Harry Tria e il DEF dei segreti

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-04-12

Il ministro dell’Economia dice che i numeri del DEF vanno “interpretati”. Il nostro aruspice preferito però dimentica cosa successe l’anno scorso…

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Il ministro dell’Economia Giovanni Tria rilascia oggi un’intervista al Messaggero in cui ci spiega che i numeri catastrofici del DEF vanno interpretati. Il primo punto che l’inquilino di via XX Settembre solleva è quello delle discese ardite e delle risalite:

Ministro Tria, la crescita dello 0,2% a fronte di una previsione dell’1%non sembra una gran salita. Soprattutto se si pensa che allo 0,2% si arriverebbe con la del decreto crescita combinato con lo sblocco degli appalti.
«Ci sono vari modi per leggere i numeri contenuti nel Def. E se le dicessi che quello 0,2% implica che nell’ultimo trimestre la crescita su base annua deve raggiungere l’1,2%? Dobbiamo calcolare che i nuovi provvedimenti produrranno effetti visibili solo nel secondo semestre. E poi ci sono i raffronti del Fmi, che ci confortano».

Lei crede? Ma non è lo stesso Fondo monetario che ci considera una zavorra per l’Europa al pari della Brexit?
«Se si entra nel merito dei numeri vedrà che la prospettiva cambia. Prendiamo ad esempio le correzioni del Fondo rispetto alle previsioni di crescita indicate ad ottobre per il 2019. Ebbene, per l’Eurozona il taglio è dello 0,6%, per l’Italia dello 0,9% e per la Germania dell’1,1%. E se confrontiamo questi numeri con la correzione relativa al 2020, vedrà che l’Italia è in posizione ancora meno critica: a fronte di un ulteriore taglio dello 0,2% per Eurozona e Germania,nessuna correzione per l’Italia. Ancora più significativa è la previsione sul differenziale di crescita con la Germania che, tradizionalmente attorno all’1%, è previsto ridursi nel 2020 allo 0,5%».

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Le previsioni del DEF (Corriere della Sera, 11 aprile 2019)

Insomma, secondo Tria i numeri vanno letti con attenzione. Non si può che concordare, visto quello che è successo all’epoca della nota di aggiornamento del DEFL’Ufficio parlamentare di Bilancio riteneva che non fosse possibile validare le previsioni macroeconomiche relative al 2019 contenute nel quadro programmatico della nota di aggiornamento del Def giudicando che “i significativi e diffusi disallineamenti relativi alle principali variabili del quadro programmatico – rispetto alle stime elaborate dal panel dei previsori – rendono eccessivamente ottimistica la previsione di crescita sia del pil reale (1,5 per cento) sia di quello nominale (più 3,1 per cento nel 2019), variabile quest’ultima cruciale per la dinamica degli aggregati di finanza pubblica”. Solo per questo, l’UPB si prese l’accusa di essere “pakato da Renzi” anche se lo stesso ufficio guidato da Giuseppe Pisauro aveva bocciato anche le manovre economiche del governo dell’ex segretario PD. Come è andata a finire lo sappiamo tutti: avevano ragione loro. E tutto questo non può che gettare un’interessante (e sinistra) luce sulle previsioni di Tria. Che dice che nel secondo semestre cresceremo all’1,2%. E chissà se stavolta almeno ci ha azzeccato.

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