combutta con spacciatori di droga, sfruttatori di minorenni o tenutari di slot machines. Credo sia semplicemente uno scollamento tragico tra il mondo reale e il mondo utopico e irrealistico che popola le fantasie dei sociologhi ministeriali.

Questo scollamento è presente anche nell’Università. Son state messe in piedi strutture burocratiche che chiedono a noi docenti di dedicare gran parte del nostro tempo a riempire cartacce inutili distogliendoci dai nostri compiti primari. ANVUR, SUA, ASN, VQR, MEPA sono acronimi che non dicono nulla al cittadino normale ma che evocano i peggiori incubi a qualunque docente universitario: il disastro di giornate perse inutilmente a riempire scartoffie kafkiane. Ma la conseguenza più devastante non sono queste perdite di tempo per soddisfare le perversioni sado-burocratiche dei grand commis ministeriali. No, il grande problema è che questo gran sabba burocratico ci distoglie dai veri problemi che affliggono l’Università. Quando insegnavo a L’Aquila, il Preside di Ingegneria utilizzò come metafora dell’Università la seguente barzelletta: un pilota precipita su un’isola deserta. Si salva, l’isola è ricca di risorse alimentari, ma non ci sono esseri femminili salvo una cammella. Dopo qualche mese l’istinto prevale sulle remore morali e culturali e il pilota cerca di avere rapporti con la cammella ma questa (giustamente) gli sfugge. L’inseguimento pilota-camella si protrae inutilmente per una decina di anni, fino a che non precipita un altro aereo. Questa volta il pilota dell’aereo precipitato è una conturbante “pilotessa” che per sdebitarsi di essere stata salvata si dichiara disponibile a tutto. Beh, il naufrago è talmente condizionato dalla situazione innaturale vissuta per ben dieci anni che chiede alla pilotessa di aiutarlo a tener ferma la cammella.

Ecco noi universitari ci stiamo, ohimè, comportando come il naufrago. Per inseguire la cammella delle citazioni e delle pubblicazioni richieste dagli ottusi burocrati, non vediamo i veri problemi dell’Università: una ricerca sempre più autoreferenziale, ripetitiva ed inutile; insegnamenti sempre più staccati dai saperi richiesti dalla società di oggi; una incapacità di riqualificare lavoratori espulsi dal mondo produttivo perché portatori di competenze obsolete; una cecità assoluta verso la necessità di trasferire l’innovazione generata dall’Università e Enti di Ricerca al sistema produttivo del Paese, etc etc. Come concludeva il mitico Preside dell’Aquila, il risultato della follia burocratica imperante è che metà del corpo docente dell’Università è formato da incompetenti mentre l’altra metà viene in ogni modo scoraggiata. La burocrazia ministeriale, per funzionare, ha bisogno di persone ottuse. Le persone intelligenti sono un problema: si rendono conto dei danni incalcolabili prodotti su una struttura come quella universitaria che dovrebbe essere agile e pronta ad adattarsi alle mutate esigenze del Paese. Per fortuna ci sono ancora Professori che preferiscono la pilotessa conturbante alla cammella. Ma sono in via di estinzione. Come direbbe il mitico burosauro: che depravazione provare ancora divertimento nel fare il proprio lavoro d’insegnante, che indecenza mettere in primo piano lo studente, la ricerca innovativa o il trasferimento tecnologico!!! Il professore del futuro deve essere profondamente incazzato con il mondo che non riconosce il suo genio, deve fregarsene della didattica e dell’impatto della sua ricerca, deve compilare tonnellate di moduli inutili senza lamentarsi troppo, produrre in modo compulsivo pubblicazioni scientifiche di scuola e darsi da fare per mettere su una congrega di citazion-amici (evoluzione accademica dei tromba-amici), nuova specie animale che può raggiungere l’orgasmo solo citandosi a vicenda al fine di migliorare gli indici valutativi fissati dal Ministero. Quotatum sum, ergo sum!

Leggi sull’argomento: “Vi racconto cosa ci succederà tra dieci anni se l’università non cambia”

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