Terra in cambio di figli: perché è una norma allucinante

di Elio Truzzolillo

Pubblicato il 2018-11-02

La Legge di Bilancio, che sarà discussa in parlamento, prevede la possibilità di avere in concessione per un periodo minimo di 20 anni un terreno pubblico o abbandonato. Questa possibilità sarà accordata alle famiglie che avranno il terzo figlio nel triennio 2019-2021. La norma ha suscitato, giustamente, molta ilarità, cerchiamo quindi di argomentare perché si …

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La Legge di Bilancio, che sarà discussa in parlamento, prevede la possibilità di avere in concessione per un periodo minimo di 20 anni un terreno pubblico o abbandonato. Questa possibilità sarà accordata alle famiglie che avranno il terzo figlio nel triennio 2019-2021. La norma ha suscitato, giustamente, molta ilarità, cerchiamo quindi di argomentare perché si tratta di un provvedimento allucinante, sia dal punto di vista pratico sia da quello culturale-ideologico.

podere al popolo terreni regalo a chi fa figli
Il costo medio dei terreni in Italia (Corriere della Sera, 31 ottobre 2018)

Vediamo prima gli aspetti pratici. Secondo l’art. 49 il primo scopo della legge e “favorire la crescita demografica”, inoltre ci si prefigge di arrestare lo spopolamento delle aree rurali e rilanciare il settore agricolo. Raramente un singolo provvedimento ha avuto così tanti nobili obiettivi senza riuscire ad apportare contributi positivi a nessuno di questi. Davvero qualcuno pensa che esistano coppie invogliate ad avere il terzo figlio da una concessione ventennale di qualche terreno incolto situato chissà dove? Secondo il governo insegnanti, panettieri, operai, impiegati comunali, agenti di viaggio, disoccupati, ecc., dovrebbero decidere di allargare la famiglia per improvvisarsi agricoltori. Questo dovrebbe avvenire indipendentemente dalla disponibilità delle competenze e dei capitali necessari. Dovrebbe, inoltre, avvenire grazie alla concessione di un terreno che fino ad ora nessuno ha trovato interessante per esercitarvi l’attività agricola (altrimenti non sarebbe inutilizzato o abbandonato). Difficile pensare che saranno disponibili lotti nel territorio del Franciacorta o del Monferrato. È evidente che sono altre le strategie per incrementare la natalità. In ogni caso, va sottolineato, nessun provvedimento può incentivare più di tanto la natalità. Praticamente tutti i paesi europei, anche quelli che hanno le politiche più generose in questo senso, non riescono a raggiungere il tasso di fertilità di due bambini per donna. Si rassegnino i giallo-verdi, l’immigrazione rimane e rimarrà una risorsa importante per contrastare il calo demografico. Inoltre l’agricoltura si aiuta incentivando investimenti, concorrenza, innovazione e aggregazioni per raggiungere dimensioni minime di efficienza, non certo creando una miriade di piccole e inefficienti aziende famigliari. Andiamo avanti, la norma prevede che l’assegnazione possa anche essere a favore di società in cui il 30% delle quote siano detenute dal nucleo famigliare. Che cosa succederà? Difficile dirlo prima dei regolamenti attuativi, ma il dubbio è che qualche impresa agricola già esistente si possa aggiudicare questi terreni marginali tramite una nuova società, in cui farà partecipare il nucleo famigliare. Poi basterà fare richiesta dei generosi sussidi agricoli disponibili, magari quelli per l’agricoltura biologica, sussidi talmente generosi che basta possedere un campo incolto per aggiudicarseli (un campo incolto è biologico per definizione). Si potrà così produrre poco o niente e avere una rendita. Non è un caso che la maggior parte dei terreni destinati all’agricoltura biologica siano concentrati al sud, laddove le condizioni per un’attività economica produttiva sono più rare e prevale il sussidio fine a sé stesso. Insomma, rischia di essere un modo come un altro per erogare “redditi di cittadinanza” senza troppi e fastidiosi vincoli.

 

Da leggere: Podere al Popolo: perché il governo vuole regalare la terra a chi fa tre figli

 

Dal punto di vista culturale la norma riflette una concezione di società da piccolo mondo antico. Una società fatta di microimprese inefficienti, di piccoli artigiani, piccoli agricoltori, piccoli commercianti, fondata sull’auto consumo locale. Una società che rifiuta la modernizzazione, la concorrenza, l’efficienza produttiva e l’apertura ai mercati. È da questa perversione culturale che deriva l’odio per i centri commerciali, per le grandi imprese, per il commercio internazionale, per la finanza e, purtroppo, persino per la scienza. Una cultura che è lo specchio di un paese sconfitto che si richiude in sé stesso, rifugiandosi nei modi di produrre e di vivere del passato. Un paese che continua a idealizzare, tutelare e sussidiare le micro imprese (si veda anche l’agevolazione fiscale per le partite iva che disincentiva la nascita di società o studi associati). Un paese che rifiuta di capire che è nel “piccolo” che si annidano inefficienza, evasione fiscale, lavoro nero, scarsità di investimenti, violazione delle norme di sicurezza, fragilità finanziaria e assenza di ricerca. L’agricoltura, come si già accennato, ha bisogno di innovazione, di investimenti e di meccanizzazione. L’agricoltura moderna necessita di competenze professionali, capitali e dimensioni d’azienda ottimali, esattamente come qualsiasi altro settore produttivo. Non ha bisogno di più braccia. Non ha bisogno di replicare il modello della famiglia Ingalls, protagonista della fortunata serie “La casa nella prateria”. La terra alle famiglie numerose è un provvedimento ottocentesco, un mondo in cui quasi tutti erano contadini, l’agricoltura era una questione di lavoro muscolare e la terra era una fonte di sostentamento diretto (auto consumo) oltre che oggetto di attività economica vera e propria. Insomma, anche se il suo impatto sarà insignificante, questo provvedimento è proprio il simbolo di un paese sospeso tra il passato e il futuro, che sempre più spesso decide di fare un passo indietro invece che in avanti.

foto di copertina via

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