Da Grillo a Berrino: le balle economiche che inquinano il nostro paese

di Elio Truzzolillo

Pubblicato il 2018-11-14

C’è una balla, tra le tante che circolano nel nostro paese, che è particolarmente pericolosa per le conseguenze che può avere sul modo di percepire la realtà da parte delle persone. Secondo questa balla i disastri, le calamità naturali e gli episodi che causano distruzione, portano a un aumento del PIL. Il concetto è stato ripreso …

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C’è una balla, tra le tante che circolano nel nostro paese, che è particolarmente pericolosa per le conseguenze che può avere sul modo di percepire la realtà da parte delle persone. Secondo questa balla i disastri, le calamità naturali e gli episodi che causano distruzione, portano a un aumento del PIL. Il concetto è stato ripreso per l’ennesima volta dal re dei cattivi maestri Beppe Grillo. Durante uno spettacolo a Jesolo il comico genovese ha dichiarato: “Cambiamenti climatici? Non credeteci. Ho visto le foto del bellunese, alberi caduti tutti uguali, pareva l’Ikea. La verità è che le catastrofi sono il nostro PIL, costruiamo e ricostruiamo”. Non è la prima volta che Grillo cede al fascino di questa “verità rivoluzionaria”. Per restare ai tempi recenti in un articolo sul suo Blog del 29 marzo 2018, si vantava di avere messo in imbarazzo Romano Prodi, allorché fece notare come in conseguenza di un incidente in cui una macchina fosse distrutta il PIL sarebbe salito. Questa balla è stata ripetuta da molti esponenti del M5S nella loro crociata contro l’attuale sistema economico, ma non solo da loro, è molto più diffusa di quello che si crede. A titolo di esempio potreste leggerla in un quotidiano economico come Italia Oggi, dove, criticando il concetto stesso di PIL, si rilancia la notizia che più di metà della crescita statunitense nel 1992 sia stata merito dei cicloni distruttivi Andrew e Iniki. Oppure in un articolo di Nicola Porro sul quotidiano Il Giornale, quando con cinico coraggio fa notare che: “I disastri naturali hanno un impatto sull’economia. Ed è inutile fare i finti tonti, come per le guerre, spesso il loro impatto sulla crescita economica è positivo”. Persino il prof. Franco Berrino, il grande guru della salute con tendenze pseudo spiritualistiche, non ha dubbi quando critica l’attuale sistema: “Se noi ci ammaliamo aumenta il PIL, c’è crescita, diminuisce lo spread”.

 

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La balla è culturalmente molto pericolosa. Se crediamo a questa sciocchezza, infatti, perché non dovremmo credere che le alluvioni siano la deliberata conseguenza di una manipolazione del clima dei poteri forti? Perché non dovremmo credere che le multinazionali, coperte dai governi, avvelenino volontariamente i vaccini per farci ammalare e far salire il PIL? Perché non dovremmo credere che, in fondo, la decrescita non sia così male? Insomma, se crediamo che l’attuale sistema economico abbia un bisogno strutturale di eventi catastrofici, saremmo poi disposti a credere a tutto. In realtà i disastri, le catastrofi naturali e gli eventi distruttivi non fanno crescere il PIL. La questione è molto più vecchia di quello che questi “pensatori rivoluzionari” vogliono farci credere. Già a metà del XIX secolo l’economista francese Frédéric Bastiat, con la sua “fallacia della finestra rotta”, riuscì a smontare questo paradosso. Le riflessioni di Bastiat hanno impegnato altri pensatori negli anni successivi, ma noi semplificheremo al massimo la questione, consapevoli di perdere alcune sfumature interessanti.

avvenire beppe grillo m5s - 3

Ora, se un ponte crolla per un terremoto, lo stato dovrà impegnare dei soldi per la sua ricostruzione, questi soldi saranno sottratti a un’altra spesa, per esempio la costruzione di un altro ponte. Quindi si dovrà rinunciare a un investimento che avrebbe portato ricchezza in futuro (il nuovo ponte) per ripristinare la situazione originaria (riavere il vecchio ponte). In alternativa lo stato potrebbe ricostruire il vecchio ponte e costruire quello nuovo che era già in progetto aumentato le tasse. In questo caso ci troveremmo nella stessa situazione che avremmo avuto senza l’evento distruttivo, ma con tasse più alte e risorse comunque sottratte ad altri investimenti. Ci sarebbe anche una terza possibilità, fare deficit per ricostruire il vecchio ponte e costruire ugualmente quello nuovo. Anche qui, però, si avrebbe la stessa situazione che si sarebbe verificata senza l’evento distruttivo, ma lo stato sarebbe più indebitato. Non ci sono grandi vantaggi per l’economia se crolla un ponte, non trovate? È chiaro che per la singola impresa incaricata di ricostruire il ponte il disastro potrà essere economicamente positivo, ma non lo è comunque per l’economia nel suo complesso. Può essere un buon esercizio mentale provare a ragionare sulle conseguenze di una finestra rotta (anche se arricchisce il vetraio) o di un incidente automobilistico (anche se arricchisce il carrozziere). Una volta compreso questo sarà più agevole capire perché Beppe Grillo dice sciocchezze culturalmente pericolose, sarà anche più facile capire perché gli economisti non consigliano di bombardare le città per avere più crescita economica. Sarà, infine, palese a tutti perché, al contrario di quello che pensa il prof. Berrino, non è saggio augurarci un’epidemia di Ebola per ridurre lo spread, morti a parte, non funzionerebbe.

Foto copertina via 

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