Salvatore Pizzo: tutta la storia del lavoro nero nella ditta del padre di Di Maio

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-11-26

Il racconto dell’operaio confermato da un sindacalista. Lui faceva campagna per il M5S. Il Giornale e il possibile legame con la storia del fabbricato fantasma

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Salvatore Pizzo, ex lavoratore in nero della ARDIMA, società di Antonio Di Maio, ieri ha raccontato alle Iene di essere stato impiegato tra il 2009 e il 2010 in un cantiere di ristrutturazione della ”Ardima costruzioni”, dal 2012 “Ardima srl”, l’impresa edile che all’epoca dei fatti faceva capo al geometra Antonio Di Maio, papà del capo politico del MoVimento 5 Stelle.

Salvatore Pizzo: tutta la storia del lavoro nero nella ditta del padre di Di Maio

“Guadagnavo 1100, 1200 euro, me li dava cash”, ha raccontato Sasà, padre di tre figli che ha spiegato che il rapporto con Antonio Di Maio si è guastato a causa di un infortunio sul lavoro:  «Un giorno mi feci male a un dito mentre stavo scaricando una carriola – sostiene Pizzo – il geometra Di Maio, durante il viaggio verso l’ospedale Cardarelli di Napoli, mi disse: “Non raccontare che ti sei fatto male sul cantiere, altrimenti ci mettiamo 20 mila euro vicino a sto dito”. Non dovevo dire di essermi fatto male presso la sua azienda perché lavoravo al nero. Altrimenti lui si sarebbe cacciato nei guai», è la versione dell’operaio. Dopo l’incidente, afferma Pizzo, «il geometra Di Maio ogni venerdì mi veniva a prendere e mi portava a fare le medicazioni in una clinica, pagandomi regolarmente». Ma poi, un mese dopo,
l’operaio avrebbe ricevuto il benservito. «Mi ha scaricato, ha detto che non avevo più lavoro». Pizzo a quel punto si rivolse alla Cgil e si accordò con l’impresa, ottenendo 500 euro e un contratto: «Aveva la durata di sei mesi, dopo mi scaricò totalmente», dichiara.

di maio lavoro nero
Antonio Di Maio con la famiglia riunita

Il racconto di Pizzo è stato confermato da Giovanni Passaro, da più di un anno segretario generale della Fillea Cgil per l’area metropolitana di Napoli, che ha parlato oggi con Repubblica:

«Feci il mio lavoro da sindacalista. Gli spiegai che aveva davanti a sé due strade: fare causa all’azienda, oppure raggiungere un accordo con il datore di lavoro attraverso una transazione».

Le aveva raccontato di lavorare al nero?
«Questo non lo ricordo, anche perché è passato molto tempo. Ma di tutto il resto ho memoria precisa: decise il lavoratore di non fare causa. Disse che non voleva fare del male all’azienda e che voleva innanzitutto continuare a lavorare».

È vero che lei telefonò al geometra Antonio Di Maio?
«Sicuramente parlai con lui, perché fu avviata una trattativa, come sempre avviene in casi del genere. Quando si fa una transazione, ciascuna delle parti rinuncia a qualcosa, io naturalmente mi impegnai affinché il lavoratore ottenesse le migliori condizioni».

Come finì?
«Con un atto transattivo in cui all’operaio veniva riconosciuto un bonus, se non vado errato di circa 500 euro, anche se avevo chiesto una cifra più alta. Ma non mi limitai a questo: ottenni dall’azienda la regolarizzazione del lavoratore per il periodo della durata del cantiere».

Pizzo sostiene che, in quel modo, fu «comprato il silenzio» di un operaio che lavorava in nero.
«Capisco la disperazione di chi è rimasto senza lavoro. Non vorrei però che si pescasse nel torbido. Il nero c’era ieri, c’è oggi e ci sarà domani, purtroppo. Ma fu Salvatore a scegliere la strada della transazione. Hanno tutti una copia firmata: impresa, lavoratore e sindacato».

L’azienda nel fabbricato fantasma e le campagne a 5 Stelle di Sasà Pizzo

Intanto Selvaggia Lucarelli del Fatto su Twitter fa notare che Salvatore Pizzo nel maggio scorso aveva aderito alla campagna contro il presidente della Repubblica lanciata all’epoca dell’impeachment minacciato da Di Maio (su consiglio, secondo i giornali, di Pietro Dettori).

salvatore pizzo di maio lavoro nero

 

Della circostanza parla lo stesso Di Maio su Facebook in un messaggio pubblicato dopo il servizio di Filippo Roma: “Sono contento che Salvatore – l’operaio – abbia trovato il coraggio di denunciare pubblicamente dopo 8 anni. Ho letto dei commenti che lo attaccano per averlo detto pubblicamente solo ora, personalmente non credo lo si debba aggredire, inoltre credo che Salvatore Pizzo abbia anche votato il MoVimento alle ultime elezioni, visto che ha aderito alla nostra campagna di maggio #ilmiovotoconta”. Il Giornale invece fa sapere che la storia di Pizzo si incrocia con quella del “fabbricato fantasma” che da qualche giorno sta raccontando con la firma di Pasquale Napolitano:

Il primo dubbio che andrebbe chiarito riguarda le attività svolte nel manufatto fantasma. Potrebbe essere stato utilizzato come deposito per le attrezzatture della ditta edile della famiglia Di Maio? La presenza sui terreni e all’interno del manufatto di mattoni e tavole in legno farebbe ipotizzare un uso di quei vani per l’attività edile. Ma potrebbe essere solo una coincidenza.

salvatore pizzo fabbricato fantasma

Il secondo dubbio è invece questo:

La società,in realtà, è stata costituita nel 2012 mentre nel 2014 passa a DiMaio e la sorella. Il ministro ha sempre chiarito di non essersi mai occupato delle attività della società e di non aver mai versato un euro. Mentre la società è stata sempre attiva. Ma c’è un passaggio da chiarire: se terreni e immobile (fantasma) che si trovano nel Comune di Mariglianella siano stati usati per le attività edilizie.

E soprattutto in quali anni. Prima del 2014, il vicepremier non avrebbe alcun legame societario con Ardima Srl. Dopo il 2014 sì. E c’è il rischio che la società, di cui è azionista al 50%, abbia utilizzato come deposito per le attività edilizie un immobile che non risulta censito negli archivi dell’Agenzia del Territorio. I dubbi aumentano. E anche il silenzio. Restano senza risposte alcune domande: perché quell’immobile non risulta censito? C’è una autorizzazione edilizia?Una pratica di condono in corso?

Leggi sull’argomento: La mamma di Di Maio che gli diceva: “Vai a studiare”

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