Quella del M5S sulla TAV è solo una sceneggiata

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-03-04

«Prendi una posizione e tienila. Dobbiamo dire di no con decisione alla Tav. Anche se non servisse a nulla». In queste parole attribuite dal Corriere della Sera a Beppe Grillo e indirizzate a Luigi Di Maio c’è la nuova strategia del MoVimento 5 Stelle sull’Alta Velocità, che, come da proclami di tanti senatori come Alberto …

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«Prendi una posizione e tienila. Dobbiamo dire di no con decisione alla Tav. Anche se non servisse a nulla». In queste parole attribuite dal Corriere della Sera a Beppe Grillo e indirizzate a Luigi Di Maio c’è la nuova strategia del MoVimento 5 Stelle sull’Alta Velocità, che, come da proclami di tanti senatori come Alberto Airola, prevede un po’ di sceneggiata e ammuina prima di cedere alla volontà di Salvini mascherandosi dietro un voto del Parlamento.

Di Maio è sotto accusa per la linea ondivaga che avrebbe disorientato la base e sarebbe uno dei motivi del crollo nei sondaggi, spiega il Corriere. Il vicepremier è stato preso di petto da Grillo che gli ha ordinato la linea: combattere fino alla sconfitta per salvare la faccia, la sua e quella degli altri come Beppe che sono andati a promettere lo stop a un’opera senza preoccuparsi delle conseguenze, come su TAP e ILVA. Il problema è che per segare la TAV ci vuole un voto del Parlamento e tutto il parlamento tranne il M5S è a favore della TAV:

In quell’«anche» sta il dramma del Movimento. Come spiega un dirigente: «È una battaglia persa ma dobbiamo far finta di combatterla se vogliamo fermare l’emorragia di voti».  La fermezza con la quale la Lega si dice favorevole alla Tav deriva da una certezza: che nella guerra dei numeri, quelli dei costi/benefici contano meno di quelli del Parlamento.

Per bloccare la Tav bisogna approvare una legge di modifica del trattato con la Francia. Il Movimento è solo contro tutti. Anche nel caso miracoloso passasse una legge, non ci sono precedenti di annullamenti di trattati firmati dal Quirinale. Dunque: combattere non serve a nulla, se non a provare a convincere gli elettori di non aver tradito.

Ecco perché sulla TAV si sta sceneggiando una guerra che in realtà non c’è. Perché è stata già persa all’epoca del primo dibattito e oggi non ci sono i voti per ribaltare quella decisione. Ma per il M5S c’è anche una bella notizia, ovvero che volendo un capro espiatorio si può trovare facilmente:

A meno che non si confidi ancora in un compromesso politico. Ci ha provato invano Laura Castelli. Ci credono ancora Stefano Buffagni e Riccardo Fraccaro. Ma un compromesso farebbe saltare la giunta Appendino e forse anche il Movimento. Il pallino è nelle mani di Danilo Toninelli. Il ministro sta raccogliendo molti malumori: lo accusano di aver agito tardi e male.

Toninelli rischia di essere il capro espiatorio. L’11 marzo il cda di Telt dovrà sbloccare i bandi di gara da 2,5 miliardi per il tunnel, pena la perdita di 300 milioni di finanziamenti europei. Se lo facesse (il cda è di nomina governativa),Toninelli rischierebbe nel voto di sfiducia chiesto dal Pd. Con una maggioranza così esigua, difficile che il ministro ne esca indenne.

Certo, Toninelli potrebbe provare a fermarli assumendosi la responsabilità della decisione di bloccare la TAV. Prendendosi però così le responsabilità, anche economiche, di una decisione da kamikaze. Il M5S può liberamente scegliere di che morte vuole morire con la TAV.

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