TAP: nessuna penale e il M5S lo sapeva

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-10-28

Il premier e il vicepremier “scoprono” che cancellare le opere ha un costo. I grillini dovevano saperlo da tre anni. Ma o non se ne sono accorti o hanno fatto finta di nulla per fregare i pugliesi

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Giuseppe Conte dice al popolo NO TAP che c’è una penale per il gasdotto che passerà per Meledugno e il governo non può permettersela. Strano, visto che il governo può permettersi spesa in deficit per far quadrare i conti della Manovra del Popolo. Ma anche Luigi Di Maio ribadisce che c’è una penale per la TAP e sostiene anche che prima loro non lo sapevano, adesso sì.

TAP: nessuna penale e il M5S lo sapeva

Con “loro” si intende il MoVimento 5 Stelle, che quindi prima promette le cose e poi vede se è possibile mantenerle. Ma non è nemmeno così. Per il M5S, nell’ansia di giustificarsi con gli attivisti che ha illuso e che adesso chiedono le dimissioni di ministri ed eletti in Puglia, sta parlando di penali che non esistono. Questo perché non c’è alcun contratto tra lo Stato italiano e il Consorzio TAP e l’opera è privata ma di interesse pubblico e non opera pubblica. Trans Atlantic Pipeline ha firmato contratti con le aziende fornitrici che hanno quasi terminato la costruzione del gasdotto e con gli shippers. TAP però in caso di stop ai lavori potrebbe chiedere danno emergente e lucro cessante perché l’autorizzazione concessa dal ministero dello Sviluppo economico nel maggio del 2015 ha messo in moto effetti economici di durata venticinquennale, che verrebbero meno. I contratti vanno, infatti, dal 2020 — anno in cui Tap si è impegnata a consegnare il primo gas — al 2045.

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Il progetto del TAP (Il Messaggero, 28 ottobre 2018)

Nessuna penale ma il rischio di pagare i danni, che esiste però da quando è stato completato il percorso autorizzativo dell’opera. E il M5S sapeva che il percorso autorizzativo dell’opera si era concluso nel 2015.

TAP, il M5S sapeva delle penali dal 2015

Mentre Di Battista in campagna elettorale parlava di TAP da fermare in 15 giorni, infatti, venivano firmati tre documenti che autorizzavano il TAP. Il primo documento è la Ratifica del trattato Italia-Albania-Grecia pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 gennaio del 2014 e che dà, di fatto, il via libera alla realizzazione dell’opera con l’Italia che si impegna a non ostacolarla. Contro l’approvazione i 5 Stelle votarono effettivamente contro: erano consapevoli, dunque, che rappresentava un punto di non ritorno per la realizzazione del gasdotto. Un secondo punto arriva l’11 settembre del 2014 quando il ministero dell’Ambiente dà il via libera al decreto ambientale che autorizza tutte le opere necessarie per costruire il tubo nella parte italiana. Infine l’ultimo documento cruciale è del 20 maggio del 2015: l’Autorizzazione unica firmata dal Mise. Il trattato internazionale. Il decreto ambientale. L’autorizzazione unica. È dal 2015 che era chiaro che, indietro, era praticamente impossibile tornare.

Da leggere: «Se trovate 20 miliardi per le penali possiamo anche fermare l’opera…»

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Southern Gas Corridor (La Stampa, 19 luglio 2018)

Ecco quindi i conti delle “penali”: l’opera costa 4,5 miliardi e ne è stato realizzato l’80%: occorrerebbe quindi risarcire circa 3,5 miliardi. Il governo
poi stima in 11 miliardi di euro i danni derivanti dalle mancate consegne di gas da parte di Tap agli acquirenti, a cui si aggiungerebbero l’utile a cui Tap dovrebbe rinunciare e i costi che ricadrebbero sui produttori azeri relativi al gas estratto e non venduto. Il conto è in tavola, ma i commensali sono tutti scappati.

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