Marco Travaglio e le pressioni (?) di Toninelli

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-09-05

Il direttore del Fatto all’attacco del ministro, “politico che lancia il sasso e nasconde la mano”. L’inizio dell’articolo è una frase shock

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Marco Travaglio stamattina sul Fatto bacchetta il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli per le “pressioni” denunciate ieri in Parlamento senza nomi e cognomi che avrebbe ricevuto nella vicenda di Autostrade e per la pubblicazione delle concessioni autostradali (che poi sono state pubblicate da Atlantia prima che dal ministero): il pezzo comincia con una frase che shockerà molti:

Questa volta ha ragione il Pd: il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli (5Stelle) non può parlare di “pressioni interne ed esterne”, cioè dal suo stesso ministero e dalla società Autostrade per l’Italia, contro la sacrosanta revoca della concessione, e poi tacere. Di quelle pressioni deve anzitutto indicare gli autori e il contenuto.

Se si è trattato di amorevoli consigli verbali per dissuaderlo dal proposito assunto dall’intero governo, premier Conte in primis, chi glieli ha rivolti dal suo dicastero dev’essere immediatamente rimosso, mentre per Autostrade il problema non dovrebbe porsi, visto che come concessionaria ha i mesi contati. Se invece si è trattato di pressioni vere e proprie, magari accompagnate da minacce di ritorsioni, il Codice penale le punisce con precise fattispecie di reato fino alla “violenza o minaccia a corpo politico”(art. 338 Cp, lo stesso che è appena costato pesanti condanne in primo grado agli imputati del processo sulla trattativa Stato-mafia): in questo caso, dopo la doverosa denuncia in Parlamento, Toninelli dovrebbe precipitarsi alla Procura della Repubblica con un esposto corredato di nomi e i cognomi.

marco travaglio otto e mezzo giuseppe conte premier non eletto -1

L’articolo del codice penale è anche quello utilizzato da Claudio Borghi per denunciare qualche giorno fa Carlo Calenda:

L’unica cosa che non può e non deve accadere è quello che succedeva in passato, prima dell’avvento del cosiddetto “governo del cambiamento”: il politico che lancia il sasso e nasconde la mano e il caso che finisce a tarallucci e vino, senza colpevoli né innocenti.

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