Attualità
Le telefonate tra Matteo e Tiziano Renzi
neXtQuotidiano 07/11/2018
I dettagli dell’inchiesta che ha portato all’archiviazione del padre dell’ex premier. Con i testi delle telefonate tra il babbo e il figlio
Dopo la richiesta di archiviazione arrivata dalla procura di Roma e la vittoria in giudizio contro il Fatto Quotidiano, i giornali oggi nelle more dell’inchiesta CONSIP riportano le carte che riguardano Tiziano Renzi e Matteo Renzi, compresa la telefonata tra padre e figlio di cui si era già parlato.
Le telefonate tra Matteo e Tiziano Renzi
Nelle oltre centomila pagine di atti depositati con la chiusura dell’inchiesta Consip (verbali di interrogatorio, testimonianze, intercettazioni e informative di polizia giudiziaria) la procura ha chiesto l’archiviazione per il “babbo” ma la sua ricostruzione viene bollata come «inverosimile». Proprio il Fatto Quotidiano pubblica le telefonate tra i due. La prima risale al primo marzo 2017, due giorni prima dell’interrogatorio di Babbo Renzi:
Matteo Renzi: L’avvocato deve prepararti all’interrogatorio e questo sono cazzi tuoi e credo che sia opportuno che tu lo faccia per bene. (…) è una cosa che riguarda te e l’avvocato e va bene,ma qui sta dicendo che tu e questo meraviglioso e straordinario personaggio che risponde al nome di Carlo Russo (…) dicono che voi due vi facevate promettere dei soldi da Romeo.
Tiziano Renzi: Se lui si è fatto promettere dei soldi perché è amico mio (…) io che c’entro (…) come faccio a saperlo? Matteo: Non ti sto ponendo il tema di che cosa hai fatto. Ti sto dicendo che è quello che sta dicendo, secondo i più è un errore casualmente di stampa dell’Ansa che casualmente vi mette insieme, anche perché Carlo Russo lo hanno indagato per questa cosa, mentre te non c’entri un cazzo e sei su Roma per il traffico d’influenze, cioè per aver alzato quella merda di telefono e aver chiamato Marroni… cosa che sicuramente in una prossima vita non sarai.
Tiziano: Ma non è vero.
Matteo: Ma sì, questo è quello su cui ti stanno rompendo i coglioni (…) Non far nulla. Fatti fare un comunicato da Bagattini (l’avvocato difensore, ndr) (…) Poi venerdì devi stare attento perché devi dire la verità come ovvio che sia, ma l’interrogatorio è per venerdì…
Tiziano: (…) Dimmi che cosa devo fare e io lo faccio.
Matteo: (…) Lo faccio fare io a Bagattini. (…) Preparati per l’interrogatorio e basta.
La seconda è del giorno dopo: Renzi quella mattina legge su Repubblica che l’ex tesoriere del Pd campano, Alfredo Mazzei va sostenendo di avere saputo dall’imprenditore Alfredo Romeo che un giorno aveva incontrato Tiziano Renzi grazie a Carlo Russo. Tiziano Renzi sostiene con il figlio di non conoscere Mazzei, cosa vera, ma Matteo non gli crede e gli strappa una mezza ammissione su un “non ricordo” relativo a un incontro al bar.
Il giro di merda a Medjugorie
Nella seconda telefonata Renzi pare parecchio irritato con il padre e gli dice la famosa frase del giro di merda di Medjugorie (Tiziano Renzi organizzava pellegrinaggi dalla Madonna, che secondo la Chiesa è un imbroglio).
Matteo Renzi: Ma come fai a dire che Mazzei non lo conosci?
Tiziano Renzi: (…) Non lo so chi è Mazzei!
Matteo: È l’unico che conosco anch’io…(…) Io spero che tu riesca a capire la fase che stiamo vivendo (…) se tu vai in un interrogatorio (…) e pensi di poter dire non so chi sono, non so chi sono questi, ti portano via e fanno bene! (…) Ti devi ricordare chi hai incontrato, come, quando, perché e dove, e non devi pensare di mandarla in cavalleria, devi entrare nel merito di tutti i singoli punti e andare su tutte le singole questioni a ricordarti che cazzo hai fatto! Perché non è più la questione della Madonnina del Maier (…) Questa è un’altra questione (…) tu e il tuo giro di merda di Medjugorje (…) Stai distruggendo una esperienza! (…) Hai fatto una cena o no con Romeo?
Tiziano: No, mai! Io le cene me le ricordo! È i barche non ricordo! E gli incontri al volo che non mi ricordo!
Matteo a un certo punto tira fuori anche l’argomento della madre, prima di arrabbiarsi e mandare un ultimatum al padre:
Matteo: C’era anche la mamma (…) non c’entra che tu lo dica (…) perché è la volta buona che interrogano anche lei, per cui almeno la mamma evita di dirlo (…) siccome non c’entra un cazzo (…) Evitiamo di mettere in mezzo anche lei (…) Lo hai incontrato Romeo in un altro momento sì o no? Tiziano: Non ho memoria di aver incontrato Romeo! Matteo: Allora vai a processo (…) e avremo tre anni con tea processo. Io lascio le primarie e non è un problema (…) Pensa di poter raccontare questo ai magistrati, tu vai a dire che non ricordi di aver incontrato un signore che ha 30, 50, 100 milioni di fatturato.
Matteo: Babbo, vai, piglia per il culo (…) Tu devi dire le cose che sai, devi ricordartele! Cazzo! Devi dire la verità! E la verità tu non l’hai detta a Luca in passato, quindi ti prego di iniziare a dirla (…) e non mi far dire altro. (…) Devi ricordarti quando hai incontrato Romeo, se lo hai incontrato una o più volte. Devi dire tutto quello che lui ti ha detto (…) perché non puoi dire bugie!
La fuga di notizie sull’inchiesta CONSIP
Poi c’è la questione della fuga di notizie. Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi cercano di venire a capo della fuga di notizie dall’Arma che ha messo sul chi vive gli indagati. Renzi senior, dice Repubblica, racconta di essere stato avvisato dal generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, all’epoca comandante della Toscana: «Saltalamacchia mi ha sempre raccomandato di stare lontano da Russo e non mi ha detto di non parlare al telefono con lui…Ho inteso le sue raccomandazioni come un avvertimento a un amico».
Per questa e altre risposte la ricostruzione di Tiziano Renzi viene bollata come inverosimile. Chiude Repubblica:
Per dire, del suo amico Carlo Russo, accusato di millantato credito, una persona di famiglia, Tiziano racconta: «Aveva una vita personale complicata, vidi una persona in difficoltà e gli proposi di andare a Medjugorje dove io e mia moglie organizziamo annualmente pellegrinaggi ed egli accettò. Non ho mai parlato con lui di Consip, non ho mai spinto per lui su Consip». E quando i pm chiedono per quale motivo aveva fatto arrivare a Russo l’indicazione di non telefonargli, spiega: «Avevo il timore che lui usasse il mio nome impropriamente. Io lo percepivo come un pericolo».