Perché l’Unione Europea vuole la restituzione delle tasse per il terremoto del 2009 in Abruzzo

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-04-16

Politici di ogni schieramento, sindacati e imprenditori tutti uniti contro la crudele richiesta della Commissione Europea che chiede ad una piccola percentuale di imprenditori abruzzesi la restituzione degli aiuti (sotto forma di agevolazioni fiscali) concessi dall’Italia dopo il sisma del 2009. Ma la verità è molto più complicata e riguarda un decennio di gestione dello stato di calamità naturale da parte dei governi italiani

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Giorgia Meloni ha partecipato oggi all’Aquila alla manifestazione per dire «No al terremoto fiscale» organizzata da alcuni “reduci” del terremoto che si autodefiniscono “vittime dello Stato”. In testa al corteo c’erano i gonfaloni del Comune della Provincia e la manifestazione – che è stata organizzata dal Comune e dalla Regione ha visto la partecipazione di circa 2.500 persone (cinquemila secondo gli organizzatori). Scopo dell’evento opporsi alla alla restituzione delle tasse – sospese a imprese e professionisti nel cratere del sisma del 2009 – richiesta dalla Commissione Europea che considera il provvedimento un aiuto di Stato.

La manifestazione “no al terremoto fiscale”

Durante la manifestazione la Meloni ha parlato di «un’Europa incapace di distinguere un “aiuto di Stato” da quello che uno Stato deve legittimamente fare per le sue popolazioni in tempo di emergenza» aggiungendo che il governo sta subendo “pressioni irricevibili” dall’Unione Europea. Secondo la leader di Fratelli d’Italia siamo di fronte ad «un’Europa sorda, cieca, muta e pure un po’ cretina perché non distinguere “aiuti indebiti di Stato” dal sostegno in momenti di emergenza è da cretini». Ma non è solo FdI a pensarla in questo modo. Anche il vicepresidente della giunta regionale Giovanni Lolli (PD) ha definito la questione «una ingiustizia assurda e un colpo mortale. È un’assurdità l’assurdità lo Stato sbaglia e a pagare dobbiamo essere noi, non esiste».

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Secondo Lolli il governo dovrebbe trattare con l’Europa «quello che era stato fatto con le quote latte». La deputata aquilana Stefania Pezzopane (PD) ha invece definito “distante e contraddittorio” il comportamento dell’Europa che «ci ha dato i fondi per l’emergenza e ora vuole riprendersi le tasse sospese con legge di stato che servivano a non far morire le imprese. Scrivono a vanvera di aiuti di Stato, ma cosa dicono quei burocrati, noi stavamo morendo, e quello che abbiamo avuto ce lo siamo conquistati con le unghie e con i denti». Evocare, come hanno fatto alcuni, la storia vergognosa delle quote latte, le cui sanzioni le stanno pagando gli italiani e gli allevatori onesti che non hanno splafonato. Significa non voler affrontare il vero motivo per cui la Commissione ha avviato la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia.

Gli aiuti fiscali alle imprese colpite dalle calamità naturali

Oggetto del contendere la notifica – arrivata a circa 350 imprese e partite Iva – di cartelle esattoriali a cui vanno aggiunte sanzioni e interessi. La Commissione Europea ha infatti richiesto la restituzione delle somme considerate “aiuti di Stato”. L’Unione Europea considera infatti la sospensione dal pagamento delle imposte stabilita dal governo dopo il terremoto del 6 aprile 2009 un aiuto di Stato indebito, ovvero non dichiarato. Da parte le loro le imprese “accusate” dalla Commissione di aver usufruito indebitamente dello sconto fiscale hanno fatto ricorso al Tar contro la nomina del commissario Margherita Maria Calabrò, incaricato dalla Presidenza del Consiglio del recupero delle somme.

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Per capire le ragioni dell’Unione Europea bisogna fare qualche passo indietro. Nel luglio del 2009 il governo italiano ha notificato alla Commissione Europea l’attivazione di una misura di aiuto destinata a risarcire i danni provocati dal terremoto dell’Abruzzo del 6 aprile 2009. La Commissione ha dato il nulla osta al regime di aiuti. Successivamente (nel luglio del 2012) l’Italia ha modificato gli aiuti a favore delle popolazioni colpite dal terremoto notificando alla Commissione la misura d’aiuto che prevede riduzioni fiscali e contributive per tutte le imprese aventi sede legale o operativa nella zona del Cratere.

Qual è il problema evidenziato dalla Commissione europea sugli aiuto di Stato

Secondo il governo italiano la riduzione delle imposte era giustificata alla luce dell’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE (“aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali”) oppure dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE (“aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune […] regioni economiche”) poiché l’obiettivo è quello di compensare l’impatto macroeconomico in termini di riduzione del PIL a causa della calamità naturale, cosa che è accaduta in maniera significativa in Abruzzo tra il 2008 e il 2009. Il 17 agosto 2012 la Commissione ha informato le autorità italiane del fatto che considerava la misura un presunto aiuto di Stato non notificato e successivamente ha avviato una procedura d’infrazione. Oggetto dell’indagine della Commissione – scaturita da una richiesta di un giudice italiano –  sono state una serie di misure di riduzione fiscale attuate dal nostro Paese nei confronti delle popolazioni colpite da calamità naturali (quali ad esempio l’alluvione del 1994, il terremoto e le eruzioni dell’Etna del 2002 e il terremoto in Molise e in Puglia dello stesso anno).

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L’articolo 107 del TFUE prevede che debba essere dimostrato “che il danno per cui viene concessa la compensazione sia una conseguenza diretta della calamità naturale” e che “l’aiuto non deve comportare una sovracompensazione del danno ma solo ovviare al danno provocato dalla calamità naturale”. Per quanto riguarda le misure d’aiuto del 2009 questi due criteri sono stati rispettati mentre rispetto alle riduzioni fiscali stabilite nel 2012 la Commissione ritiene che ciò non sia avvenuto. In poche parole l’Italia non è stata in grado di dimostrare che i beneficiari della sospensione delle tasse avessero realmente subito un danno perché questo non era previsto dalle leggi istitutive delle agevolazioni. Solo nel 2014 poi l’Italia è riuscita a quantificare il numero dei beneficiari per il sisma in Abruzzo del 2009: circa 21.000, di cui 4.000 non sono più in attività. Già questi numeri fanno capire che quelle 350 imprese che si sono viste recapitare le cartelle esattoriali sono solo una piccolissima parte dei beneficiari.

Chi deve restituire gli aiuti di Stato?

Come spiega in una nota la Commissione in base alla legge italiana “un’impresa con sede legale all’interno della zona colpita, ma senza alcuna presenza fisica o attività economica in loco, avrebbe avuto il diritto di ottenere aiuti”. Ora queste imprese avrebbero potuto beneficiare “di un vantaggio economico capace di falsare o quantomeno minacciare di falsare la concorrenza”. La Commissione quindi nel 2015 conclude che i regimi hanno portato beneficio «non soltanto a imprese effettivamente danneggiate, ma a tutte le imprese aventi sede legale o operativa nelle aree dichiarate “disastrate” dalle autorità italiane, indipendentemente dal fatto che abbiano effettivamente subito o meno danni in seguito alla rispettiva calamità».

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La questione a dire il vero non riguarda solo il terremoto in Abruzzo ma la legislazione italiana in materia a partire dal 1994. Secondo la Commissione alcune sentenze della Corte di Cassazione su analoghi aiuti concessi in Sicilia e in italia settentrionale hanno stabilito che  utte le imprese colpite dalle calamità naturali «avevano diritto a un’agevolazione fiscale e previdenziale del 90%, anche se avevano già versato tali imposte e contributi». Questo, unitamente al fatto che non viene richiesta dimostrazione dell’effettivo danno subito ha indotto centinaia di imprese a chiedere il recupero dei relativi importi debitamente versati. Ad essere restituite però, precisa un portavoce della Commissione devono essere restituite unicamente quelle che riguardano il sisma del 2009 (e la Commissione ha precisato che questa forma di aiuto non può più essere usata).

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Quelle somme sono dovute solo da quei beneficiari che non avendo alcuna attività economica nella zona non possono nemmeno aver subito alcun danno e “il recupero è necessario soltanto se l’importo degli aiuti di stato incompatibili ricevuti dall’impresa è sufficientemente elevato da essere in grado di falsare la concorrenza, e se non è oggetto di un’altra misura di aiuto di stato approvata o esente”. Non si può nemmeno dire che l’Europa vuole “affamare” i terremotati visto che qualche settimana fa del resto qualche settimana fa la stessa Bruxelles ha dato il via libera allo schema di aiuti da 44 milioni di euro per il 2018-2020 per i terremoti del 2016-2017. Lolli ha detto che “è lo Stato che sbaglia” come se si sia trattata di una semplice “dimenticanza”. L’indagine della Commissione ha invece appurato che questo è stato il metodo adottato dal nostro Paese per fare fronte alle calamità naturali. Non sarebbe poi la prima volta che qualcuno ha approfittato degli aiuti per le popolazioni terremotate non avendone diritto.

 

Foto copertina via Twitter.com

 

 

 

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