I troppi silenzi su Maria Elena Boschi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-05-14

L’editorialista di Repubblica scrive che il paese non ha ancora imparato la lezione di Berlusconi

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Massimo Giannini su Repubblica oggi ci racconta i troppi silenzi sul caso di Maria Elena Boschi e dell’invito a valutare l’acquisizione di Banca Etruria raccontato da Ferruccio De Bortoli. L’editorialista di Repubblica scrive che il paese non ha ancora imparato la lezione di Berlusconi:

Sono tante le domande sulla presunta “diplomazia bancaria” della Boschi, che esigerebbero invece una risposta definitiva. È vero (come ha scritto il Fatto) che già nel marzo 2014 la ministra e suo papà nella loro villa di Laterina incontrarono il presidente di Etruria e i vertici di Veneto Banca, per concordare una “resistenza” rispetto ai tentativi di acquisizione da parte della Popolare di Vicenza? È vero (come ha scritto de Bortoli nel suo libro) che nel gennaio 2015 la ministra chiese a Ghizzoni un intervento di Unicredit su Etruria, e che la manager Marina Natale fu incaricata di aprire un dossier per valutare l’acquisto, salvo poi richiuderlo con “parere negativo”?
È vero (come ha scritto la Stampa) che nel febbraio 2015 l’allora neo-presidente di Etruria, Rosi, ebbe a sua volta un altro incontro con Ghizzoni («facilitato da qualcuno…») per tentare un ultimo affondo sul salvataggio da parte di Unicredit? E dunque, la ministra ha mentito all’assemblea di Montecitorio? E se ha mentito, può restare al suo posto nel governo Gentiloni? Sono interrogativi che galleggiano nel vuoto. Sospesi tra l’evidenza delle ricostruzioni giornalistiche e la “macchina del fango” lamentata dalla Boschi.

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Pagina 209 del libro di Ferruccio De Bortoli “Poteri forti (o quasi)” Foto da: Repubblica, 12 maggio 2017

Giannini ricorda che Delrio ha ammesso di aver lavorato al dossier e di aver chiesto a BPER, ma inquadra la decisione del ministro all’interno della normale attività di governo. Delrio e Boschi, però, non sono la stessa cosa:

Interrogativi che la “confessione” di Graziano Delrio rende persino più pressanti. L’ex sottosegretario a Palazzo Chigi ammette di aver chiamato all’inizio del 2015 l’allora presidente della Bper, Caselli, per chiedergli di «valutare un soccorso dei quattro istituti». E quando aggiunge «un interessamento della presidenza del Consiglio era naturale», Delrio ha perfettamente ragione. Non c’è nessuno scandalo, se un governo cerca soluzioni per impedire “crisi sistemiche”. Ma solo qualche anima candida può mettere sullo stesso piano Delrio e la Boschi.
Il primo ha agito nel rispetto del suo compito istituzionale (esercitato ugualmente per Ilva o Alitalia). La seconda avrebbe agito in palese conflitto di interessi (certificato inutilmente dalla riforma Frattini del 2004). Torniamo così al punto di partenza. Alla lezione del Cavaliere, che un Paese indolente non ha imparato. Alla legge dello Stato, che un governo inadempiente non ha applicato. Alla missione del giornalismo, che una politica arrogante non ha rispettato. Ora, in attesa che Ghizzoni si decida finalmente a raccontare la verità, rimane solo la Commissione parlamentare d’inchiesta, che le due opposte tifoserie stanno già trasformando nella Santa Inquisizione bancaria. Un rito focoso, ma inutile. Sul rogo non ci finirà nessuno.

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