W la Quota Azzurra

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2019-04-29

A Roma, qualche giorno fa, ho incontrato il mio Prof. Lo chiamo così, come il mio Prof perché è stato il mio advisor durante il dottorato. Per lavoro ho incontrato tanti altri Prof e ho collaborato con tanti altri, ma lui è stato quello che mi ha insegnato il “mestiere” e sarà sempre lui e …

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A Roma, qualche giorno fa, ho incontrato il mio Prof. Lo chiamo così, come il mio Prof perché è stato il mio advisor durante il dottorato. Per lavoro ho incontrato tanti altri Prof e ho collaborato con tanti altri, ma lui è stato quello che mi ha insegnato il “mestiere” e sarà sempre lui e solo lui il mio Prof. Adesso è più che ottantenne, ma ancora lucidissimo e produttivo. È, giustamente, un accademico dei Lincei. Mi ha dato tantissimo. Non solo mi ha insegnato a fare Matematica, ma mi ha insegnato anche l’onestà intellettuale, l’etica del lavoro (lavorava seriamente dal mattino alla sera e prendeva pochissime ferie), a non limitare la mia cultura alla sola Matematica (è espertissimo di musica, storia e filosofia) e, infine, a saper fare gruppo.

È stata anche un’ occasione per riflettere sull’importanza e sulla responsabilità della figura dell’insegnante. Nel mio caso il Prof è stata quasi l’unica figura maschile che ho avuto durante il mio percorso di studi. Solo il maestro era stato un maschietto. Ho fatto le elementari prima del 68. La professione del maestro-professore era ancora importante. Ero in una classe maschile di una trentina di maschietti ululanti. Il maestro, in casi estremi, ci bacchettava le mani per riportare l’ordine: le teorie di Benjamin Spock (probabilmente per mia fortuna) non erano ancora arrivate, e se ci fossimo lamentati a casa di essere stati bacchettati dal maestro, avremmo ricevuto il resto in ceffoni… Dopo il maestro, le mie figure dominanti d’insegnante sono state solo femminili. Ho dovuto aspettare l’Università per incontrare il mio Prof. Ho riflettuto che anche mia figlia ha vissuto una esperienza analoga: perfino peggiore. Dalle materne fino ad adesso, le figure d’insegnanti di un certo peso che ha avuto sono state solo femminili.

Io credo che questo sia un limite della scuola italiana attuale. I giovani, nel loro percorso di crescita educativa, devono avere figure di riferimento sia maschili che femminili. L’aver reso la scuola dell’obbligo un gineceo ( o una riserva indiana femminile) non è dignitoso per la figura d’insegnante (considerata una professione di serie B e poco remunerativa), per le donne (costrette a ripiegare su posizioni lavorative non appetibili) e, probabilmente, anche per il corpo studentesco. Considerando che sempre più i genitori sono coinvolti in impegni lavorativi sempre più gravosi che li costringono a demandare ad altri i compiti educativi, che la Chiesa ha da tempo abdicato a questo compito e che la figura dell’insegnante è quasi sempre femminile, temo che nell’età formativa adolescenziale, la costruzione del “modello” maschile si basi solo su TV, fumetti, social e dinamiche di branco all’interno della classe/scuola. Non sono un pedagogo, ma, forse, per il bene dei nostri giovani, sarebbe giusto richiedere una quota “azzurra” in ambiti come quello della scuola.

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