La strage di Erba e il ridicolo revisionismo televisivo delle Iene

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-01-31

Ovvero come il “reportage” di Antonino Monteleone su Olindo Romano e Rosa Bazzi sia finito per colpevolizzare una delle vittime di quella strage. Il servizio delle Iene infatti fa pesanti insinuazioni sulle presunte responsabilità di Pietro Castagna, che per fortuna ha deciso non rimanere in silenzio mentre le Iene frugano nel suo dolore

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Lunedì sera le Iene hanno mandato in onda un servizio realizzato da Antonino Monteleone e Marco Occhipinti (a cui già dobbiamo i servizi su Stamina) dal titolo «Olindo e Rosa, due innocenti all’ergastolo?». La vicenda è quella della strage di Erba del 2006 dove hanno perso la vita Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Per quegli omicidi sono stati condannati all’ergastolo i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. La vicenda processuale si è chiusa con il pronunciamento della Cassazione che il 3 maggio 2011 ha confermato la sentenza della corte d’Assise d’Appello di Milano.

Antonino Monteleone e quelle insinuazioni su Pietro Castagna

La sentenza, dopo tre gradi di giudizio, è diventata così definitiva. Non per le Iene però, che hanno imbastito una puntata dove sollevano il dubbio che i due coniugi Romano siano stati condannati ingiustamente. Non solo: nel servizio di Monteleone si fanno anche pesanti insinuazioni su Pietro Castagna che nella strage di Erba ha perso la madre, la sorella e il nipotino. Di Castagna il servizio delle Iene dice ad esempio che “ha un alibi vacillante” e che secondo un super testimone sarebbe stato sulla scena della strage proprio al momento in cui si è svolto l’omicidio. Questo “testimone” è uno spacciatore tunisino che dice di aver riconosciuto “al 90%” in Pietro Castagna l’uomo che vide uscire dalla cascina. Le Iene non vanno molto per il sottile e di fatto, con allusioni e dubbi, insinuano che Pietro Castagna abbia avuto un ruolo nella strage.

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Da quei cinquanta minuti di trasmissione emerge sostanzialmente una sola cosa: Olindo e Rosa sono due poveri innocenti, finiti in carcere perché gli inquirenti non hanno prestato ascolto ai testimoni giusti e hanno trascurato molti dettagli e indizi importanti. I coniugi Romano – poverini – con quella strage non c’entrano nulla. Le Iene però non hanno scoperto alcun nuovo elemento che possa portare ad una revisione del processo, hanno semplicemente messo in fila tutta una serie di “fatti” (non prove, meri fatti) già noti all’epoca della strage senza però tenere conto che nel frattempo la giustizia ha esaminato la vicenda giungendo alla conclusione che i due colpevoli sono Olindo Romano e Rosa Bazzi.

La verità alternativa delle Iene sulla strage di Erba

Monteleone ad un certo punto dice «cosa facesse quella sera Pietro Castagna non è mai stato chiarito del tutto» ma aggiunge anche – in nome del più squallido cerchiobottismo – che tutte queste apparenti contraddizioni «non possono consentire a nessuno di puntare l’indice contro quella che fino a prova contraria è una vittima di quella strage». A nessuno tranne alle Iene e a Monteleone stesso, ovviamente, che di prove contrarie si apprestano a fornire un bel po’ per la gioia degli spettatori inebetiti. E poco importa che il processo abbia chiarito oltre ogni ragionevole dubbio cosa stavano facendo quella sera Olindo Romano e Rosa Bazzi: erano impegnati ad uccidere Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli e Valeria Cherubini e a ferire gravemente Mario Frigerio.

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Ma quali sono gli indizi “scoperti” dalle Iene? Sono due: una panda “scomparsa” e regalata alle suore e un’intercettazione in cui Castagna dice di volersi procurare una nuova sim card per il telefono. Sono prove sufficienti per indagare sulla “pista” Castagna? Per gli inquirenti no, per le Iene sì. Monteleone presenta questi elementi come “esclusivi”. Eppure come fa notare Selvaggia Lucarelli su Twitter il “giallo della Panda” scomparsa era stato risolto già nel 2010, nove anni fa. La storia della sim? Per le Iene è per evitare di essere intercettati. Nella realtà dei fatti Castagna sapevano di essere intercettati e quando hanno usato due telefoni aziendali – perché i loro non funzionavano – hanno avvertito i Carabinieri.

L’attacco delle Iene al sistema giudiziario

Le Iene hanno evidentemente scelto di lasciare per un momento da parte la strada del giornalismo pseudoscientifico che grandi soddisfazioni ci ha dato in questi anni per abbracciare il giornalismo “d’inchiesta” che pretende di fare luce sui misteri italiani. E lo fa senza il dovuto distacco e la dovuta delicatezza. In poche parole dopo aver attaccato la Scienza e diffuso le più grandi balle medico-scientifiche ore le Iene puntano al bersaglio grosso, quello che fa audience (pochina per la verità visti i dati): il sistema giudiziario. È la giustizia della ggente, quella dell’uno vale uno, come commenta su Repubblica Pietro Castagna in un’intervista dove dice chiaro e tondo come stanno le cose: «Viviamo in un momento in cui uno vale uno. Questa cosa, diciamo questa ricostruzione televisiva, fa credere a chi l’ha fatta che sia possibile riassumere in due ore un processo durato anni e tre gradi di giudizio, con 26 giudici. E metterlo in discussione». Non è solo cattivo giornalismo, è arroganza.

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L’arroganza di chi crede di essere meglio degli avvocati dei coniugi Romano (chissà perché non hanno assunto i vari esperti e Monteleone nel collegio difensivo). L’arroganza di chi non si accorge che così facendo aizza l’opinione pubblica contro Pietro Castagna, una vittima. E si dimentica che Olindo Romano e Rosa Bazzi hanno confessato l’omicidio anche se poi hanno ritirato la confessione dicendo che i Carabinieri avevano fatto loro “il lavaggio del cervello”. O meglio, si sorvola su questo fatto perché si punta il dito contro le mancanze degli inquirenti, il pressapochismo delle indagini, le contraddizioni nelle versioni di Pietro Castagna e di suo padre (morto lo scorso anno). Poco importa ad esempio che Youssef sia stato ucciso da una persona mancina, proprio come Rosa Bazzi. I giudici hanno esaminato prove, confessioni, indizi e le versioni della difesa (perché non è che i due non avevano avvocati) ed in seguito ad un iter complesso noto con il nome di “processo” per tre volte hanno sentenziato sulla loro colpevolezza. La realtà alternativa delle Iene solleva dubbi dove non ce ne sono. Perché alle Iene non interessa poi molto su chi sia il colpevole o che sia fatta giustizia. Non interessa nemmeno di fare informazione, perché è un programma di intrattenimento. Interessa invece di fare spettacolo, intrattenimento continuo. Uno show sulla pelle di quelle persone che – come i due fratelli Castagna – in quella strage hanno perso gli affetti più cari.

Il senso di Matteo Richetti per il giornalismo

Ma il peggio non sono le Iene, il peggio non sono nemmeno gli insulti della gente a Pietro Castagna, e non è nemmeno il continuo tentativo di diffamare una vittima. Il peggio è un senatore della Repubblica, che in barba ai principi di separazione dei poteri dello Stato (quelli che vi spiegano ad educazione civica alle elementari) che commenta la puntata dicendo che «C’è ancora un giornalismo capace di entrare dentro la cronaca, indagare i fatti, senza creare verità precostituite ma in grado di fare riflettere».

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Quel senatore, che confonde i fatti con le ipotesi fantasiose, le Iene con il giornalismo, e le verità precostituite con quelle scaturite da cinque anni di procedimenti giudiziari è Matteo Richetti del Partito Democratico.

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Ma sia chiaro, Richetti non parla delle Iene in generale ma solo del reportage di Monteleone «che ho trovato senza pregiudizi e piuttosto approfondito». In effetti partire dall’ipotesi che Olindo Romano e Rosa Bazzi siano due perfetti capri espiatori finiti triturati dalla macchina della giustizia come nemmeno il protagonista del Processo di Kafka è davvero un’ipotesi approfondita e senza pregiudizi. Così come lo è chiamare in causa testimoni improbabili od elevare al rango di prove semplici indizi già scartati durante le indagini e tutto l’iter processuale.

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